Trump in Colorado: ineleggibile o incandidabile?

Per la serie falsi amici in notizie dagli Stati Uniti: 

Foto di Trump con testo in inglese “Colorado Supreme Court says Trump is ineligible to run again. It ruled that Trump engaged in an insurrection by stoking the Capitol riot on Jan. 6, 2021” e tre titoli italiani: 1 Trump ineleggibile alla Casa Bianca: la sentenza della Corte suprema del Colorado; 2 Donald Trump Ineleggibile in Colorado per le Elezioni Presidenziali 2024; 3 La Corte suprema del Colorado dichiara Trump ineleggibile

La Corte suprema del Colorado ha deliberato che Trump non potrà partecipare alle primarie del partito repubblicano in Colorado e per questo Trump è stato descritto come ineligible nei media di lingua inglese.

In inglese la parola ineligible non riguarda procedure elettorali ma significa non avere i requisiti necessari per fare o avere qualcosa, in vari ambiti. In questo specifico contesto ha il senso di incandidabile, che in italiano ha un significato diverso da ineleggibile: giuridicamente, incandidabilità e ineleggibilità sono due concetti diversi.

Ineleggibilità ≠ incandidabilità

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Elseweb, l’altrove digitale

immagine con cartelli a un incrocio che puntano in direzioni diverse, ciascuno con il nome di un social: Instagram, Threads, Bluesky e X

Ultimamente c’è parecchio movimento nei social di microblogging: continua l’abbandono del sempre più mefitico X (ex Twitter), da qualche giorno Threads è disponibile anche nell’Unione europea e ci sono varie altre opzioni che ricordano Twitter, come ad esempio Mastodon e Bluesky.

C’è chi ha aperto nuovi profili su diverse piattaforme e, in attesa di capire quale privilegiare, interagisce in qua e in là. Questa fase di spostamenti e assestamenti forse spiega perché in inglese ora mi pare di vedere usare con maggiore frequenza una parola informale che mi piace molto: elseweb, “da qualche altra parte nel web”, modellata su elsewhere, “altrove” e usata per indicare genericamente, senza specificarlo, un qualche altro luogo digitale (di solito un altro social, ma anche un sito).

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Le improbabili “51 locazioni possibili”

Concludo la settimana con un altro esempio degli effetti del terrore delle ripetizioni nei media italiani:

Titolo: “Deposito per le scorie nucleari, pubblicato l’elenco: ecco i siti idonei in 6 regioni”. Testo: “Il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha pubblicato sul proprio sito l’elenco delle aree idonee per il deposito nazionale delle scorie nucleari, contenuto nella Carta Nazionale delle Aree Idonee (Cnai)”

Chi ha scritto questo testo immagino abbia ritenuto disdicevole ripetere area o sito e alla ricerca di sinonimi abbia pensato a location. Probabilmente avrà ritenuto che l’anglicismo fosse inadatto al contesto scorie nucleari, da cui la forma “italianizzata” locazione. Così però si dimostra scarsa padronanza del lessico italiano e viene confermato che la ricerca ossessiva di sinonimi spesso va a discapito di coerenza e correttezza dei contenuti.

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Nessun “fan a quattro zampe” per von der Leyen!

Momenti di ilarità al Parlamento europeo quando si è sentito abbaiare un cane alla fine di un intervento di Ursula von der Leyen:

 

È un siparietto divertente anche se irrilevante, ma lo cito perché è rappresentativo della noncuranza con cui vengono riportate notizie e notiziole in molti media italiani.

L’esempio che ho scelto riguarda la reazione della presidente del Parlamento Roberta Metsola, “Dear colleagues, we must have a support animal in the house”. Ecco come sono state tradotte in italiano le sue parole nel titolo e nel corpo di uno stesso articolo: 

Dopo von der Leyen interviene un cane, l’imbarazzo di Metsola e Sanchez al Parlamento Ue: «Colleghi, c’è un fan a quattro zampe»

[…] «Colleghi, dobbiamo avere un animale supporter in quest’Aula»

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Da pet a disco di pasta, parole anti-terrore!

