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fortune cookieNe ho già parlato in Termini in evidenza: il nome è un esempio di terminologizzazione che ha origine nei [fortune] cookie serviti nei ristoranti cinesi in America alla fine dei pasti. Sono biscotti di forma particolare, visti spesso nei film, che all’interno hanno un foglietto con una massima o un messaggio augurale, come i dati “nascosti” all’interno dei pacchetti di dati a cui inizialmente avevano dato il nome.

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Iceberg della cultura

Nei giorni scorsi ero a Napoli per il XXV convegno dell’Associazione Italiana per la Terminologia. Nel mio intervento, Il ruolo del terminologo come specialista culturale nella localizzazione, ho descritto le valutazioni di globalizzazione e di localizzabilità, attività che richiedono specifiche competenze culturali.

Iceberg della cultura

Per introdurre il concetto di competenze culturali uno dei modelli di riferimento più usati è quello dell’iceberg, sviluppato da Edward T. Hall*.

iceberg della cultura

La punta dell’iceberg (livello “tecnico”) rappresenta gli aspetti visibili e più superficiali di una cultura. Hanno regole palesi, codificate e non ambigue e da un osservatore esterno possono essere descritti facilmente: sono ad esempio la lingua, le leggi o le impostazioni che in informatica prendono il nome di locale.

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Conteggi con i “tally mark”

tally marksUna differenza culturale tra Italia e paesi di lingua inglese è che noi non usiamo molto i tally mark, un sistema di conteggio veloce usato, ad esempio, per tenere i punteggi di giochi di società. Per ogni punto si disegna un’asta verticale e per i multipli di 5 si tira una riga sopra le quattro aste appena disegnate.

È un metodo che ho visto usare soprattutto dai bambini e non mi sarei aspettata di vederlo anche in un contesto formale. In questa immagine invece si può notare che fa parte delle istruzioni per compilare il modulo per lo spoglio delle schede del recente referendum irlandese sul matrimonio:

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“qui per rimanere” ormai è “qui per restare”

Sono convinta che ciascuno di noi abbia delle preferenze e delle idiosincrasie per alcune parole e locuzioni, ad es. a me danno fastidio i calchi dall’inglese che prendono il posto di espressioni italiane, come quando si dice che tra due persone “c’è chimica ( chemistry) anziché alchimia. Un altro calco a cui non riesco ad abituarmi è modellato sulla locuzione be here to stay. Alcuni esempi:

Titoli: 1 Internet è qui per restare; 2 I Pokémon sono qui per rimanere! 3 La sharing economy è qui per restare; 4 L’arte digitale è qui per rimanere; 5 La criminalità informatica esiste ed è qui per restare

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Intervista in InformaLingua

Ho fatto una lunga chiacchierata su terminologia, anglicismi e lingua italiana con Emiliano Bellini di InformaLingua, un sito di informazione per professionisti e appassionati di lingue [aggiornamento: sito non più attivo].

La lingua italiana può ancora nominare tutto? Abbiamo le risorse per tradurre tutto ciò che scienza e tecnologia diffondono attraverso l’inglese? Lo chiediamo alla terminologa Licia Corbolante – Informalingua, 20 maggio 2015

Abbiamo considerato il diverso ruolo di aziende, istituzioni, utenti e media nella formazione e diffusione della terminologia e alcuni fattori che possono influenzare dinamiche e tendenze, con l’esempio della terminologia informatica italiana del software di consumo.

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MIUR: lunga vita all’inglese farlocco?

Orientamento long lifeRere mi ha segnalato la voce Orientamento long life, “vita lunga”, nell’elenco degli argomenti della sezione Istruzione del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (pagina non più disponibile ma altri esempi qui).

Se si apriva la pagina si scopriva però che la longevità non c’entrava nulla, infatti si trovavano riferimenti a Orientamento lungo tutto l’arco della vita e a orientamento permanente (e un rimando a orientamento longlife, singola parola).

