Carlo Emilio Gadda e i forestierismi alla radio

Carla Crivello mi ha fatto conoscere alcune indicazioni di Carlo Emilio Gadda dalle Norme per la redazione di un testo radiofonico (1953) che riguardano l’uso dei forestierismi:

“Astenersi da parole o da locuzioni straniere quando se ne possa praticare l’equivalente italiano. Usare la voce straniera soltanto ove essa esprima una idea, una gradazione di concetto, non per anco trasferita in italiano. Per tal norma inferiority-complex, nuance, Blitz-Krieg e chaise-longue dovranno essere sostituiti da complesso d’inferiorità, sfumatura, guerra lampo e sedia a sdraio: mentre self-made man, Stimmung, Weltanschauung, romancero, cul-de-lampe e cocktail party potranno essere tollerati.”

Fa un certo effetto vedere quali fossero i forestierismi tipici di 60 anni fa: la maggior parte non sono più attuali (chi sa cos’è un cul-de-lampe?) o comunque meno rilevanti*, e non prevalgono ancora gli anglicismi.

Sono aspetti diacronici che mi hanno fatto ricordare un’osservazione di Silverio Novelli in Il bel Paese dove il weekend suona: “Degli anglicismi ogni anno immessi a carrettate da molti dizionari dell’uso nel lemmario, a breve molti se ne vedranno scorrere, cadaveri, lungo il fiume: questione di anni”.
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Anglicismi: public editor

Il quotidiano La Stampa ha istituito una nuova rubrica dove si possono segnalare correzioni e fare critiche, proposte e commenti. È curata da Anna Masera che in Cari lettori, da oggi sono la vostra Garante ha spiegato di essere una public editor, una novità per i media italiani.

rubriche del quotidiano La Stampa nella sezione Opinioni

Masera ha ripreso l’argomento in Evitiamo gli anglicismi quando si può per indicare perché è stato preferito il prestito public editor a garante dei lettori: “l’editor, più che garante, è curatore. E nell’era di Internet il pubblico a cui si rivolgono i giornali su tutte le loro piattaforme […] non è più solo lettore: è fruitore, spettatore, commentatore, membro attivo di una comunità di utenti”. Chiarisce inoltre che public editor fa specifico riferimento a una figura del giornalismo americano poi adottata anche da altri ma finora inesistente in Italia. 

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Elenco di anglicismi istituzionali

word cloud di anglicismi istituzionali

Mi ricollego a Inglesorum con un elenco di anglicismi che hanno una caratteristica in comune: sono usati da governo, istituzioni, politici o iniziative collegate.

Alcuni sono anglicismi insostituibili o utili, molti sono superflui. Ci sono anche esempi di calchi, di falsi amici, di pseudoprestiti e di inglese farlocco” (locuzioni in inglese poco idiomatico o addirittura errato ma facilmente comprensibile dagli italiani).

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Hoverboard, un nome riciclato

hoverboard a Miami

[2015] Gli aggeggi a due ruote nella foto sono degli hoverboard. Se ne sta parlando perché le batterie che li alimentano pare tendano a prendere fuoco.

Assomigliano a dei Segway, ma senza manubrio. Si manovrano inclinando il corpo: in avanti per accelerare, indietro per rallentare, di lato per curvare.

Quando li ho visti mi ha colpita soprattutto il nome perché omonimo dell’hoverboard dei film Ritorno al futuro, lo skateboard o “volopattino” di Marty McFly che si libra (hover) e funziona per levitazione.

Il mezzo della foto però non si stacca dal terreno e procede in modo del tutto diverso, per cui il nome hoverboard appare alquanto incongruo*.

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Aggiornamenti su coding

Coding è una delle 500 nuove parole dell’edizione 2016  del Vocabolario Zingarelli:

 coding [vc. inglese propr. ‘codifica’ – 2013] (inform.) programmazione, spec. come materia scolastica – Vocabolario Zingarelli 2016

Non mi pare sia stata ancora accolta negli altri dizionari di italiano ma penso che si adegueranno perché da circa un anno il Ministero dell’Istruzione (MIUR) promuove l’uso dell’anglicismo coding in sostituzione a programmazione.

Non condivido questa scelta terminologica, già discussa qui, ma torno sull’argomento in occasione dell’Ora del Codice, nelle scuole dal 7 al 13 dicembre 2015.