Titolo: Taylor Swift e quella moda del “gatto sulle spalle” lanciata sulla copertina di TIME. Col suo Benjamin Button la pop star americana sta spopolando tra gli amanti dei felini. Il gioco è quello del selfie col proprio pet adagiato come una sciarpa con risultati, spesso, esilaranti

L’intesa tra Taylor e Benjamin è nata quattro anni fa: «Mi hanno dato in mano questo micio e mi sono innamorata subito»

Gatto, felino, pet e micio per lo stesso referente sono esempi del terrore delle ripetizioni che tormenta giornalisti e titolisti italiani e li spinge a ricorrere ad alternative che sarebbero poco probabili in interazioni reali: davvero c’è chi userebbe l’anglicismo pet per descrivere una foto con il proprio gatto?

In Variazione e ripetizione (con partita Iva e tweet) ho già discusso le conseguenze negative della ricerca ossessiva di sinonimi. Nelle notizie a contenuto tecnico e specialistico possono interferire con la precisione e correttezza delle informazioni che spesso ne risultano distorte, come negli esempi di vaccino ≠ siero ≠ antidoto e immunizzato ≠ vaccinato.

[Per] non dire gatto…

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Falsi amici gregali: egregious e gregarious

tweet di Zanichelli con foto di gregge di pecore e una da sola in primo piano con occhiali da vista, titolo “egregio” ed etimologia “voce dotta, dal latino egrĕgiu(m), propriamente ‘che è fuori dal (ex-) gregge (grĕx, genitivo grĕgis)’”. Commento: “Chi esce dall’ordinario ed è singolare o eccellente si distingue dalla moltitudine, ed è perciò egregio”

Egregio egregious

Prendo spunto dall’etimologia dell’aggettivo egregio – “che è fuori dal (ex) gregge (grĕx, grĕgis)” – e dal suo significato – chi esce dall’ordinario ed è singolare o eccellente, si distingue dalla moltitudine per i pregi o le virtù – per ricordare un falso amico inglese forse poco noto.

Anche in inglese egregious descrive qualcuno o più spesso qualcosa che si distingue, ma in senso negativo, nel male: abominevole, orrendo, che ha passato ogni limite. Esempi d’uso, in contesti di registro formale: egregious behaviour, egregious error, egregious acts of violence, egregious display of brutality.

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Spunti linguistici: destinescion, brend reputescion

fotogramma del video della ministra Santanchè e fumetto con scritta “MA SIETE MATTI? MA VOI SAPETE QUANTO TEMPO CI VUOLE A COSTRUIRE UNA DESTINATION, UNA BRAND REPUTATION?”

La notizia del cambiamento di nome da Cervinia in Le Breuil ha fatto molto discutere. È intervenuta anche la Ministra del Turismo con un messaggio video, registrato in un’auto in corsa, che sui social ha suscitato parecchie ironie per la frase “ma voi sapete quanto tempo ci vuole a costruire una destination, una brand reputation?

I due anglicismi, percepiti come superflui in sostituzione di destinazione e reputazione [del marchio], hanno causato battute sulla proposta di legge che vorrebbe multarne l’uso e parecchi giochi di parole ispirati dalle pronunce affettate “destinèscion” e  “reputèscion”. Esempio:

tweet di Luca Bottura: “Che poi la reputescion te la sputtanescion anche facendo video in cui non indossi le cinture di assicurescion”

Prendo spunto dalle parole con terminazione –escion perché illustrano alcuni meccanismi linguistici qui usati a scopo ludico ma che sono rappresentativi anche di alcune delle opzioni di innovazione lessicale di cui disponiamo in italiano.

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I corsi della fantomatica Lega dell’Edera

Non si finisce mai di stupirsi del livello di sciatteria che traspare da alcune notizie tradotte dall’inglese:

Tweet e incipit di articolo di ANSA con foto della cantante Taylor Swift e testo “La Lega dell’Edera apre a Taylor Swift: in un ulteriore segnale della sua sterminata popolarità la Harvard University ha inserito nei suoi piani di studio un corso dedicato al fenomeno da lei generato”

La spiegazione a cui si pensa immediatamente è traduzione automatica senza revisione umana, perché si presume che chi lavora in ambito giornalistico conosca l’esistenza della locuzione Ivy League, il nome proprio con cui sono note otto delle più prestigiose università statunitensi.

