Notizie pecorecce dall’Irlanda

pink sheepIl Giro d’Italia quest’anno parte dall’Irlanda del Nord (“norn iron” nella pronuncia locale) e tra gli irlandesi c’è grande entusiasmo, tanto che molte pecore sono state addirittura tinte di rosa per l’occasione.

La cosa non mi stupisce: ho vissuto a Dublino alcuni anni e so che in tutta l’isola le pecore fanno notizia, ad es. il mese scorso è diventato virale un video che mostra il rarissimo ibrido nato da una pecora (ewe) di razza irlandese Cheviot ingravidata da un caprone (billy goat). Si è discusso parecchio di come chiamare l’animale, che non è né un capretto (kid) né un agnello (lamb o, più specifico, hogget), ed è prevalsa la parola macedonia geep (goat+sheep) anche perché l’alternativa shoat (sheep+goat) nell’inglese americano identifica già un maialino slattato. 

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Optical, un altro pseudoprestito

OpticalIl testo che descrive la foto, dalla rivista di un marchio italiano di abbigliamento, è Dal design al grafico, dal color block al millerighe. Tra pastelli tenui e tratti decisi, l’optical vive una nuova stagione

Il sostantivo optical, “adoperato nel linguaggio della moda per indicare il particolare effetto ottenuto nei tessuti e nell’abbigliamento mediante un fantasioso e spesso violento accostamento di bianco e nero”, è uno pseudoanglicismo, una parola usata con un’accezione inesistente in inglese (optical è un aggettivo che equivale a “ottico”).

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Partita IVA falsa, metonimia vera

foto con cartello Partite IVAMi pare che nel linguaggio comune, o perlomeno in quello usato dai media generalisti, l’accezione prevalente di partita Iva stia cambiando da “sequenza di numeri che identifica i soggetti che esercitano un’attività rilevante ai fini Iva” a “titolare di partita Iva”, quindi una persona.

È una metonimia che probabilmente si può fare risalire a popolo delle partite Iva, un neologismo nato qualche anno fa. Alcuni esempi delle nove occorrenze di partita Iva con significato figurato visti in un’intervista al ministro del lavoro, Giuliano Poletti: “Contratti più chiari per evitare false partite Iva”:

Ci faccia un esempio concreto sulle false partite Iva.
«Se una persona si autorganizza tempi e modalità del suo lavoro, assume il buon esito di un obiettivo, è una vera partita Iva. Se si tratta di un contratto a tempo, biennale o triennale, se il lavoratore è sottoposto a orari e turni secondo il classico schema della subordinazione, ecco, quello non va bene chiamarlo partita Iva».
 

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Stazione AV di Bologna: caos sui cartelli

Ho già dedicato due post ai cartelli della stazione Alta Velocità di Bologna:
Quiz: KISS&RIDE (un anglicismo superfluo e dal significato poco trasparente) 
Toilet(te), una storia movimentata (inglese maccheronico sui cartelli dei Servizi)

Qualche giorno fa non ero di corsa come al solito e così ho potuto notare non solo altri errori ma anche incongruenze nelle diciture, che possono essere diverse a seconda dell’ubicazione dei cartelli. Qualche esempio:

Toilets
Piani –3 (Hall) e  –4 (binari) 
inglese errato: *Services
Piano –2 (KISS&RIDE)
inglese corretto: Toilets 
Polfer Police
Sottopassaggio Stazione Centrale
inglese inesistente: *Polfer
italiano: nome comune Polizia
Piano –2 (KISS&RIDE)
inglese corretto: Police 
italiano: acronimo Polfer
Parking car park
Piano –2 (KISS&RIDE)
inglese errato: *Parking
Sottopassaggio Stazione Centrale  
inglese corretto: Car park 

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Di carciofi e altre verdure

Mille modi di… dire carciofo (Zanichelli) è un’analisi gustosa dei diversi nomi del carciofo in Italia e in altri paesi europei. Il lessico del cibo è spesso caratterizzato da regionalismi, come mostrano queste differenze nei nomi di alcune verdure in inglese americano e britannico:

