La risemantizzazione di twitter

testo del sommario (dimissioni sindaco Marino): “Sono tanti ad invitare il primo cittadino a resistere che si scontrano con i twitter che chiedono l’addio definitivo”

Il sommario di questa notizia ha attirato la mia attenzione per due motivi: la struttura della frase e i twitter, che inizialmente ho interpretato come “chi usa Twitter”, per me un’accezione del tutto nuova. Poi però ho concluso che chi ha titolato intendeva invece i messaggi (tweet) e che la confusione era dovuta alla sintassi molto approssimativa.

L’ho capito perché ho già notato parecchie occorrenze di twitter (numerabile, iniziale minuscola) usato come sinonimo di tweet, un uso non convenzionale che si riscontra anche nei media. Esempi:

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Anglicismi governativi: voluntary disclosure

[Settembre 2015] Il Consiglio dei ministri ha approvato alcune misure urgenti per la finanza pubblica. Tra queste c’è una proroga per la voluntary disclosure

voluntary disclosure?Di cosa si tratta? Di una procedura prevista da vari provvedimenti, tra cui il decreto legge 28 gennaio 2014, n. 4 e la legge 15 dicembre 2014, n. 186, descritti come disposizioni in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all’estero.

Negli atti legislativi non si trova alcuna occorrenza dell’anglicismo voluntary disclosure. Ricorre invece il termine collaborazione volontaria, la procedura tramite cui si “indicano spontaneamente all’amministrazione finanziaria tutti gli investimenti e tutte le attività di natura finanziaria costituiti o detenuti all’estero”.

Va comunque considerato che in inglese disclosure fa riferimento a qualsiasi azione di rendere pubbliche informazioni nuove oppure finora non note o segrete (da disclose: rivelare, svelare, divulgare, quindi un significato diverso da collaborare e collaborazione). Inoltre, la locuzione voluntary disclosure non fa riferimento esclusivamente ai capitali all’estero (cfr. ad es. la voce di Wikipedia, sulle informazioni rese note dalle società), quindi in italiano le viene attribuito un significato più specifico di quanto abbia in inglese .

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Neologismi: share bait e autofail

Share bait

Share bait è un post, tweet o altro contenuto pubblicato sui social media con immagini o video scelti appositamente per indurre chi lo vede a condividerlo. Ho aggiunto share bait a Esche digitali: click bait.

Autofail

autofailNei dispositivi mobili autofail è la correzione automatica (autocorrect) o il completamento automatico (autocomplete) con parole indesiderate, in particolare quando ne risultano sostituzioni imbarazzanti o assurde. È un fenomeno già noto come effetto Cupertino, espressione nata in riferimento ai correttori ortografici per PC.

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Pecha kucha e altri nipponismi

Dilbert - PowerPoint poisoning (avvelenamento da PowerPoint)
Sriscia: Dilbert

Come antidoto alle presentazioni lunghe e noiose (“death by PowerPoint”), qualche anno fa è nato il Pecha Kuchaun tipo di presentazione in cui l’oratore presenta 20 slide, ciascuna della durata di 20 secondi (avanzamento automatico), per un totale di 6 minuti e 40 secondi. Il nome Pecha Kucha è una parola colloquiale giapponese onomatopeica che vuol dire “chiacchiere, parlare del più e del meno” (cfr. l’inglese chit-chat).

PechaKucha logoAnche in Italia vengono organizzate le PechaKucha Night, serate per creativi a tema libero. Se si affermeranno, il loro nome sarà un curioso ibrido tra un nipponismo e un anglicismo.

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Qualche dettaglio sul blog

In questi giorni sono a Barcellona per l’EAFT Terminology Summit. Il tema di quest’anno è How does social networking affect terminology work? e oggi farò un breve intervento per descrivere questo blog, uno dei pochi* che si occupano regolarmente di terminologia.

Qualche dettaglio: il blog era nato nel 2008 all’interno del Portale Linguistico Microsoft e dopo un anno circa si è trasferito qui, conservando comunque i vecchi post.

blog statisticsDa marzo 2009 ad oggi ha avuto più di un milione e mezzo di visualizzazioni: un grosso grazie in particolare ai lettori abituali, davvero numerosi.

