Vi propongo qualche esempio di itanglese osservato qua e là, a cominciare da un cartello della catena italiana di abbigliamento BluKids* per i possessori della BluKids Card.
Terminologia, localizzazione, traduzione e altre considerazioni linguistiche
Vi propongo qualche esempio di itanglese osservato qua e là, a cominciare da un cartello della catena italiana di abbigliamento BluKids* per i possessori della BluKids Card.
L’interferenza è qualsiasi mutamento fonetico, morfologico, sintattico o lessicale in una lingua causato dal contatto con un’altra. L’italiano contemporaneo la subisce soprattutto dall’inglese: prestiti, calchi e falsi amici sono fenomeni lessicali noti anche ai non esperti.
Un caso particolare riguarda la preposizione con, a cui sempre più spesso viene attribuita la funzione di altre preposizioni o di locuzioni che introducono un complemento di limitazione (indica il limite o l’ambito entro cui vale ciò che si dice), come in quanto a, relativamente a, in fatto di, riguardo a, per ciò che riguarda. Gli esempi più tipici sono problema con xyz, cosa succede con xyz e cosa fare con xyz.
Sempre più problemi *con
A cosa vi fa pensare la parola giveaway in un contesto italiano?
Alcuni esempi d’uso:
♦ regolamento del giveaway
♦ anch’io partecipo al giveaway
♦ sono stati sorteggiati i vincitori del nostro giveaway
♦ iscrivetevi al giveaway di inizio autunno: in palio bellissimi premi
♦ oggi vi propongo un MEGA giveaway in cui i premi sono ben 45 ROMANZI
♦ molte blogger che organizzano giveaway mettono in palio dei premi autoprodotti
Gli esempi mostrano che giveaway è uno pseudoanglicismo: è una parola usata con un significato diverso da quello che ha in inglese.
Da cosa si capisce che la quattro frasi qui sotto sono state tradotte in inglese da un italiano (o comunque riviste da un italiano, se è stata usata la traduzione automatica)?
1 The building may not seem much from the outside, but is a must see . […]
2 The building explains the differences between the regions: is based on smells and […]
3 In practice is a non-building, as is formed by […]
4 There is a dark room in which is recreated a very scenographic environment.
Tutte le frasi contengono degli errori tipici “da italiani” che evidenziano alcune importanti differenze grammaticali tra le due lingue.
Alla Stazione Centrale di Milano bisogna attraversare dei gate per spostarsi dall’atrio ai binari (o viceversa). Alcuni gate sono destinati al transito, segnalato dal simbolo e dalla scritta bilingue ENTRATA – ENTRY. Altri invece sono riservati al flusso in senso contrario, segnalato dal simbolo
e la scritta, esclusivamente in inglese, NO TRESPASSING.
Sono parecchio perplessa da questa scelta perché di solito in inglese i cartelli No trespassing! hanno una funzione simile ai nostri Proprietà privata. Il verbo trespass infatti ha come significato primario quello di introdursi illegalmente in una proprietà altrui.
Parole macedonia, anche per la macedonia.
Chi usa Twitter e altri social network può scegliere tra due tipi di hashtag: 1 hashtag con la funzione “classica” di parola chiave, usati per la categorizzazione dei messaggi e la ricerca per argomenti, ad es. #anglicismi, e 2 hashtag con una funzione “social(e)” di commento, spesso composti da più parole, come #muoiodalridere o #nonsenepuòpiù.
Sono chiamati 1 index hashtag e 2 commentary hashtag in uno studio americano che rileva alcune tendenze d’uso in Twitter, riassunte da There are Two Kinds of Hashtags. Mi pare valgano anche per l’italiano:
Ho visto questi cartelli nel parco nazionale dell’Aspromonte nel 2009. A distanza di sei anni appaiono datati, non solo perché presumo che nel frattempo la copertura dei ponti radio sia migliorata e i tempi di percorrenza diminuiti, ma anche per l’uso della parola cellulare.
In diverse lingue europee si discute del lessico della migrazione e nei giorni scorsi vari media italiani hanno dato risalto a una notizia sull’uso delle parole migrant e refugee in inglese, Why Al Jazeera will not say Mediterranean ‘migrants‘.
Come spesso succede con i riferimenti linguistici, molti hanno dato per scontato che ci fosse totale equivalenza tra le parole, i loro usi e le loro connotazioni in inglese e italiano.
