Il variopinto mondo degli #hashtag

alcuni esempi di hashflag

Gli hashflag dei mondiali

Mi piace la parola hashflag, che in Twitter identifica gli hashtag che fanno apparire una bandierina colorata (flag) nei tweet se si digita #XYZ, dove XYZ è un codice associato a ciascun paese che partecipa ai mondiali di calcio 2014.

Aggiornamento 2016 – Il significato di hashflag si è ampliato: ora può indicare qualsiasi hashtag che genera automaticamente un’emoji (in inglese auto-emoji o automatic emoji).

In All Twitter #Hashflags si può trovare un elenco di hashflag in uso e non più attivi, come #SanRemo2016. Per gli hashflag usati globalmente sono indicate anche le lingue in cui sono o erano disponibili, cfr. #HappyNewYear, che in italiano funzionava con #FeliceAnnoNuovo.

Aggiornamento 2018 – Nell’ultima versione del glossario di Twitter gli hashflag sono stati rinominati Twitter emoji in inglese ed emoji di Twitter in italiano, con questa definizione: un emoji di Twitter è una specifica serie di lettere immediatamente preceduta dal segno # che genera un’icona su Twitter, ad esempio la bandiera di una nazione o un’altra immagine di piccole dimensioni.

È una denominazione insolita perché nell’uso comune un’emoji è una singola immagine che viene inserita scegliendola da una raccolta definita, mentre per Twitter diventa anche un hashtag “decorato” automaticamente. 

La terminologia ufficiale di Twitter è in continua evoluzione e non sempre tiene conto dell’uso comune, come si può osservare anche dalla vecchia descrizione di hashflag pubblicata il 10 giugno 2014 nel blog italiano di Twitter (non più disponibile): Gli hashflags sono un modo facile e divertente per dare colore ai tuoi Tweet. […] È sufficiente mettere un hasthtag davanti alla sigla di tre lettere che identifica un Paese (ad esempio #ITA), e la sua bandiera apparirà automaticamente nel Tweet.”   

Fino a qualche anno fa, infatti, nella documentazione di Twitter il termine hashtag identificava il cancelletto (#) e solo in seguito anche la terminologia ufficiale è stata adeguata all’uso comune: ho descritto l’evoluzione in 10 anni di #hashtag! (2017).


Definizioni per gli hashtag e tendenze d’uso

Due strumenti che trovo interessanti sono #tagdef, un sito che raccoglie definizioni di hashtag in varie lingue (potete verificare, ad esempio, che #t9y equivale a #terminology), e Hashtagify.me, che mostra tendenze d’uso, tra cui hashtag correlati visualizzati in diagrammi dinamici.

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Expo 2015: Foody & friends

Foody

Sono stati annunciati i vincitori del concorso per i nomi della mascotte di Expo 2015 e dei suoi personaggi: sono Foody (l’insieme di frutta e verdura), composto da Josephine (Banana), Rodolfo (Fico), Chicca (Melagrana), Arabella (Arancia), Gury (Cocomero o Anguria), Manghy (Mango), Piera (Pera), Pomina (Mela), Rap Brothers (Rapanelli), Max Mais (Mais Blu) e Guagliò (Aglio).

Le perplessità che avevo espresso in Mascotte Expo 2015 e nomi internazionali sono state confermate, non solo per questioni di genere ma anche perché alcuni nomi, per quanto efficaci e divertenti in italiano, come Guagliò, non rispettano i requisiti dell’internazionalità e della facilità di memorizzazione e di pronuncia previsti dal concorso.

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Effetto Cupertino per Andora?

Nel riportare la notizia del treno deragliato la settimana scorsa in Liguria, ad Andora (SV), alcuni media hanno fatto confusione e hanno spostato l’incidente sui Pirenei, ad Andorra:

Effetto Cupertino - Andorra e Andora

Parrebbe un esempio del cosiddetto effetto Cupertino (Cupertino Effect), la sostituzione automatica di alcune parole fatta dai correttori ortografici. Il nome è stato coniato anni fa da alcuni traduttori della Commissione Europea quando si erano resi conto che la parola inglese cooperation (variante di co-operation) veniva sostituita automaticamente con il nome proprio Cupertino, che allora il correttore riteneva più probabile.

Il problema è stato risolto da tempo ma in alcuni documenti pubblicati dall’Unione europea si trovano ancora occorrenze della sostituzione. Esempi:

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Get your [Jobs] Act together!