Il post più visualizzato è del 2011,  “Stay hungry. Stay foolish” in italiano: a ieri circa  86000 visualizzazioni e continua ad accumulare una cinquantina di visite al giorno grazie ai motori di ricerca (non capisco proprio perché tale interesse).

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Partita IVA falsa, metonimia vera

foto con cartello Partite IVAMi pare che nel linguaggio comune, o perlomeno in quello usato dai media generalisti, l’accezione prevalente di partita Iva stia cambiando da “sequenza di numeri che identifica i soggetti che esercitano un’attività rilevante ai fini Iva” a “titolare di partita Iva”, quindi una persona.

È una metonimia che probabilmente si può fare risalire a popolo delle partite Iva, un neologismo nato qualche anno fa. Alcuni esempi delle nove occorrenze di partita Iva con significato figurato visti in un’intervista al ministro del lavoro, Giuliano Poletti: “Contratti più chiari per evitare false partite Iva”:

Ci faccia un esempio concreto sulle false partite Iva.
«Se una persona si autorganizza tempi e modalità del suo lavoro, assume il buon esito di un obiettivo, è una vera partita Iva. Se si tratta di un contratto a tempo, biennale o triennale, se il lavoratore è sottoposto a orari e turni secondo il classico schema della subordinazione, ecco, quello non va bene chiamarlo partita Iva».
 

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Deck

ll significato più comune della parola inglese deck è ponte di una nave e quindi piano o livello in altri mezzi di trasporto (cfr. double-decker, l’autobus a due piani tipico di Londra).

vignetta

Come ho accennato qui, in inglese americano deck indica anche una superficie pavimentata in legno sul retro di una casa.

Deck è anche il mazzo di carte, che invece in inglese britannico si chiama pack (e a proposito di carte da gioco, si possono usare per costruire un castello di carte in italiano e una più modesta house of cards in inglese).

In ambito informatico deck è sinonimo di presentazione. Ne ho parlato qualche anno fa in “Slide deck” e presentazioni di PowerPoint.

Fiocchi di neve in formato testo

Ultimamente parecchi leggono Ancora neve: schema snowflake e caratteri Unicode perché cercano informazioni su come ottenere i caratteri che rappresentano i fiocchi di neve.

Nei documenti di Word è davvero semplice: basta digitare il codice Unicode (2744, 2745 o 2746), quindi premere Alt+X e il codice verrà convertito in simbolo.

snowflakes

Se non si ricorda il codice, si può inserire il carattere dalla tabella dei simboli. È la procedura da seguire anche in PowerPoint: scegliere la scheda Inserisci, il gruppo Testo, quindi Simbolo; selezionare un tipo di carattere che includa i simboli desiderati (ad es. Arial Unicode MS o MS Gothic), in basso a destra nell’elenco da selezionare Unicode (hex), quindi in alto a destra nell’elenco Sottoinsieme selezionare Dingbat. I caratteri per i fiocchi di neve si trovano subito dopo quelli floreali e hanno i codici 2744, 2745 e 2746.

Se il simbolo viene usato spesso, Word consente di associargli una combinazione di tasti di scelta rapida oppure una sequenza di caratteri che verrà convertita automaticamente nel simbolo grazie alla Correzione automatica (opzioni disponibili nella finestra Simbolo).

…oppure si può fare il copia e incolla dei caratteri qui sotto (visualizzati correttamente solo se nel sistema è installato Arial Unicode MS):

Aggiornamento: simboli invernali per Twitter: ❄ ❅ ☃ 

Gergo aziendale inglese

Alcuni degli esempi nel post itanglese sono prestiti che arrivano direttamente dal cosiddetto corporate speak (o corporate doublespeak, in italiano aziendalese), il gergo usato nelle aziende americane, inglesi e multinazionali per rendere più interessanti concetti a volte banali (le buzzword che da un momento all’altro sono sulla bocca di tutti, come ad es. slide deck, playbook, stakeholder), oppure eufemismi per mascherare concetti sgradevoli.

chickenjargon

Per chi è interessato all’argomento, ho raccolto qualche riferimento in inglese.

