Pensieri in scatola

Questa vignetta fa riflettere su due parole inglesi, box e tank, che illustrano il concetto di anisomorfismo, l’impossibilità di far corrispondere tutti i significati di una parola in una data lingua a tutti i significati di una parola in un’altra.

Vignetta intitolata THINK TANK con due scatoloni aperti, uno con una freccia verso l’interno e la didascalia “where you don’t want to think” l’altro con la freccia verso l’esterno e “where you want to think” e sotto un water con “where you actually think”
vignetta: Wrong Hands

Box in inglese non vuol dire solo scatola ma ha molti altri significati, tra cui scatolone, cassetta, casella e riquadro.

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Un typo diabolico

vignetta di un diavolo con la barba bianca e nee sullo sfondo. Didascalia: SATAN the other man in red [Satana] vignetta di Scott Garrett

Nel periodo natalizio in inglese circolano varie spiritosaggini che trasformano Babbo Natale nel demonio sfruttando l’antigramma Santa Satan.

Un antigramma è un particolare tipo di anagramma che forma una parola di significato completamente opposto a quello della parola di partenza (antonimo); in inglese si chiama antigram e gli esempi ricorrenti sono Santa Satan e uniteduntied (unito vs slegato).

Per fare funzionare Santa Satan come meccanismo umoristico spesso la trasposizione delle lettere diventa involontaria e viene descritta come errore di ortografia (spelling mistake) o come refuso (typo), anche se in realtà sono errori poco probabili.

In questa vignetta il dettaglio divertente è l’uso del rafforzativo one hell of a che ci ricorda che in inglese ci sono molte espressioni che fanno riferimento all’inferno:

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Storie di O (pubblicità!)

Pubblicità di biscotti vista su un tabellone scorrevole in metropolitana a Milano:

IL MATTINO HA LORO IN BOCCA – pubblicità dei biscotti Gentilini

Il gioco di parole è simpatico ma non mi convince. E mi ha fatto riflettere su due diversi aspetti linguistici.

Vocali e coppie minime

In italiano abbiamo due vocali anteriori arrotondate rese con lo stesso segno grafico o. Sono la vocale semichiusa [o] di motore e la vocale semiaperta [ɔ] di moto (cfr. le vocali corrispondenti non arrotondate [e] ed [ɛ]). In pratica, per la maggior parte dei parlanti italiani non fanno molta differenza per la comunicazione, a parte poche eccezioni.

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Gazebo: forse guarderò, laverò…

gazebo

La parola gazebo ci arriva dall’inglese e non ha un etimologia del tutto certa. Probabilmente è di origine orientale ma è molto più divertente l’ipotesi alternativa del gioco di parole multilingue.

Potrebbe essere stata formata con intento ludico dal verbo inglese gaze (guardare fisso, con ammirazione o stupore) a cui è stato aggiunto il suffisso latino bo che nei verbi esprime il futuro, cfr. videbo, “vedrò”.

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Inglese farlocco: PAW·CHEW·GO

Manifesto di una mostra a Milano, capitale dell’itanglese:

Testo manifesto: PAW·CHEW·GO Si legge paciugo. LET’S STAIN TOGETHER! Mostra mercato di illustrazione
via @Paoblog

È organizzata da PAW·CHEW·GO, un nome così insolito che è stato specificato che “si legge paciugo”. È un gioco di parole difficile da capire per chi non conosce l’inglese e ancora più fuorviante per chi invece lo parla, a partire dalla pronuncia. Paw infatti non si dice “pa” ma /pɔː/ e la sequenza che ne risulta si avvicina di più a “poociugo” che a paciugo.

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La fashion blogger al top (of the pops!)

Mi ha molto divertita l’imitazione della fashion blogger e influencer Chiara Ferragni, fatta da Paola Minaccioni a Il ruggito del coniglio. È una presa in giro esilarante del tipico itanglese che ci si aspetta di sentire a Milano. Potete ascoltarla qui (da 23:50 a 27:50) o scaricare il podcast.

Il ruggito del coniglio Radio 2

Tra le tante frasi c’è anche “mi sono impegnata molto nella mia real life e ho cercato di raggiungere il top of the pop(s)”.

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Raspberry Pi, il modello Zero è “latte”

Raspberry Pi logo

Raspberry Pi è un microcomputer sviluppato nel Regno Unito come strumento economico per l’insegnamento della programmazione nelle scuole ma molto usato anche altrove.

Il nome Raspberry Pi è un esempio della tendenza “techfruit” di denominare software e hardware con nomi della frutta, in voga qualche anno fa e descritta in Apple, Blackberry & Orange. Pi fa invece riferimento al linguaggio di programmazione Python e si pronuncia “pai” come il pi greco in inglese (ma anche pie, la torta).

