Ho aggiornato un post del 2016, Trump e la “deportazione” dei clandestini, con questi esempi di titoli di notizie dall’Australia sul visto ritirato al tennista Novak Djokovic, al quale non è stato consentito l’ingresso nel paese perché non vaccinato contro il Covid, come invece previsto dalla normativa australiana. Sono in evidenza i falsi amici deport e deportation in inglese e deportare e deportazione in italiano.
Nel contesto immigrazione, in inglese* deportation indica l’espulsione di un cittadino straniero da un paese e il ritorno forzato al paese di origine in conseguenza di reati o per la mancanza o l’irregolarità di visti o altri permessi o documenti necessari per il soggiorno nel paese.
In italiano invece deportazione indica una pena detentiva che relega i condannati in colonie penali o campi di lavoro e non riguarda stranieri ma principalmente cittadini del paese stesso. È una parola connotata negativamente perché evoca i campi di concentramento e di sterminio nazisti. Chi ha tradotto deportation con deportazione ha quindi dimostrato conoscenze inadeguate sia dell’italiano che della storia.
* La legislazione australiana distingue tra deportation (reati) e removal (mancanza dei requisiti per l’ingresso e/o il soggiorno). Nella legislazione degli Stati Uniti deportation e removal sono invece equivalenti, e anche per molti media generalisti di lingua inglese i due termini appaiono intercambiabili, come si può notare nelle notizie su Djokovic.
La legislazione italiana prevede due diversi provvedimenti amministrativi: espulsione (inibizione del soggiorno irregolare nel territorio nazionale, specialmente per motivi di ordine pubblico e sicurezza) e respingimento (inibizione dell’ingresso nel territorio nazionale). Nel lessico giornalistico non sempre viene mantenuta questa distinzione: nelle notizie su Djokovic, ad esempio, si notano occorrenze sia di espulsione che di respingimento.