La traduzione letterale in Lega dell’Edera però è un errore che non ci si aspetta dai sistemi di traduzione automatica attuali, proprio perché Ivy League non è un nome insolito e quindi è improbabile che non venga gestito correttamente. Se ne ha la prova se si fa qualche verifica nei sistemi gratuiti più noti: il nome Ivy League non viene tradotto letteralmente ma viene mantenuto in inglese, anche se scritto con iniziali minuscole. Esempio:

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Cos’è una “parola dell’anno” e come viene scelta

immagine che illustra le parole dell’anno di dizionari di lingua inglese

Ogni anno in questo periodo vari dizionari, associazioni o istituzioni del mondo anglofono annunciano una word of the year, conosciuta informalmente con l’acronimo WOTY.

Associamo la tradizione delle parole dell’anno all’inglese ma in realtà ha origine in Germania negli anni ’70 del secolo scorso e poi è stata ripresa in vari altri paesi. In Italia c’è stato qualche tentativo poco riuscito per l’italiano e di solito i media si limitano a rilanciare le parole inglesi, con vari fraintendimenti che tradiscono scarse conoscenze linguistiche.  

Word of the year, non solo parole!

Innanzitutto va chiarito cosa si intende con “parola” (word), che in questo contesto è un concetto piuttosto ampio. In inglese word of the year può essere un sostantivo, un verbo, un aggettivo, un pronome (they nel 2019), un suffisso, un acronimo, un hashtag, un’espressione, un modo di dire, un gioco di parole, una frase (my pronouns are… nel 2019), un eufemismo, o anche un’emoji (😂 nel 2015). 

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One Trillion Dollars NON è un trilione di $!

In questi giorni è uscita una nuova serie TV, One Trillion Dollars, titolo inglese per la versione doppiata in italiano di una produzione tedesca.

locandina della serie in tedesco, “Eine Billion Dollar” e in italiano, “One Trillion Dollars” e descrizione errata “incredibile somma di un trilione di dollari”

La serie è basata su un romanzo dello scrittore tedesco Andreas Eschbach, Eine Billion Dollar, pubblicato in Italia nel 2005 come Mille miliardi di dollari. È difficile giustificare la scelta incongruente di preferire invece per la serie TV un titolo in inglese, oltretutto frainteso da chi lo sta pubblicizzando.

Vari media descrivono One Trillion Dollars raccontando che la storia è incentrata su un’eredità che nel corso dei secoli “è cresciuta fino all’incredibile somma di un trilione di dollari”, un errore di traduzione che si ritrova anche nella descrizione del trailer ma non nel trailer stesso: nel doppiaggio italiano la somma è quantificata correttamente in mille miliardi di dollari.

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Cosa significa MERAVIGLIA, gli OPEN?

Variazione in tema Open to Meraviglia:

Immagine: “MERAVIGLIA, gli OPEN. Forum Internazionale del Turismo 2023” con immagine della Venere di Botticelli

Non riesco a capire come vada interpretato MERAVIGLIA, gli OPEN, nome ibrido di un forum sul turismo “fortemente voluto dal ministro Daniela Santanchè”. Nelle pagine in tema del Ministero del Turismo non c’è nessuna spiegazione ma un unico accenno di usare l’hashtag #gliopendelturismo per commentare sui social.

In italiano l’anglicismo open è usato come sostantivo in ambito sportivo, di solito tennis o golf, per indicare una gara o torneo open, “aperto” sia ai professionisti che ai dilettanti. Non vedo però come si possa collegare questa accezione a un evento istituzionale sul turismo, e poi perché al plurale?

Trovo insolita anche la sequenza di due sostantivi separati da virgola, di cui il primo senza articolo come se fosse un nome proprio. Se si prova a formare nomi simili – ad esempio Stupore, i meeting o Sorpresa, gli speech – l’anomalia appare ancora più evidente.