Non hanno considerato che le parole non devono essere isolate dai sistemi concettuali a cui appartengono perché raramente c’è piena corrispondenza tra lingue diverse. Il loro uso è anche influenzato dalle altre parole disponibili in ciascuna lingua. Per l’inglese britannico lo illustra in modo efficace Karl Sharro, libanese che vive a Londra:
L’immagine satirica evidenzia parecchie differenze lessicali tra inglese e italiano:
Un post di qualche anno fa, focus ≠ focus, continua ad avere molte visualizzazioni da chi cerca il significato di questa parola latina entrata in italiano attraverso l’inglese (anglolatinismo) e ormai diffusissima nei media. Risulta però poco trasparente e i dizionari di italiano non registrano ancora il significato di “cosa, persona o situazione a cui si presta particolare attenzione”, “centro dell’interesse”, “punto focale”, “enfasi” con cui è stata presa in prestito dall’inglese.
Ho notato che focus ora sta acquisendo anche nuove accezioni inesistenti in inglese, come mostra questo esempio:
Comunicazione scritta
Nell’ospedale dove tenevo compagnia a una persona malata avevo sempre sotto gli occhi questo avviso:
Mi aveva colpita il contrasto che facevano la sfilza di punti esclamativi e il tipo di carattere COMIC SANS, caratteristici di contesti informali, con il testo in puro burocratese, poco adatto per istruzioni a chi di solito porta protesi dentarie: anziani o persone non italiane, che potrebbero non essere abituati a decifrare testi complessi.
Oggi su Twitter si gioca con #GiornataMondialeDellOnomatopea, spunto per aggiungere un paio di osservazioni su un messaggio di errore che avevo visto nel sito di Apple:
Qualche mese fa vi avevo chiesto che effetto vi facesse e parecchi avevano confermato la mia impressione che in questo contesto l’ideofono mmm risulta insolito perché suggerisce innanzitutto apprezzamento per cibo. Per alcuni può comunicare ponderazione (“sto riflettendo”) ma soprattutto se scritto con un’h finale, mmh.
Il governo ha riassunto la legge di riforma della della pubblica amministrazione, approvata il 4 agosto 2015, in una presentazione coloratissima che pare rivolta a tutti i cittadini.
Dopo il Jobs Act, è confermata la tendenza “farlocca” a usare nomi inglesi per future leggi italiane. Il nuovo esempio è il Freedom of Information Act:
Domanda retorica: che bisogno c’è di scimmiottare di nuovo gli americani (il Freedom of Information Act è stato promulgato negli Stati Uniti nel 1966) per dare il nome a una legge italiana che riguarderà la PA italiana? Perché non si può descrivere come legge per la libertà sull’informazione o, aggiungo dai commenti qui sotto, legge sull’accesso all’informazione?
Nel servizio sulla riforma della pubblica amministrazione del principale TG serale sono stati annunciati tagli alle authorities, parola in evidenza anche in un cartello riassuntivo.
A parte l’errore (in italiano i prestiti rimangono invariati al plurale, quindi le authority), ho notato che non è stata data alcuna spiegazione. Probabilmente si dà per scontato che chiunque sappia che con authority si intende un organismo “in posizione di autonomia rispetto al potere politico ed economico, con compiti di garanzia e di vigilanza per la tutela di interessi collettivi o diffusi, in settori nei quali più intense sono le esigenze d’imparzialità e di trasparenza”.
È di qualche giorno fa la notizia su Matteo Renzi che “sbaglia pronuncia” in un discorso in inglese perché dice “devid” e “maichelangelo” anziché “David” e “Michelangelo”. Eppure in inglese si dice /ˈdeɪvɪd/ e la pronuncia /ˌmʌɪk(ə)lˈandʒələʊ/ prevale su /ˌmɪk(ə)ˈlandʒələʊ/ (cfr. Oxford Dictionaries), quindi non capisco perché se ne discuta: è come se in italiano ci si aspettasse /ˈkantəb(ə)ri/, con l’accento sulla prima sillaba come in inglese, anziché la più diffusa pronuncia italianizzata Canterbury.
C’è errore ed errore
Archivierei la pronuncia renziana di Michelangelo come una non notizia, sintomatica però di un’idea di gravità degli errori alquanto diffusa e sulla quale ho parecchie perplessità.