Anni luce metaforici

It’s all in the genes: DNA and metaphor fa alcuni esempi di termini scientifici e informatici inglesi che sono entrati nel linguaggio comune in senso figurato, a volte con un significato più generico (determinologizzazione), altre invece con nuove accezioni.

Alcune delle metafore descritte hanno un equivalente in italiano, ad es. averlo nel DNA, di default e l’aggettivo dispregiativo neandertaliano.

foto Boris Štromar È invece diverso l’uso di light year, termine astronomico che identifica un’unità di misura di lunghezza ma che nell’uso metaforico inglese mantiene il significato primario della parola year e quindi serve a enfatizzare un periodo di tempo molto lungo. Esempio: The UK is light years behind Europe on renewable energy targets.

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Anglicismo del mese scorso: competitor

Rimanendo in tema anglicismi e politica, sotto elezioni imperversava competitor.
In inglese è una parola del lessico comune che descrive chi prende parte in una competitorcompetizione, quindi “competitore” ma anche “concorrente”, “rivale”, “avversario”, “contendente”.

Non sono ancora riuscita a capire se invece nel linguaggio politico italiano competitor voglia identificare
1) un concetto specifico che non si può (?!) esprimere con nessun’altra parola del lessico, oppure se sia
2) il solito forestierismo superfluo. Qualche dettaglio:

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Sul politicamente corretto

La puntata di ieri di La lingua batte (Radio3 Rai) ha esaminato Pregi e difetti del politicamente corretto partendo dal concetto di tabuizzazione, il meccanismo per cui Politically correct – vignetta di Vauroespressioni inizialmente non marcate e non offensive diventano inaccettabili e vengono sostituite da altre ritenute migliori.

Molto interessante l’intervista con Federico Faloppa in cui è stato evidenziato che la “moda” del politicamente corretto è stata importata dagli Stati Uniti “nella sua fase più deteriore ed esasperata” e quindi presenta vari aspetti criticabili. Può apparire come un tentativo di attenuare una realtà che appare fastidiosa o che si vuole nascondere, una versione aggiornata dell’eufemismo che può far comodo alla politica, però impone anche di fare alcune riflessioni sul rapporto tra lingua e cambiamenti sociali.

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È davvero un mondo cyber?

pagina 55 di IL: cyberlifeHo sfogliato il numero di marzo 2013 di IL, il mensile del Sole 24 Ore. Tutti gli articoli e le parole chiave sulla storia di copertina, La vita indiretta. L’amore, il sesso, la fede e la guerra al tempo degli algoritmi, iniziano con cyber, ad es. in cyberlife si trova cyberreputazione, cybertruffa, cyberpunizioni e cyberbullismo.

Il prologo, cybertutto, cita la definizione di cibernetica dell’Enciclopedia Treccani per spiegare che “viviamo già nel futuro popolato di macchine automatiche che sostituiscono l’uomo nella funzione di controllore di altre macchine” e quindi “il mondo è diventato inevitabilmente cyber” e “tutta la vita è cyber e dobbiamo accettarne le conseguenze”.

Ho trovato insolito l’uso dell’elemento formativo cyber come aggettivo (pronuncia italiana o inglese?) ma mi hanno colpita anche altri aspetti linguistici.

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I nuovi ecosistemi

digital ecosystem – immagine da thinkdigital.co.idUltimamente è quasi impossibile leggere di informatica, telefonia o tecnologie correlate senza incontrare la parola ecosistema. Qualche esempio, ciascuno con decine di migliaia di occorrenze: l’ecosistema di Android / di Apple / di Windows / di Google / di Twitter / dei tablet / degli smartphone / del cloud computing / di app / di applicazioni…

L’uso italiano riflette quello inglese: in campo informatico si parla di ecosystem almeno dall’inizio del secolo. La metafora di “’insieme degli organismi, dell’ambiente e delle condizioni che, in uno spazio delimitato, sono inseparabilmente legati tra loro, sviluppando interazioni reciproche” è però precedente e risale al concetto economico di Business ecosystem, introdotto all’inizio degli anni ‘90 da James F. Moore.

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Perché il fono non funziona

I nuovi foni di Nokia. Li ha presentati oggi al World Mobile Congress: sono due nuovi smartphone Lumia e due cellulari a basso costo.

Il titolo I nuovi foni di Nokia mi ha incuriosita perché non avevo mai visto la parola fono in un contesto non linguistico. Non ho però trovato altre occorrenze significative e quindi catalogherei fono come occasionalismo, forse una traduzione maldestra dell’inglese phone o forse il tentativo di dare un nome a un nuovo concetto, un iperonimo di smartphone e di telefono cellulare "tradizionale”.

Per capire se fono potrebbe comunque avere successo come neologismo, si può fare riferimento alle indicazioni che nella localizzazione aiutano a denominare nuovi concetti o funzionalità. Ad esempio, si cerca di privilegiare i meccanismi di formazione di nuove parole che risultano più produttivi nell’ambito in cui si sta operando.

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focus ≠ focus

Da un articolo di La Stampa sui primi risultati delle elezioni 2013:

Focus sulle regioni in bilico

Nei media italiani la parola focus, di chiara origine latina, appare sempre più frequentemente con il significato generico che ha in inglese di “cosa, persona o situazione a cui si presta particolare attenzione”, “centro dell’interesse”, “punto focale”.

Può suscitare qualche perplessità perché in italiano il termine focus finora è stato usato solo in ambiti specializzati, ad es. in medicina, linguistica e informatica, con accezioni specifiche, come si può vedere nelle voci dei vocabolari Treccani e Zingarelli 2013:

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