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OpenAI: licenziamento con falso amico

Vistoso falso amico in una notizia dal mondo dell’intelligenza artificiale:

Titolo in inglese: “OpenAI fires co-founder and CEO Sam Altman for allegedly lying to company board”. Sottotitolo: “AI firm’s board said Altman was ‘not consistently candid in his communications with the board’ and had lost its confidence”

Titolo: OpenAI (ChatGPT) silura il CEO e cofondatore Sam Altman: non è stato “sempre candido”

Probabilmente chi ha tradotto la notizia non solo non ha padronanza dell’inglese ma non conosce neppure il significato dell’aggettivo italiano candido, altrimenti avrebbe capito che è fuori luogo e incongruo in questo tipo di contesto. Infatti, in riferimento ai comportamenti e agli atteggiamenti di una persona:

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Falsi amici: deportation ≠ deportazione

La Corte Suprema del Regno Unito ha dichiarato illegale il piano del governo di trasportare i richiedenti asilo in Ruanda.

titolo in inglese del 15 novembre 2023: “UK’s Rwanda deportation policy ruled unlawful by Supreme Court”

La notizia è stata ripresa anche dai media italiani, in molti casi senza riconoscere i falsi amici deportation deportazione e dimostrando così conoscenze inadeguate sia linguistiche che storiche.

Foto del primo ministro britannico Rishi Sunak e titoli in italiano: 1 Inghilterra, bocciato il Piano Ruanda sulla deportazione degli immigrati; 2 Regno Unito, la Corte Suprema boccia il programma di deportazione degli immigrati.

È un errore ricorrente che ho già descritto in Trump e la “deportazione” dei clandestini [2016]. Aggiungo ora altre osservazioni per l’inglese britannico.

Deportation in inglese nel lessico dei media

La parola inglese deportation ha più accezioni ma nel contesto immigrazione indica l’espulsione di un cittadino straniero da un paese e il ritorno forzato al paese di origine.

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“Ora ti kisso” (ma era più di un secolo fa!)

Il verbo kissare in una lettera del 1917 di Velia Titta Matteotti al marito Giacomo:

tweet di Chiara Alessi con immagine: Nel 1917 Velia Matteotti chiudeva una lettera al marito Giacomo scrivendogli “ora ti kisso”. Questa la appoggio qui per chi pensa che gli archivi siano una roba noiosa e impolverata (ma anche per chi abbia bisogno di perdonare, a sé o a altri, l’invio di un messaggino di troppo)
Da Lettere a Giacomo via Chiara Alessi

In un’altra lettera a Matteotti appare un altro verbo ibrido, forghettare: “mi ha detto anche un cumulo di cose, ma io ho forghettato tutto”.

Immagino che queste alternative “itanglesi” a baciare e dimenticare siano esempi specifici dell’idioletto della coppia, quindi un uso estremamente ristretto. Sono però significativi perché mostrano che anche più di un secolo fa si usavano meccanismi linguistici comunemente associati al lessico contemporaneo – come i verbi recenti performare, brieffare, forwardare, linkare e flexare – e che per molti sono la riprovevole dimostrazione della corruzione senza precedenti che starebbe subendo l’italiano del XXI secolo per colpa dell’inglese.

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Si chiama King’s Speech ma non è del re

Alcuni titoli del 7 novembre 2023 che dimostrano superficialità e mancanza di familiarità con le istituzioni britanniche:

TItoli: 1 Re Carlo a Westminster, il primo discorso da Re in Parlamento: 2 Regno Unito, oggi il primo discorso di Re Carlo III in Parlamento; 3 Re Carlo III, oggi il suo primo discorso da sovrano in Parlamento, dedicato alla madre. La solenne inaugurazione del Parlamento britannico offre a re Carlo III l’occasione per pronunciare il suo primo, storico discorso da sovrano a Westminster. Con un omaggio alla regina Elisabetta

Il riferimento è a King’s Speech, il testo con i punti essenziali del programma di governo che viene letto dal Re durante la State Opening of Parliament, la cerimonia per l’apertura formale di una nuova legislatura. Nonostante il nome, non è un discorso scritto dal sovrano (o dai suoi collaboratori) per esplicitare il suo pensiero ai sudditi ma il documento programmatico del governo che delinea le priorità e le linee di intervento per un anno.

In questo titolo del giorno precedente, con anticipazioni sul contenuto, è del tutto esplicito che si tratta del programma dell’attuale primo ministro, Rishi Sunak:

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