50 office-speak phrases you love to hate propone esempi dei lettori di BBC News. Anch’io ho una certa avversione per evangelist (esperto che condivide conoscenze su un prodotto, ed è un po’ inquietante che sia anche un ruolo e non solo una descrizione ironica; ritengo che siano proprio le connotazioni religiose che in italiano hanno fatto preferire il prestito evangelist al calco semantico evangelista), granularity (per indicare il livello di dettaglio), going forward (“d’ora in avanti”) e le combinazioni con paradigm (in genere significa “modello” o “esempio”), ad es. paradigm shift (un approccio diverso). 

Thirty words and phrases you need to stop using today dà altri esempi, tra cui ho sempre trovato fastidiosi il verbo leverage (“sfruttare”, “usare a proprio vantaggio”), takeaways (usato al plurale: le informazioni utili che si ricavano da una riunione o presentazione) e competency (in particolare core competencies, l’insieme di conoscenze ed esperienze necessarie per un’attività specifica. Chissà perché viene preferito a competence…).

Councils get banned jargon list fa riferimento a un elenco di 200 parole messe al bando dalle amministrazioni locali britanniche, tipiche del burocratese e spesso prese in prestito dal gergo aziendale, come ad es. taxonomy, holistic, synergies.

Corporate crapspeak cita invece varie espressioni più o meno eufemistiche per descrivere la riduzione del personale: declutter, decruit, euthanise, harden up the synergies, optimisation of the use of internal resources, rank and yank, rightsize.

Plain English Campaign da 30 anni combatte il burocratese ma anche il gergo aziendale come quello che è valso alla Coca Cola uno dei Golden Bull (una specie di “tapiro”) appena assegnati per il 2009. Tipici gli esempi di management speak come be proactive not reactive e think outside the box (pensare fuori dagli schemi, in maniera non convenzionale), ma l’elenco potrebbe essere facilmente arricchito con tutte le altre frasi che tanto piacciono ai middle manager delle multinazionali, ad es. we need to do more with less.

Per sorridere, concludo con la striscia di Dilbert del 1994 che ha popolarizzato l’espressione buzzword bingo, la tombola con esempi di gergo aziendale al posto dei numeri:

Dilbert - buzzword bingo

Esempi di cartelle di buzzword bingo qui e qui e frasi di corporate speak create automaticamente dal Business Buzzwords Generator.

Aggiornamenti

The Telegraph ha pubblicato un elenco delle 20 frasi fatte più fastidiose che si sentono in ufficio. In cima alla classifica At the end of the day, seguito da What goes around, comes around e It’s not rocket science. Si piazza bene anche Give [somebody] the heads up (preavvisare, allertare), frase molto amata dagli americani.

Altri esempi di gergo aziendale in Workplace Lingo e in Office workers being invited to "bite the reality sandwich". Johnson, il blog linguistico di The Economist, contribuisce con The subtleties of corporate English mentre Lawyers should right-size their love of corporate jargon (The Guardian) aggiunge esempi di gergo aziendale usato in ambito legale britannico.

In *pivotale non potrà essere ignorato ho descritto il verbo pivot, usato per indicare un cambiamento drastico che spesso maschera un fallimento.

Sono molto usate anche in italiano espressioni come ecosistema di esperti, ecosistema di soluzioni o ecosistema di idee: usi e abusi di un neologismo semantico in I nuovi ecosistemi.

Ennesima vignetta di Dilbert sull’argomento:

vignetta di Dilbert

Nuovi post:
Perché deadline?
Il junior service designer deve parlare itanglese
Covid Manager, nuova professione itanglese

Mai più presentazioni soporifere ;-)

A quanto pare PowerPoint compie 25 anni. BBC News in The problem with PowerPoint ne approfitta per dare suggerimenti, peraltro già sentiti, su come evitare presentazioni noiose.

Nessun cenno invece a una novità di PowerPoint 2010 che dovrebbe risolvere il problema aggiungendo automaticamente un tocco speciale alle presentazioni. Basterà scegliere tra “Wow Factor”, “Cool Factor  e “Je ne sais quoi Factor  e il pubblico rimarrà finalmente a bocca aperta.