Le incongruenze del MIUR

In questi mesi ho seguito alcune iniziative del MIUR e ho notato incongruenze nella comunicazione: nelle descrizioni di programmi ed eventi e nei social media prevale coding, invece nelle risorse per studenti e insegnanti è privilegiato programmazione.

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Vi smonto il debunking

Ho l’impressione che ultimamente non si riesca a discutere di veridicità delle informazioni senza usare la parola debunking, intesa come l’azione di smontare notizie inattendibili, incongruenti o non scientifiche [ esempi ].

È un anglicismo insostituibile, utile o superfluo? Per rispondere, iniziamo dal verbo inglese debunk che non è un termine tecnico ma una parola del lessico comune:

debunk: 1 expose the falseness or hollowness of (an idea or belief);  2 reduce the inflated reputation of (someone) – Oxford Dictionaries

Ha avuto origine da un romanzo fantasy americano dell’inizio del secolo scorso ed è formato dal prefisso de– con il sostantivo informale* bunk (o bunkum), ora obsoleto, che voleva dire assurdità, fesserie o fandonie (debunk take the bunk out of things”).

Questo grafico ricavato con Google Ngram Viewer  mostra i sostantivi che negli anni sono stati associati più frequentemente a debunking in inglese:

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Anglicismi governativi: federal building

Ieri Matteo Renzi è intervenuto sul futuro dell’area occupata da Expo Milano 2015.

Expo come simbolo di un nuovo Umanesimo: «Non immagino questa come un’area dove trasferire pur prestigiosi immobili» ha precisato. Il progetto presentato con il Demanio è «serio e rigoroso ma non ha il respiro internazionale che Milano merita. Pensiamo che quell’area debba avere un forte valore scientifico e culturale, non solo dei federal building».  – dichiarazioni di Renzi in La Stampa, 10 novembre 2015

Come riportano i principali media, Renzi ha dichiarato che non immagina l’area dell’Expo come luogo “dove trasferire pur prestigiosi immobili” ma pensa invece che “debba avere un forte valore scientifico e culturale, non solo dei federal building”.

I media però non hanno fatto lo sforzo di spiegare cosa si intenda con federal building, una locuzione che per la maggioranza dei lettori credo sia poco familiare. La traduzione letterale palazzo federale crea perplessità perché fa pensare alla sede del parlamento svizzero a Berna, invece si tratta dell’ennesimo riferimento americano:

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La “via italiana” alla Scuola Digitale

Pian Nazionale Scuola DigitaleIeri è stato presentato il Piano Nazionale Scuola Digitale che, come recita il comunicato stampa del MIUR, è la “visione di Educazione nell’era digitale” all’interno di La Buona Scuola.

Ho subito pensato ai falsi amici education ≠ educazione e mi è venuta la curiosità di vedere se nel documento integrale del piano ci fossero altre influenze dell’inglese

L’ho letto solo in parte ma ne ho trovate subito parecchie, assieme ad altri aspetti già evidenziati in La buona scuola, tra anglicismi e sillabazioni: maiuscole e altre convenzioni di scrittura “all’americana”, incongruenze terminologiche, errori, refusi ecc.

Maledizione della conoscenza

Anche in questo documento vengono introdotti molti nuovi concetti, spesso con un nome inglese, ma raramente sono spiegati: è la “maledizione della conoscenza”, la difficoltà di immaginare che gli altri non sappiano ciò che chi scrive invece conosce bene (più sotto trovate degli esempi).

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Anglicismi governativi: stepchild adoption

uomo 1: “VOGLIONO LA STEPCHILD ADOPTION” uomo 2: “CAZZO! E IO NON SO NEANCHE L’INGLESE”
Vignetta di Altan via F.M. Fontana

Nelle dichiarazioni dei politici e nelle notizie sul disegno di legge “Cirinnà” sulle coppie di fatto e sulle unioni civili è ricorrente la locuzione stepchild adoption, l’adozione del figlio biologico del partner nelle coppie dello stesso sesso. È un anglicismo insostituibile, utile o superfluo?

La locuzione stepchild adoption viene presentata dai media come un istituto del diritto anglosassone, quindi si tratterebbe di un termine di un ambito specialistico che rappresenta un concetto specifico. Ho enormi perplessità su questa interpretazione.

Stepchild adoption: lessico comune o specialistico?

Stepchild è una parola del lessico comune inglese che equivale a figliastro, senza però le connotazioni negative della parola italiana. Anche la locuzione stepchild adoption non ha particolari significati specialistici e pare piuttosto un’invenzione della politica italiana.

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Migranti: cos’è un hotspot?

