Esempi di titoli di notizie del 5 febbraio 2023:
Quando ho saputo degli ennesimi attacchi informatici mi sono chiesta se anche stavolta i media avrebbero usato foto di qualche individuo con felpa con cappuccio (in inglese hoodie) in testa, spesso di spalle in una stanza buia, davanti a un monitor dove le righe di codice sono sempre verdi o azzurrine. Ho avuto subito la conferma: è uno stereotipo che ha una ventina di anni e chissà quanto ancora durerà!
Ero anche certa che assieme al cliché dei massicci attacchi informatici avrei ritrovato anche alcuni usi superficiali di lessico, e così è stato: di seguito qualche considerazione su hacker, su cibernetico e cyber e su compromesso.
Hacker
Immancabile la parola hacker usata da tempo non solo come sostantivo ma anche come aggettivo, sempre con connotazioni negative: nei titoli è ricorrente l’espressione attacco hacker. In ambito informatico però hacker in origine aveva e tuttora può avere connotazioni neutre perché implica particolari conoscenze e abilità tecniche, come descritto in Tanti hacker: buoni, cattivi, etici, “maliziosi”…
Sicurezza cibernetica
Un’altra certezza è l’uso improprio dell’aggettivo cibernetico in alternativa all’elemento formativo cyber-. Esempio nelle parole di un esponente del governo:
Quanto è successo però non ha nulla a che vedere con la cibernetica, la disciplina che studia le analogie tra i sistemi di regolazione e comunicazione delle macchine e degli organismi viventi, ma riguarda invece la sicurezza finalizzata alla protezione da tentativi di violazione o attacchi di tipo informatico: dettagli in Se è cyber non c’entra la cibernetica! (con un rimando alla nota terminologica su cybersicurezza del decreto legge 14 giugno 2021 n. 82).
Non certezze ma invece perplessità per un’altra dichiarazione di un altro esponente del governo:
Non avevo mai visto cyber usato in questo modo in italiano in una comunicazione generalista: refuso o neologismo? Nel secondo caso, dubito sia una transcategorizzazione (da elemento formativo a sostantivo), come avvenuto in inglese in ambito militare (cfr. Cyber, nuovo sostantivo americano) e ipotizzerei invece che il ministro intendesse cybersecurity e abbia ottenuto la cyber attraverso un’abbreviazione impropria, il meccanismo alla base di molti pseudoanglicismi dell’italiano.
Server compromessi
I server colpiti dall’attacco sono stati ripetutamente descritti come compromessi, senza ulteriori dettagli. Il senso generico di “danneggiato” è immediatamente riconoscibile, però forse non a tutti è noto che si tratta di un calco dell’inglese compromised e che il significato è più specifico.
Se riferito a server o siti ritenuti affidabili, compromised indica che, a insaputa di chi li gestisce e vi accede, ne è stato preso il controllo da malintenzionati che, ad esempio, installano e fanno propagare malware, reindirizzano a siti pericolosi, usano ransomware* per impedire l’accesso al sistema se non si paga un riscatto, o mettono in atto altri intenti criminosi. In un sistema compromesso può essere impossibile capire esattamente cosa è stato colpito e verificare l’eventuale integrità di file e dati.
* Dettagli in Ransomware, malware e altri –ware
Nicola Annunziata:
Non sarei così categorico sulla distinzione tra cyber e ciber. Il termine cibernetica è stato spesso usato in italiano con un significato abbastanza sovrapponibile a ciò che oggi chiamiamo informatica, ovvero quello che in inglese è la “computer science”. Il termine informatica in effetti non aveva inizialmente un utilizzo generalizzato, almeno in ambito accademico, i relativi corsi di laurea, infatti, all’inizio erano denominati in “Scienze dell’informazione”. All’Università di Salerno accanto al suddetto corso di laurea era altresì presente negli anni Settanta una scuola di perfezionamento post-laurea in “Scienze cibernetiche e fisiche”, che io ho frequentato, dove le “scienze cibernetiche” erano in buona sostanza informatica, come testimoniano i titoli degli esami che ho sostenuto, tra i quali per esempio Elementi di programmazione generale e Struttura dei calcolatori. D’altra parte l’anima di quella scuola di perfezionamento era Eduardo Caianiello, una delle figure più importanti , se non la più importante, della cibernetica italiana, con i suoi studi sulle reti neuroniche artificiali: qualcosa in definitiva concettualmente non lontano dai “cyborg”…
Insomma, non discuto che la y faccia più figo, ma far poggiare la scelta della grafia inglese sulla opinabile differenza di significato tra inglese e italiano mi sembra poggi su basi labili e discutibili.
Licia:
Grazie per il commento, che però immagino non faccia riferimento a questo post ma a un altro non citato qui, Perché Cyber Monday non è “ciberlunedì”?
In sintesi, l’uso di cyber- nell’accezione specifica della sicurezza nazionale ci arriva direttamente dall’inglese ed è recente (ha una decina di anni). In inglese questa accezione non è associabile alla cibernetica, neppure nel senso italiano più ampio di informatica, e quindi credo sia utile mantenere una distinzione.