La barosola (con quiz per non romagnoli)

barosola Tra le parole romagnole che non credo abbiano alcun equivalente in italiano mi piace molto barosola (l’ho suggerita anche per il progetto Sciarà). Descrive l’impronta di cibo che può rimanere attorno alla bocca, soprattutto dei bambini ma anche di adulti poco accorti, che si forma se si mangia con gusto qualcosa, come gelato o marmellata o pietanze con il sugo, imbrodolandosi parte del viso: “Ma guarda che barosola che hai!


Aggiornamento – Etimologia di barȏŝla da Léžar e Scrìvar in Rumagnȏl di Franco Ponseggi: “si può far risalire al latino rosula (piccola rosa), come nel siciliano ròsula, col senso di arrossamento, quindi gelone o rosolia, con il prefisso rafforzativo ba, con il riferimento allo sporco intorno alla bocca tipico dei bambini, che, per essere intorno alla bocca, ha forma rotonda e che, se l’igiene viene trascurata, come poteva succedere un tempo, e/o per il freddo, poteva portare ad arrossamenti. Non si può escludere l’origine dal longobardo rosa (crosta), in particolare attorno alla bocca”.


Barosola è una delle voci di un divertente glossarietto di romagnolismi che ho ricevuto in regalo, Zavagliando*. Guida per chi vuole salvare la lingua romagnola pur non conoscendola e per i finarlini** che credono di parlare puro italiano (Bottega Bertaccini).

Ho ritrovato molti romagnolismi che sentivo spesso quando abitavo da quelle parti e ho pensato di usarne alcuni per un piccolo quiz. Riuscite a indovinare cosa vogliono dire?

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Usare sempre il flussometro!

cartello_bagni_traghetti_MobySenza contesto o conoscenze tecniche specifiche, quanti di noi saprebbero “tradurre” correttamente in italiano standard l’istruzione USARE SEMPRE IL FLUSSOMETRO?

Io interpreterei flussometro come “apparecchio per la misurazione del flusso di un liquido” ma farei un errore: quello che mi viene chiesto, molto più banalmente, è di tirare lo sciacquone dopo aver usufruito del bagno.

È un cartello che ho visto ieri nel bagno di un traghetto MOBY, posizionato sopra al water. Mi ha lasciata perplessa per la terminologia insolita, perlomeno prima di scoprire che in ambiti tecnici specifici si chiamano flussometri dei particolari tipi di rubinetti temporizzati per WC (esempio qui).

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Samsung Galaxy S, R, W, M o Y?

Mi ha sempre incuriosita la scelta dei nomi dei prodotti (o, come dicono nel marketing, il naming) e ho trovato interessante un articolo sulle nuove convenzioni adottate da Nokia e Samsung per denominare i propri modelli di smartphone in previsione di Natale 2011.

Nokia è tornata a un sistema di soli numeri dopo avere adottato combinazioni di lettere e numeri. Ogni nuovo dispositivo avrà un numero di tre cifre compreso tra 100 e 900; maggiore è il numero, maggiori sono le funzionalità e il prezzo.
Aggiornamento settembre 2011 – Nel mercato americano gli smartphone con Windows Phone avranno anche un nome: Si vota per il nome del nuovo Nokia.
Aggiornamento dicembre 2011 – Il nome scelto da Nokia e ora usato globalmente è Lumia (da non confondersi con Lumea, un sistema di epilazione di Philips, ma pronuncia e target sono alquanto diversi).
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Samsung invece differenzierà i propri modelli Galaxy con una lettera. 
Il top della gamma continuerà a essere identificato con la lettera S (Super Smart) e vengono introdotte R (Royal / Refined), W (Wonder), M (Magical) e Y (Young), a loro volta seguite da eventuali abbreviazioni o sigle: Pro (tastiera QWERTY), Plus (modello aggiornato) e LTE (ottimizzazione per l’omonimo standard).    
Samsung_naming

Non sono questi i dettagli che fanno vendere un prodotto, comunque si nota subito che le convenzioni scelte da Nokia sono facilmente comprensibili in qualsiasi mercato, mentre quelle di Samsung mi sembrano poco trasparenti anche se si conoscono le parole inglesi corrispondenti (ad esempio, basandosi solo sul nome, chi saprebbe dire se è più completo un telefono di classe Magical o uno di classe Wonder?). 

La mia impressione è che Samsung, azienda coreana, possa avere scelto prima le lettere e poi avere trovato un nome inglese rappresentativo.

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Nomi, moduli, sviluppo e localizzazione

Personal names around the world (W3C) è un intervento davvero esauriente sulla variabilità dei nomi di persona in culture diverse e sulle implicazioni pratiche che può avere nella progettazione di database, ontologie e moduli (form) e relativa localizzazione, ad es. quanti e quali campi usare, come chiamarli, i presupposti da evitare nello sviluppo di algoritmi ecc. Credo possa essere interessante anche per chi non lavora in questo campo.

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E chissà se la pubblicazione in questi giorni di nymwars è solo una coincidenza, visto che vengono evidenziati proprio i problemi descritti anche da chi ha un profilo di Google+ che non è conforme allo standard un nome + un cognome previsto dal sistema. Ad esempio, sembra che al momento possano essere sospesi i profili di Google+ con:

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Occasionalismi: nymwars

Un occasionalismo è un neologismo destinato ad avere vita breve e non rimanere nell’uso perché è relativo a una situazione particolare e non duratura.

Un esempio recente di occasionalismo è la parola inglese nymwar (o nym war), usata soprattutto al plurale per descrivere le controversie sulla decisione di Google+ di proibire l’uso di pseudonimi.

Ne parla Fritinancy in Word of the Week: Nymwars, spiegando che nymwars è una nymwarsforma abbreviata di pseudonym wars ed è nata a fine luglio come hashtag in Twitter.

È una parola interessante non solo per l’etimologia ma anche per l’uso di nym come sostantivo, peraltro già visto in alcuni termini informatici. Mi pare inoltre che evidenzi alcune differenze in inglese e in italiano nell’uso di un elemento formativo che a prima vista è invece del tutto equivalente (dal greco -ώνυμος, “nome”, in entrambe le lingue viene aggiunto come secondo elemento in un nome composto).

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