Direttamente da  The PowerPoint Team Blog:

WOW factor in PowerPointOne click brings your choice of factor to your presentation! Choose between Cool and Wow Factors! And in order to, as they say, kick things up a notch, we’ve worked on a special project with MSR and Microsoft France to implement “Insert a certain… Je ne sais quoi”.

Beh… Siamo in piena silly season e questo è uno scherzo di The PowerPoint Team Blog. L’interfaccia qui sopra è infatti del tutto inventata ma l’ho trovata divertente perché mi ha ricordato certe “trovate” simili (e purtroppo reali) in alcuni prodotti americani di una ventina di anni fa, un incubo per chi doveva localizzare. Ora invece, grazie all’internazionalizzazione e in particolare alle analisi di localizzabilità, raramente si deve affrontare terminologia o interfacce di questo genere.

Vedi anche: altri post che parlano di PowerPoint

Ungheresi, cammelli e notazioni…

In Eponimi e informatica avevo accennato al termine inglese Pascal Case, una notazione (convenzione di scrittura) che prevede che le parole che compongono il nome di una variabile siano scritte senza spazi e con l’iniziale maiuscola. Esempio: UserName o in senso più ampio nomi di marchi come PayPal e PowerPoint.

Aggiungo altri due nomi di notazione che hanno un’etimologia curiosa: Hungarian notation e camel case.

Hungarian notation

Si parla di Hungarian notation, in italiano notazione ungherese (anche ungara), quando un prefisso descrittivo con iniziale minuscola precede gli altri elementi con iniziale maiuscola, ad es. frmNewUser.

Il nome fa riferimento sia all’aspetto “straniero” degli identificatori scritti in questo modo che alla nazionalità di Charles Simonyi, un informatico ungherese fondamentale per lo sviluppo di Excel, Word e programmazione orientata a oggetti nei prodotti Microsoft, nonché già due volte turista nello spazio! La storia della notazione è raccontata dal suo creatore in Hungarian Notation

Camel case

camelCamel case, in italiano notazione Camel o CamelCase (camelCase), si chiama così perché il primo elemento ha l’iniziale minuscola mentre all’interno del nome appare la maiuscola, ad es. serverClass, e questo uso ricorda la gobba di un dromedario (in inglese camel è il nome generico sia per il cammello che per il dromedario, indipendentemente dal numero di gobbe). Ritroviamo questo tipo di notazione anche in nomi di marchi come eBay.

Va però notato che ormai il termine camel case viene usato anche quando si intende invece Pascal Case, tanto che c’è chi distingue tra lower camel case (ad es. bakgroundColor) e upper camel case (ad es. BakgroundColor), con riferimento a lowercase (lettera minuscola) e uppercase (lettera maiuscola).

In Animali nella terminologia informatica sottolineavo che i termini inglesi con riferimenti ad animali non vengono quasi mai tradotti in italiano: anche qui si opta per il prestito, Camel.


Vedi anche: Tu Vuo’ Fa’ l’Americano? (il title case, la convenzione di scrittura con le iniziali maiuscole usata nei titoli americani).

Ancora neve: schema snowflake e caratteri Unicode

Post pubblicato il 10 dicembre 2008 in blogs.technet.com/terminologia

Milano di nuovo sotto la neve. Quella di stamattina era proprio triste, fiocchi pesanti e bagnati e grigiore totale…

fiocchi di neveA proposito di fiocchi di neve, in PerformancePoint Server e SQL Server c’è un termine curioso, lo schema snowflake (in inglese snowflake schema). È un tipo di schema star, una struttura di dati dei database relazionali in cui i dati vengono gestiti in una singola tabella dei fatti posizionata al centro dello schema e gli ulteriori dati di dimensione vengono archiviati in tabelle delle dimensioni, come se fossero i raggi di una stella; nel caso specifico dello schema snowflake solo le tabelle primarie delle dimensioni sono unite in join alla tabella dei fatti e le ulteriori tabelle delle dimensioni sono unite in join alle tabelle primarie delle dimensioni: la struttura può ricordare quella di un fiocco di neve.

[Definizioni dal Glossario di PerformancePoint Server]

    
Unicode snowflakes Sempre a proposito di fiocchi di neve, ci sono anche tre caratteri Unicode descritti come snowflake, disponibili solo per alcuni tipi di carattere (nell’esempio, MS Gothic e Arial Unicode MS) e selezionabili dalla Mappa caratteri di Windows.