Pubblicato il 9 gennaio 2014, con aggiornamento finale sul nome ufficiale della riforma del lavoro approvata nel giugno 2015.


Ho già espresso la mia scarsa tolleranza per i forestierismi superflui, soprattutto se usati in contesti istituzionali o pubblici, come la politica. Un anglicismo che imperversa ultimamente, Job(s) Act, è un esempio tipico: l’esatto significato non è del tutto chiaro, neppure per chi conosce bene l’inglese, e non si capisce neanche come vada scritto.

titolo del Corriere della Sera, 8 gennaio 2014  Corriere della Sera
titolo di La Repubblica, 8 gennaio 2014  Repubblica

Vengono usate varie combinazioni di minuscole e maiuscole e job appare sia al singolare che al plurale. Le incongruenze sono palesi, non solo nei media ma anche nel sito di Renzi, dove ho cercato informazioni sul concetto identificato dal neologismo. Non ho però trovato alcuna definizione per Job(s) Act ma solo riferimenti generici come piano [per il lavoro], strumento e documento, che da aperto e politico dovrebbe trasformarsi in tecnico.

Provo allora a fare qualche considerazione in base alle mie conoscenze dell’inglese.

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Parole imbarazzanti per Android

“Dizionari” per completamento, correzioni e testo predittivo

Il mese scorso ho descritto alcune incongruenze terminologiche relative alle funzionalità che facilitano l’immissione di testo nei dispositivi mobili, ad es. c’è chi chiama testo predittivo due concetti diversi:
[1] modalità di scrittura come T9, Swype o simili
[2] il completamento automatico delle parole e/o i suggerimenti che appaiono durante la digitazione di una parola.
C’è anche chi confonde [2] con
[3] la correzione automatica, che invece si attiva dopo aver digitato un’intera parola, ad es. quando si inserisce uno spazio o un segno di punteggiatura. 

Ciascuna di queste funzionalità fa uso di specifici algoritmi che ricavano informazioni da elenchi di parole, chiamati dizionari (dictionary), a cui sono associati metadati e informazioni d’uso e di frequenza. Android – CENSORED

Parole proibite

In questi giorni sono stati dedicati alcuni articoli sull’argomento perché all’interno del dizionario inglese (circa 165000 voci) di Kitkat, l’ultima versione del sistema operativo Android, è stato “scoperto” un elenco di 1400 parole proibite, tra cui sex, coitus, lovemaking, Tampax, uterus, le famigerate sette parole vietate alla TV americana, e addirittura geek.  

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Il misterioso Programma di controllo Big Data

Leggo qui che Glenn Greenwald, il giornalista che in The Guardian seguiva lo scandalo noto solo in Italia come Datagate, ha criticato duramente un editoriale di Gianni Riotta, Trasparenza contro il Far West.

Ho letto l’articolo di Riotta e a proposito di trasparenza “linguistica”, mi chiedo che interpretazione diano i lettori con scarse conoscenze di inglese della frase iniziale, Fa benissimo la Francia a lamentarsi del programma di controllo Big Data, regia della National Security Agency americana, e due frasi nel resto dell’articolo, Tutti i paesi conducono analisi Big Data del traffico di informazioni, online e offline e I Big Data sono arma letale a doppio taglio.

Big Data o big data?

L’uso delle maiuscole suggerisce che Big Data sia un nome proprio e che nella prima occorrenza faccia riferimento a un programma specifico che chi legge dovrebbe conoscere, ma al momento le uniche occorrenze di programma di controllo Big Data riconducono all’articolo di Riotta e in inglese non si ottiene nessun risultato né per “big data control program” né per “big data control programme”.

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Weekend, whisky, windsurf e Windsor

stemma della famiglia reale britannica: i Windsor o gli Windsor? Frase da un articolo sulla famiglia reale britannica:

Il principe ha potere di veto solo sulle leggi che riguardano direttamente gli interessi della sua famiglia, cioè gli Windsor.

L’articolo gli davanti a Windsor non mi suonava corretto, ma riflettendo sulla pronuncia della parola non ero più del tutto convinta neanche da i, così ho cercato spiegazioni e ho scoperto un esempio di ortografia che può influenzare la grammatica.

Tutte le parole che iniziano per w  sono di origine straniera. La lettera w può avere due pronunce: 1) la consonante [v] come in water (e vaso) e 2) la semiconsonante [w] come in web (e uomo). Che articolo si usa nel caso 2)? Lo spiega il linguista Luca Serianni: 

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