[2016] Sintesi del post per chi arriva qui cercando il significato di hotspot:

Nel contesto specifico dei flussi migratori verso l’Unione europea, in inglese il termine hotspot ha due diverse accezioni. Definizioni da IATE, il database terminologico delle istituzioni dell’Unione europea:

  1. punto di primissimo smistamento allestito in prossimità dei luoghi di sbarco degli Stati di frontiera, in cui gli agenti della locale polizia di frontiera insieme a esperti e tecnici dell’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo, di Frontex ed Europol assicurano una rapida identificazione e registrazione dei migranti in arrivo nonché il prelievo delle impronte digitali con l’obiettivo di distinguere quelli che hanno bisogno di protezione internazionale da quelli che non ne hanno bisogno.
  2. zona alla frontiera esterna dell’UE interessata da pressione migratoria sproporzionata.

Nelle comunicazioni dell’UE in italiano entrambe le accezioni sono rese con la locuzione punto di crisi. Politici e media italiani preferiscono invece l’anglicismo hotspot, spesso usato a sproposito e senza distinguere tra i due diversi significati. 

Si nota infatti una grande confusione terminologica, come evidenziato nella descrizione dell’uso di hotspot nei media nel 2015 che si può leggere nel post originale (qui sotto).

hotspots in Italy and Greece as of 12 January 2016 – European Commission


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Anglicismi governativi: voluntary disclosure

[Settembre 2015] Il Consiglio dei ministri ha approvato alcune misure urgenti per la finanza pubblica. Tra queste c’è una proroga per la voluntary disclosure

voluntary disclosure?Di cosa si tratta? Di una procedura prevista da vari provvedimenti, tra cui il decreto legge 28 gennaio 2014, n. 4 e la legge 15 dicembre 2014, n. 186, descritti come disposizioni in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all’estero.

Negli atti legislativi non si trova alcuna occorrenza dell’anglicismo voluntary disclosure. Ricorre invece il termine collaborazione volontaria, la procedura tramite cui si “indicano spontaneamente all’amministrazione finanziaria tutti gli investimenti e tutte le attività di natura finanziaria costituiti o detenuti all’estero”.

Va comunque considerato che in inglese disclosure fa riferimento a qualsiasi azione di rendere pubbliche informazioni nuove oppure finora non note o segrete (da disclose: rivelare, svelare, divulgare, quindi un significato diverso da collaborare e collaborazione). Inoltre, la locuzione voluntary disclosure non fa riferimento esclusivamente ai capitali all’estero (cfr. ad es. la voce di Wikipedia, sulle informazioni rese note dalle società), quindi in italiano le viene attribuito un significato più specifico di quanto abbia in inglese .

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Si può leggere il focus?

Un post di qualche anno fa, focus ≠ focus, continua ad avere molte visualizzazioni da chi cerca il significato di questa parola latina entrata in italiano attraverso l’inglese (anglolatinismo) e ormai diffusissima nei media. Risulta però poco trasparente e i dizionari di italiano non registrano ancora il significato di “cosa, persona o situazione a cui si presta particolare attenzione”, “centro dell’interesse”, “punto focale”, “enfasi” con cui è stata presa in prestito dall’inglese.

Ho notato che focus ora sta acquisendo anche nuove accezioni inesistenti in inglese, come mostra questo esempio:

Più ore dedicate alla matematica migliorano i risultati? Leggi il focus

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FOIA, una legge dal nome bestiale

Il governo ha riassunto la legge di riforma della della pubblica amministrazione, approvata il 4 agosto 2015, in una presentazione coloratissima che pare rivolta a tutti i cittadini.

Dopo il Jobs Act, è confermata la tendenza “farlocca” a usare nomi inglesi per future leggi italiane. Il nuovo esempio è il Freedom of Information Act:

[slide] Trasparenza obbligatoria – Con il FREEDOM OF INFORMATION ACT (FOIA) l’accesso ai dati e ai documenti della Pubblica Amministrazione, anche non pubblicati, diventa  possibile e per tutti. L’Italia si pone così tra i Paesi più avanzati del mondo.

Domanda retorica: che bisogno c’è di scimmiottare di nuovo gli americani (il Freedom of Information Act è stato promulgato negli Stati Uniti nel 1966) per dare il nome a una legge italiana che riguarderà la PA italiana? Perché non si può descrivere come legge per la libertà sull’informazione o, aggiungo dai commenti qui sotto, legge sull’accesso all’informazione?

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