In italiano la descrizione che appare nella Mappa caratteri al passaggio del puntatore del mouse è generica, come per la maggior parte dei caratteri non standard (ad es. si trova simbolo, simbolo ludico, simbolo geometrico, ecc.). Pensiamo che in questi casi si scelga il simbolo in base all’aspetto o al riferimento Unicode e non alla descrizione che, peraltro, non è sempre significativa: senza guardare il carattere, chi sa dire che differenza c’è tra un fiocco di neve tight trifoliate e uno heavy chevron?!

Aggiornamento dicembre 2010: istruzioni su come ottenere i caratteri Unicode descritti sopra in Fiocchi di neve in formato testo.

Ordinamento alfabetico

Pubblicato il 9 ottobre 2008 in blogs.technet.com/terminologia


Ho appena letto Parole matematiche: ordine, ordinale, ordinata, ordinamento che, come suggerisce il titolo, è una bella panoramica su origine e uso della parola ordine e termini correlati, in particolare in campo matematico.

alfabeto ingleseAggiungo che nell’ambito di software e relativa localizzazione ordinamento (sort order in inglese) di solito fa riferimento al criterio con cui si organizzano i dati in base al loro tipo, ad es. alfabeticamente, numericamente o per data.

Il tipo di ordinamento alfabetico può variare da una lingua all’altra, ad es. nell’ordinamento spagnolo tradizionale CH, LL e Ñ erano considerati caratteri individuali: nei vecchi dizionari i lemmi che iniziavano per ch, ll e ñ erano elencati dopo quelli che iniziavano per cu, lu e nu. Nelle lingue scandinave, invece, i caratteri Ø, Å, Ä e Ö seguono la Z.

Ogni tanto capita di vedere problemi di localizzazione legati all’ordinamento alfabetico. Ne parla parlava la Guida di stile per la localizzazione dei prodotti Microsoft, da cui ho tratto gli esempi che seguono.

Quando si localizza un elenco, ad esempio una serie di nomi di lingue, di paesi o di prodotti, è fondamentale assicurarsi che le voci dell’elenco italiano risultino in ordine alfabetico, cambiando dove necessario la sequenza del testo originale:

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È o non E’?! Scrivere per il Web

Post pubblicato il 10 giugno 2008 in blogs.technet.com/terminologia


Scrivere per il Web. Quando l’azienda comunica su Internet è un ebook piacevole da leggere e con suggerimenti utili anche per chi non si occupa di comunicazione aziendale.

Viene descritto anche l’uso di E’ (voce del verbo essere a inizio di frase), che molti usano al posto di È perché le maiuscole accentate non sono disponibili da tastiera. È invece preferibile la forma accentata e in Microsoft Office (Word, Outlook, PowerPoint) c’è un modo rapido per inserirla senza ricorrere a comandi da menu.

Forse non tutti lo sanno: basta digitare il carattere è, evidenziarlo e poi premere MAIUSC+F3 (se sono selezionale le opzioni di correzione automatica predefinite, la è minuscola a inizio frase viene comunque convertita automaticamente in È).

In alternativa: ALT+0200 sul tastierino numerico (oppure la combinazione di tasti CTRL+` seguita da seguita da MAIUSC+e), che a inizio frase verrà convertita in È.

A proposito, MAIUSC+F3 è il comando che in Office serve a modificare la combinazione di maiuscole e minuscole nel testo selezionato. Ecco cosa succede utilizzandolo più volte in sequenza:

questo è un esempio  (tutto minuscolo)   
   Questo È Un Esempio (iniziali maiuscole, tipico dei titoli americani)  
    QUESTO È UN ESEMPIO  (tutto maiuscolo)  
     questo è un esempio  (tutto minuscolo)
e così via…

Aggiornamento – Nei dispositivi mobili inserire caratteri con accenti o con altri segni diacritici è molto più semplice: basta tenere premuto il tasto della lettera “semplice” corrispondente per visualizzare le alternative da cui scegliere.