È un esempio di inglese farlocco che fa confusione tra l’aggettivo inglese lifelong, “che dura tutta la vita”, e il sintagma nominale long life, “vita lunga”. Dal MIUR invece ci si aspetterebbe meno itanglese e più competenze linguistiche, come ho già ribadito in Problemi di inglese per #labuonascuola.

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Anisomorfismo: handle

Vari media italiani hanno dato risalto a questo scambio di battute su Twitter tra Bill Clinton e @POTUS, il nuovo profilo ufficiale di Barack Obama:

scambio tra Bill Clinton e President Obama in Twitter

Ho visto che una traduzione ricorrente per la frase evidenziata, the handle comes with the house, è “la gestione dell’account è legata all’incarico”. Il senso generale non è travisato, ma non è stato colto il riferimento a comes with the house, frase ricorrente tra chi descrive case per indicare cosa è compreso nella vendita o nell’affitto, e temo che chi ha tradotto non abbia riconosciuto la polisemia del sostantivo handle e l’abbia confuso con il verbo omonimo, che può significare “gestire”.

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È un selfie drone. O forse no.

[testo dell’articolo] Lily: the $499  ‘selfie drone’ that's your personal videographer. The device is capable of flying for 20 minutes, tracking its owner and shooting photos and video footage of them “Camera. Reinvented.” claims the website for Lily, the latest consumer drone to capture people’s attention. Although “selfie drone” seems to be a more popular phrase among the media covering its launch.La parola selfie si fa notare anche per la sua produttività: sta continuando a far nascere neologismi.

Da The Guardian ho scoperto selfie drone, un dispositivo che segue in volo una persona per filmarla o fotografarla (e ottenere dei dronie). 

Il dettaglio che mi ha colpita però non è tecnico ma terminologico: per i media l’apparecchio recensito è un [selfie] drone, mentre i suoi produttori lo descrivono come camera.

Ho cercato dettagli sul sito lily.camera e ho notato che il prodotto viene chiamato sempre con il marchionimo, Lily, e descritto genericamente come camera, anche nelle specifiche tecniche. Solo nella pagina FAQ si trova un’occorrenza di throw-and-shoot camera (si lancia in volo e comincia subito a scattare/filmare). Non viene invece mai usata la parola drone.

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Sbagli, errori e corruttori automatici

Nella puntata di ieri di La lingua batte, Italiano: la situazione è grammatica, il linguista e giornalista Andrea De Benedetti ha fatto una distinzione tra sbagli, scorrettezze accidentali come i refusi, ed errori, che invece sono prevedibili e rispondono a un’idea di codice diversa rispetto a quella del codice universalmente riconosciuto, come gli errori di ortografia. Ho trovato molto divertente l’espressione corruttori automatici: i correttori automatici che correggono gli sbagli e li trasformano in errori.

vignetta di Silvia Zichevignetta: Silvia Ziche

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Classi pollaio

Nelle discussioni sulla scuola è ricorrente l’espressione classi pollaio, brutale ma alquanto efficace per descrivere le classi numerose.

immagine di allevamento polliLa trovo particolare perché in questo caso la parola pollaio non è usata in senso letterale né prevale uno dei significati figurati che di solito le vengono attribuiti (luogo sporco e disordinato o dove c’è chiasso e confusione), ma evoca invece l’immagine di un impianto che ha un nome diverso, l’allevamento di polli di tipo intensivo, con gli animali stipati uno accanto all’altro.

Non sono riuscita a scoprire come e quando sia nata l’espressione, usata soprattutto al plurale, ma dovrebbe risalire alla fine del decennio scorso.

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Internet Explorer diventa Microsoft Edge

In Il nuovo browser Microsoft Edge Alberto Cellotto ha analizzato il nome e il logo scelti da Microsoft per il browser che sostituirà Internet Explorer. Molti hanno criticato la banalità del nome, che  non è affatto innovativo e così poco distintivo che potrebbe essere usato per qualsiasi tipo di prodotto. Edge però rispetta un requisito … Leggi tutto