Ho già accennato al triangolo semiotico, uno schema molto usato in terminologia.
Sintetizza le relazioni tra oggetti, percepiti o immaginati, che vengono astratti in concetti (immagini mentali di oggetti o insiemi di oggetti), a loro volta rappresentati da designazioni: segni linguistici, le parole, o anche non linguistici, come icone e simboli grafici. Il collegamento tra un oggetto e le sue designazioni è tratteggiato perché i segni sono convenzioni, spesso diverse in lingue e culture diverse.
Ci sono simboli grafici così familiari che ci possono sembrare universali, come per il comando Taglia nelle interfacce grafiche. In questo caso l’associazione tra l’azione e lo strumento è palese, però non è detto che in tutte le lingue il concetto di “rimuovere un oggetto o parte di un documento e tenerlo temporaneamente in memoria” venga rappresentato da una parola ricollegabile alle forbici. Il segno è arbitrario e va imparato.
Un esempio noto è , un simbolo “descrittivo” che in origine era facilmente associabile al dischetto su cui si salvavano i dati, ma che è diventato astratto per le generazioni che non hanno mai visto un floppy (c’è chi pensa sia un televisore o una lavastoviglie o chissà cos’altro). È però così diffuso e, una volta imparato, facilmente identificabile come simbolo del comando Salva, che sarebbe controproducente cercare di sostituirlo.
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