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Oh deer…

cervo con guantoni a forma di zampe d’orso, rivolto a un orso: “I’LL FIGHT YOU WITH MY BARE HANDS” Risposta dell’orso con occhi alzati al cielo: “OH DEER”

Questa vignetta di cui ignoro l’autore mi ha divertita perché ho un debole per i giochi di parole con omofonia, qui bear – bare e deerdear.

Oh dear! è un’espressione che esprime stupore, sbigottimento, irritazione ecc. in reazione a qualcosa di spiacevole o di negativo, spesso imprevisto (cfr. poveri noi!, ah, povero me!).

La parola deer evidenzia un’asimmetria tra inglese e italiano (anisomorfismo): nel lessico comune inglese deer può indicare genericamente più animali dei cervidi che invece in italiano distinguiamo con nomi diversi: cervo, cerbiatto (Bambi nel cartone animato Disney è un white-tailed deer), capriolo (roe deer o roe, se maschio roebuck), daino (fallow deer), renna (reindeer)… Un’ulteriore differenza è che per alcuni di questi animali in inglese si possono usare nomi diversi in base al sesso: stag se maschio e doe se femmina.

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Indaco nell’arcobaleno? Colpa dell’inglese!

TECHNICALLY, CARROT JUICE IS “ORANGE JUICE”

L’ambiguità di orange juice nella vignetta di Moderately Confused mi ha ricordato un dettaglio da un articolo sui colori che ho letto di recente: prima che in Europa arrivassero le arance dall’Asia, in inglese (e in altre lingue europee) non c’era un nome per il colore arancio (o arancione), che veniva identificato facendo riferimento al rosso e al giallo.

Ne parla Do You See What I See?, un’analisi di diversi punti di vista e nuovi contributi al dibattito su relatività linguistica e percezione dei colori. È noto che culture e lingue diverse identificano e descrivono i colori in modo diverso e tra queste ce ne sono alcune che non hanno il concetto astratto di colore e/o cromonimi (nomi per i colori) ma usano similitudini, ad es. “come il sangue” per il rosso. 

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Giochi di parole al Fuorisalone 2017

In questi giorni a Milano c’è la Design Week e quasi ovunque ci sono eventi, esposizioni e installazioni per il Fuorisalone. Peccato avere avuto poco tempo per curiosare in giro perché ci sono molti dettagli che attirano l’attenzione.

FUORISALMONE
logo
Fuorisalmone

La comunicazione è quasi esclusivamente in inglese ed è per questo che ho notato le borse di tela con scritte in italiano di Mani in pasta, un’idea non nuova per chi conosce le pubblicità del supermercato Esselunga ma che fa sorridere grazie a giochi di parole alimentari:

SENSO DI POLPA –  ANDIAMO A MORE – TETTE BISCOTTATE – RICOTTATI DI ME – CHE FRIGO!

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Tautogrammi “cinematografici”

Il tautogramma è una frase formata con parole che iniziano tutte per la stessa lettera e composta soprattutto con intento ludico. Un esempio molto noto è una riscrittura di Pinocchio di Umberto Eco che inizia con Povero Papà (Peppe). Palesemente provato penuria, prende prestito polveroso pezzo pino poi, perfettamente preparatolo, pressatolo, pialla pialla, progetta, prefabbricane pagliaccetto. […]

(more) alliterative film synopses
vignetta di Wrong Hands

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Bestiario immaginario

Bestiario immaginario di Roger McGough tradotto da Franco NasiUn regalo che ho gradito molto: Bestiario immaginario di Roger McGough, tradotto da Franco Nasi con testo originale inglese a fronte.

Sono poesie su animali immaginari frutto di “giochi di prestigio verbali” che spesso hanno portato a un rifacimento* con animali diversi e nuovi disegni di McGough per la versione italiana.

Sono traduzioni aperte che Nasi racconta in alcune note introduttive e osservazioni finali sugli animali: lasciano spazio a versioni alternative e il lettore è invitato a usare il suo orecchio e la sua fantasia per continuare il gioco.

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TRAPPIST, acronimo inverso

TRAPPIST-1 System

Le notizie sui 7 esopianeti (pianeti extrasolari) che orbitano intorno alla nana rossa ultrafredda TRAPPIST-1 spiegano che la stella deve il suo nome al telescopio TRAPPIST, acronimo ricavato dal nome esteso Transiting Planets and Planetesimals Small Telescope–South, un “piccolo telescopio per pianeti e planetesimi in transito” operato da un team belga dell’università di Liegi.

Transiting Planets and Planetesimals Small Telescope–South

Credo però sia più preciso descrivere TRAPPIST come backronym, acronimo inverso”.

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