Nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica francese è stata pubblicata la decisione che l’hashtag debba chiamarsi mot-dièse*. La notizia è stata ripresa dai nostri media e su Twitter c’è stata una discussione (#TrovaUnaParolaItalianaPerHashtag, ora non più disponibile) per suggerire un equivalente italiano. Alcune proposte: parola chiave, paroletta, le metafore spilla e coda di gallo e la parola macedonia cancelletta (cancelletto+etichetta).
In realtà, come dicevo in Hashtag, parola e simbolo, un termine “ufficiale” italiano ci sarebbe già: nella documentazione italiana di Twitter gli hashtag sono erano chiamati etichette (invece in quella francese hashtag), una scelta però ignorata dalla maggior parte degli utenti.
La discussione mi ha ricordato il concorso per trovare alternative a blog, chat, newsletter, spamming: nel linguaggio informatico italiano i prestiti sono spesso privilegiati a possibili parole italiane e quando un forestierismo è già diffuso risulta quasi impossibile sostituirlo.
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* Cfr. diesis ≠ cancelletto [link aggiunto]
Suom(I)taly:
Io proporrei etichella 🙂
Mauro:
Il termine ufficiale “etichetta” mi pare assolutamente perfetto.
Il problema è che la maggioranza degli italiani per quanto riguarda la lingua sono italofobi (anche perché essere italofobi fa fico, anzi no… fa cool…).
🙁 🙁 🙁
Saluti,
Mauro.
.mau.:
preferirei “spilla” (anche se è più “pin”)…
Marco:
Anche secondo me il termine più appropriato in italiano è “etichetta”, come da documentazione italiana di Twitter.
giupina:
Ma perché, cancelletto non va bene? è già usato per lo stesso simbolo nei telefonini ed è univoco, mentre etichetta significa tutto e niente.
Licia:
Grazie per i contributi. Anche secondo me etichetta era una buona scelta. Avrebbe potuto funzionare come neologismo semantico perché il concetto generico di etichetta comunica immediatamente che si tratta di un modo per identificare e/o catalogare qualcosa. In informatica il termine etichetta è già usato, ma in contesti del tutto diversi, e quindi non ci sarebbero problemi di ambiguità. Ci si può domandare perché in Italia ormai tutti dicano hashtag e non sia stato adottato il termine usato invece da Twitter, e credo che la terminologia prevalente sia imputabile ai cosiddetti early adopter e influencer (cfr. il cloud e la cloud e circoli e cerchi (con piccola polemica)) che hanno introdotto e diffuso il concetto prima che il produttore del software presentasse la versione localizzata o semplicemente l’hanno ignorata facendo riferimento solo a quella originale in inglese.
@giupina, effettivamente c’è un problema di polisemia che notavo in Hashtag, parola e simbolo. In inglese hashtag identifica due concetti diversi: (1) nell’uso comune e in altri contesti informatici hashtag significa una parola (o una serie di parole senza spazi) marcata con il tag #, come ad es. #dolomiti, mentre (2) nella terminologia ufficiale di Twitter hashtag è il simbolo #. In italiano la polisemia viene risolta chiamando (2) cancelletto e usando un altro nome per (1).
Alex:
sarò un poco off-topic, ma volevo segnalare il post di un giovane (e a mio avviso bravo) giornalista sulla questione (non nominale, ma di sostanza): http://senzamegafono.com/2012/11/23/bellezza-e-poter-deglihashtag/
Licia:
Grazie Alex, davvero molto interessante e con tantissimi spunti. Ormai il concetto di hashtag appartiene alla cultura contemporanea ma sicuramente potrà subire altre evoluzioni (ad es. l’uso come “punteggiatura vocale” è recentissimo) e anche gli aspetti linguistici possono avere molte sfaccettature. Nell’articolo vengono sottolineate “le potenzialità letterarie dell’hashtag, la sua capacità di orientare il senso di una frase e dei pensieri lanciati in rete”, una versatilità che consente di evocare immagini, comunicare stati d’animo e sfumature di registro. È probabile che presto diventeranno più evidenti anche le potenzialità lessicali, ossia l’hashtag come strumento per creare nuove parole: un esempio è nymwar, un neologismo nato nel 2011 come hashtag e tuttora usato.