Commento di FrancoZ:

Un articolo veramente interessante. Credo che certe cose come È ed E’ le notino solamente i traduttori professionisti! 🙂 In passato ho lavorato per un quotidiano e la convenzione era di usare E’. Penso che questa convenzione fosse dovuta a ragioni tipografiche. Infatti, basta dare un’occhiata alla forma stampata (cioè, non quella elettronica in rete) di varie testate nazionali per rendersi conto che la forma E’ viene usata praticamente in maniera uniforme, soprattutto nei titoli (probabilmente per evitare lo sconfinamento verticale del carattere).  

Avevo aggiunto:

Grazie Franco. Conosco un tipografo della generazione “pre-computer”. Lavorava per alcune importanti riviste italiane ed è interessantissimo sentire cosa racconta, ad esempio nelle pubblicità era il tipografo a decidere tipo di carattere e corpo del testo, non il pubblicitario, proprio perché c’erano molte limitazioni. Credo però che ora l’uso di apostrofi al posto di accenti sia soprattutto una questione di “vecchie abitudini” (o pigrizia) perché ci sono molti modi diversi per ottenerli senza problemi.

Combinazioni di tasti in Office 2007

Post pubblicato il 21 maggio 2008 in blogs.technet.com/terminologia


Giornate frenetiche, ma prima che passi troppo tempo torno sull’articolo Thanks, Microsoft Word… (mio ultimo post) perché mi sembra esagerato affermare che le combinazioni di tasti di Word 2003 non funzionano più in Word 2007. 

Office 2007 conserva la maggior parte delle combinazioni di tasti premuti simultaneamente di Office 2003. I menu delle versioni precedenti, dove il nome del comando era seguito dall’eventuale combinazione di tasti, sono stati sostituiti dalla barra multifunzione ma basta fermare il puntatore del mouse sopra la funzione desiderata per visualizzare la descrizione del comando con la combinazione di tasti, come si può vedere in questo confronto tra interfaccia tradizionale (Publisher 2007) e nuova (Word 2007):Inserisci Collegamento ipertestuale

In Word (ma non in Excel o PowerPoint) si possono poi aggiungere nuove combinazioni e modificare quelle esistenti, molto utile per chi, come me, usa più computer con interfacce in lingue diverse e vuole le stesse impostazioni: basta fare clic sul pulsante Microsoft Office in alto a sinistra, quindi sul pulsante Opzioni di Word, scegliere Personalizzazione, fare clic sul pulsante Personalizza e modificare le combinazioni disponibili o assegnarne di nuove. Le modifiche appariranno subito nella descrizione del comando:

Nuova combinazione 

E se si sostituisce il computer, basta usare Trasferimento dati Windows e si ritroveranno le impostazioni personalizzate di Office: l’ho fatto qualche giorno fa (addio, detestabile Tecra M4!) e confermo che funziona benissimo.

Per quel che riguarda le combinazioni di tasti premuti in sequenza, anche in  questo caso le affermazioni dell’articolo inglese non sono del tutto corrette. ALT F

Se si preme il tasto ALT, accanto a ogni funzionalità appare un "quadratino", un piccolo popup con il carattere da premere per effettuare la scelta da tastiera, ad es. qui a destra un’immagine di Word 2007 quando si digita la sequenza ALT,F, la stessa che in Word 2003 apre il menu File. In questo esempio anche la seconda lettera della sequenza, N in ALT,F,N, attiva lo stesso comando della versione precedente, Nuovo.

Negli altri casi i menu non esistono più ma molte vecchie combinazioni funzionano ancora. In Word 2003, ad esempio, la sequenza ALT,M,C apre il menu Modifica e attiva il comando Copia. In Word 2007 la vecchia combinazione viene riconosciuta e appare un avviso relativo a Office 2003, come si vede qui:

ALT M 
Si può continuare a usare la sequenza "vecchia" oppure quella specifica di Word 2007, che è ALT,H,C (Home, Copia):

ALT H C

Insomma, per chi vuole usare la tastiera c’è solo l’imbarazzo della scelta. E chi ha iniziato con Word per DOS e da 20 anni è stampa premendo CTRL+MAIUSC+F12 può continuare a farlo anche in Word 2007, senza pensarci su ;-). 😏