Kitchen English by Sadie Penn
Illustrazione: Sadie Penn

In italiano il tubero in alto a destra, Brassica napobrassica, dovrebbe chiamarsi navonerutabaga. Per me però sarà sempre swede perché ne ho scoperto l’esistenza in Inghilterra parecchi anni fa, mentre in Italia non l’ho ancora mai visto (peccato, perché mi piace molto). Il nome inglese fa riferimento alla provenienza (Swedish turnip, “rapa svedese”) mentre quello americano, rutabaga, deriva dalla parola svedese rotabagge (“root bag”). Una curiosità: questa verdura in passato in Irlanda era usata per fare le Jack O’Lantern di Halloween, prima che gli americani la sostituissero con le zucche.

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Comunicazione vestimentaria: overfashion

Overfashion, la rivoluzione delle top model con le curveUno pseudoprestito è una parola che ha l’aspetto di un prestito ma che nella lingua di origine ha un altro significato o addirittura non esiste, come overfashion in inglese.

Ho scoperto che si tratta di un concetto made in Italy che dà il titolo a una pubblicazione accademica, Overfashion. Nuove prospettive per la moda nella società che ingrassa.

Dall’introduzione: manca un’offerta di abbigliamento plus-size che consenta alla popolazione sovrappeso un uso altrettanto ricco della comunicazione vestimentaria quale quello di cui dispone la popolazione “normale”. Manca, appunto, un’overfashion. […]  Col neologismo “overfashion” vogliamo alludere a una moda che sia in grado di rispondere alle esigenze […] degli uomini obesi e delle donne sovrappeso e obese, con un’offerta qualitativamente e quantitativamente diversa da quella dell’attuale moda plus-size.

Non so nulla di comunicazione vestimentaria e mi limito a una considerazione lessicale: overfashion mi pare una parola malformata e un pessimo esempio di itanglese.

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Uova e conigli

(dall’archivio del blog: post pasquali)

Ancora itanglese

Con itanglese (o italiese o itangliano) si intende l’uso smodato di parole inglesi in italiano, non sempre usate correttamente. È tipico di alcuni ambiti come ad esempio il marketing, la pubblicità, la moda, la finanza, l’informatica. In tema, vi suggerisco Itanglese e italiano, alcune considerazioni di Annamaria Testa sugli anglicismi superflui.

esempio di itangleseHo trovato molto puntuale l’osservazione che i termini inglesi “hanno un vantaggio perché soggettivamente sono percepiti come più precisi e più evocativi, e perché si portano dietro in automatico una connotazione moderna e cosmopolita, quindi positiva”. Alcuni commenti all’articolo e ad altri che l’hanno ispirato sono la conferma che c’è chi conferisce ad alcuni anglicismi accezioni particolari assenti in inglese, ad es. c’è chi pensa che in inglese clown abbia un significato più specifico di pagliaccio.

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Da selfie a selfare / selfarsi

[2014] È sempre più diffuso il verbo selfare, “fare un selfie”. Si direbbe un verbo intransitivo (ad es. selfa sempre) che funziona come transitivo solo quando usato riflessivamente (ad es. mi sono selfato).

Do you take a lot of selfies?

Esempi d’uso: selfano tutti, selfo anch’io; mai selfato in vita mia; oggi abbiamo selfato di brutto; se selfa mia nonna, mi selfo pure io! Dai, selfati! Mi si nota di più se mi selfo o se non mi selfo?

Pare coerente con il significato originario di selfie, che ho descritto l’anno scorso come una foto con queste caratteristiche:   
1 chi scatta è anche il soggetto
2 è fatta con uno smartphone (allungando il braccio davanti a sé) o con una webcam
3 viene condivisa su un social network. 

Evoluzione di selfie in inglese

Intanto in inglese la parola selfie ha già subito un’evoluzione, al punto che la caratteristica 1, che le ha dato il nome, pare non sia più distintiva. Il significato sta cambiando da “foto di se stessi (self)” a “foto di qualcuno fatta con uno smartphone [per essere] condivisa su un social network” (3 + 2 ma meno specifico).

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