Optical, un altro pseudoprestito

OpticalIl testo che descrive la foto, dalla rivista di un marchio italiano di abbigliamento, è Dal design al grafico, dal color block al millerighe. Tra pastelli tenui e tratti decisi, l’optical vive una nuova stagione

Il sostantivo optical, “adoperato nel linguaggio della moda per indicare il particolare effetto ottenuto nei tessuti e nell’abbigliamento mediante un fantasioso e spesso violento accostamento di bianco e nero”, è uno pseudoanglicismo, una parola usata con un’accezione inesistente in inglese (optical è un aggettivo che equivale a “ottico”).

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Partita IVA falsa, metonimia vera

foto con cartello Partite IVAMi pare che nel linguaggio comune, o perlomeno in quello usato dai media generalisti, l’accezione prevalente di partita Iva stia cambiando da “sequenza di numeri che identifica i soggetti che esercitano un’attività rilevante ai fini Iva” a “titolare di partita Iva”, quindi una persona.

È una metonimia che probabilmente si può fare risalire a popolo delle partite Iva, un neologismo nato qualche anno fa. Alcuni esempi delle nove occorrenze di partita Iva con significato figurato visti in un’intervista al ministro del lavoro, Giuliano Poletti: “Contratti più chiari per evitare false partite Iva”:

Ci faccia un esempio concreto sulle false partite Iva.
«Se una persona si autorganizza tempi e modalità del suo lavoro, assume il buon esito di un obiettivo, è una vera partita Iva. Se si tratta di un contratto a tempo, biennale o triennale, se il lavoratore è sottoposto a orari e turni secondo il classico schema della subordinazione, ecco, quello non va bene chiamarlo partita Iva».
 

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Comunicazione vestimentaria: overfashion

Overfashion, la rivoluzione delle top model con le curveUno pseudoprestito è una parola che ha l’aspetto di un prestito ma che nella lingua di origine ha un altro significato o addirittura non esiste, come overfashion in inglese.

Ho scoperto che si tratta di un concetto made in Italy che dà il titolo a una pubblicazione accademica, Overfashion. Nuove prospettive per la moda nella società che ingrassa.

Dall’introduzione: manca un’offerta di abbigliamento plus-size che consenta alla popolazione sovrappeso un uso altrettanto ricco della comunicazione vestimentaria quale quello di cui dispone la popolazione “normale”. Manca, appunto, un’overfashion. […]  Col neologismo “overfashion” vogliamo alludere a una moda che sia in grado di rispondere alle esigenze […] degli uomini obesi e delle donne sovrappeso e obese, con un’offerta qualitativamente e quantitativamente diversa da quella dell’attuale moda plus-size.

Non so nulla di comunicazione vestimentaria e mi limito a una considerazione lessicale: overfashion mi pare una parola malformata e un pessimo esempio di itanglese.

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Ancora itanglese

Con itanglese (o italiese o itangliano) si intende l’uso smodato di parole inglesi in italiano, non sempre usate correttamente. È tipico di alcuni ambiti come ad esempio il marketing, la pubblicità, la moda, la finanza, l’informatica. In tema, vi suggerisco Itanglese e italiano, alcune considerazioni di Annamaria Testa sugli anglicismi superflui.

esempio di itangleseHo trovato molto puntuale l’osservazione che i termini inglesi “hanno un vantaggio perché soggettivamente sono percepiti come più precisi e più evocativi, e perché si portano dietro in automatico una connotazione moderna e cosmopolita, quindi positiva”. Alcuni commenti all’articolo e ad altri che l’hanno ispirato sono la conferma che c’è chi conferisce ad alcuni anglicismi accezioni particolari assenti in inglese, ad es. c’è chi pensa che in inglese clown abbia un significato più specifico di pagliaccio.

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Da selfie a selfare / selfarsi

[2014] È sempre più diffuso il verbo selfare, “fare un selfie”. Si direbbe un verbo intransitivo (ad es. selfa sempre) che funziona come transitivo solo quando usato riflessivamente (ad es. mi sono selfato).

Do you take a lot of selfies?

Esempi d’uso: selfano tutti, selfo anch’io; mai selfato in vita mia; oggi abbiamo selfato di brutto; se selfa mia nonna, mi selfo pure io! Dai, selfati! Mi si nota di più se mi selfo o se non mi selfo?

Pare coerente con il significato originario di selfie, che ho descritto l’anno scorso come una foto con queste caratteristiche:   
1 chi scatta è anche il soggetto
2 è fatta con uno smartphone (allungando il braccio davanti a sé) o con una webcam
3 viene condivisa su un social network. 

Evoluzione di selfie in inglese

Intanto in inglese la parola selfie ha già subito un’evoluzione, al punto che la caratteristica 1, che le ha dato il nome, pare non sia più distintiva. Il significato sta cambiando da “foto di se stessi (self)” a “foto di qualcuno fatta con uno smartphone [per essere] condivisa su un social network” (3 + 2 ma meno specifico).

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Comunicazione in rosa

In un commento a Il bonifico, un’operazione maschile, Barbara mi ha segnalato alcune linee guida di Corecor Umbria, La comunicazione istituzionale al femminile. Per una comunicazione attenta al genere.

Contengono indicazioni per evitare dettagli che contribuiscono a rafforzare stereotipi nelle comunicazioni su e per le donne. Tra gli aspetti da verificare ci sono questi:

11. Viene sottolineata l’interscambiabilità dei ruoli tra donne e uomini ? Ad esempio, se il messaggio è rivolto alle famiglie, sono rappresentati anche gli uomini nel target? O ancora, gli uomini sono ugualmente rappresentati a impegnarsi nelle faccende domestiche o a prendersi cura in generale del contesto domestico?
12. Nella scelta dei colori si è prestata attenzione ad evitare tutti quei colori che rimandano ad una visione stereotipica delle donne (colori pastello e varie tonalità del rosa)?

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Il bonifico, un’operazione maschile

Uso sessista della lingua

In occasione della festa della donna l’uso sessista della lingua è stato di nuovo al centro dell’attenzione. Come prevedibile, le discussioni erano incentrate sulla femminilizzazione dei nomi delle professioni (ingegnera, avvocata, sindaca ecc.), con argomentazioni che non mi convincono per nulla: il mio punto di vista in Donne e grammatica.

Penso sia invece più importante che i testi che si rivolgono a un pubblico generico risultino neutri e non implichino un’esclusione delle donne, come invece succede in questa comunicazione di una banca italiana:Le abbiamo inviato questa email a titolo informativo su richiesta dalla persona che ha ordinato il bonifico all'indirizzo da lui inserito. Per la sicurezza dei dati personali non contiene i dati dei conti correnti di addebito e di accredito.

Il pronome lui riferito a persona appare insolito ma ci ricorda che in italiano il genere grammaticale è una convenzione che non sempre coincide con il significato logico o naturale, come spiega l’Accademia della Crusca in Problemi di accordo.

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Quiz: gli anni delle facezie grossolane

Questo brano mi sembra un esempio efficace di variazione diacronica (i cambiamenti linguistici che avvengono in un periodo di tempo anche relativamente breve). Tralasciando l’argomento, sono soprattutto il lessico e la costruzione di molte frasi a indicare che non si tratta di un testo contemporaneo. A che periodo fareste risalire la pubblicazione?

Può darsi, figlio mio, che tu abbia udito, e se non è ancora avvenuto avverrà presto, alcuni tuoi compagni scherazre sul matrimonio, e su questo argomento azzardare delle facezie grossolane. Che ne pensi? [...]

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Ricambio lessicale

Willy the word decider – Pearls Before Swine

Fa sorridere l’idea di qualcuno che possa decidere a tavolino i cambiamenti lessicali, non solo per l’inglese ma anche per l’italiano, però non è un’ipotesi del tutto fantasiosa se si pensa a molte sostituzioni associabili al politicamente corretto o alla convinzione che il sessismo si combatta imponendo forme femminili per i titoli professionali o le cariche istituzionali per le quali tende a prevalere il maschile.

A parte alcuni cambiamenti artificiosi, il ricambio lessicale è un fenomeno fisiologico che può passare inosservato ai parlanti se non viene evidenziato attraverso analisi diacroniche. Possono contribuire diversi aspetti di variazione linguistica, tra cui maggior prestigio di una varietà linguistica (regionale, sociale, generazionale ecc.), l’influenza di altre lingue e altre culture (ad es. ora l’inglese e in passato il francese), e tendenze e preferenze di altro genere che portano alcune parole a competere tra loro e in alcuni casi ad avere un ciclo di vita relativamente breve.

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Expo 2015: Foody & friends

Foody

Sono stati annunciati i vincitori del concorso per i nomi della mascotte di Expo 2015 e dei suoi personaggi: sono Foody (l’insieme di frutta e verdura), composto da Josephine (Banana), Rodolfo (Fico), Chicca (Melagrana), Arabella (Arancia), Gury (Cocomero o Anguria), Manghy (Mango), Piera (Pera), Pomina (Mela), Rap Brothers (Rapanelli), Max Mais (Mais Blu) e Guagliò (Aglio).

Le perplessità che avevo espresso in Mascotte Expo 2015 e nomi internazionali sono state confermate, non solo per questioni di genere ma anche perché alcuni nomi, per quanto efficaci e divertenti in italiano, come Guagliò, non rispettano i requisiti dell’internazionalità e della facilità di memorizzazione e di pronuncia previsti dal concorso.

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