Se non le conoscete già, a cosa vi fanno pensare le parole lamburda e brindillo?
A me a Jabberwocky di Lewis Carrol da Through the Looking-Glass, and What Alice Found There, probabilmente la poesia nonsense più famosa della letteratura di lingua inglese. Le prime strofe:
La principale peculiarità della poesia è il numero di parole inventate ma del tutto verosimili nell’aspetto e nella pronuncia. Rispettano perfettamente la metrica del testo e la storia sembra avere significato anche se le parole sono sconosciute.
In italiano la poesia non è immediatamente riconoscibile come in inglese, anche perché non c’è un’unica traduzione ma parecchie versioni, ciascuna con strategie di traduzione diverse che privilegiano aspetti diversi del testo originale: si possono confrontare le prime strofe grazie alla voce Jabberwocky di Wikipedia, dove ne sono state raccolte dodici.
Brindillo e lamburda
Quando ho visto per la prima volta le parole brindillo e lamburda mi hanno incuriosita molto: sono buffe, hanno l’aspetto di parole di altri tempi, non si riesce a indovinarne il significato, viene voglia di pronunciarle a voce alta.
Mi hanno fatto pensare a Jabberwocky perché sono il tipo di parole che mi aspetterei di trovare in una traduzione italiana dei versi di Carroll. Brindillo e lamburda possono sembrare parole inventate per la poesia, ideate per attirare l’attenzione, e invece fanno parte della terminologia della botanica e della frutticultura.
Il brindillo è il “ramo fruttifero, sottile, flessibile, provvisto di gemme piccole, eccetto l’apicale che è una gemma a frutto”. La parola è un calco del francese brindille.
Anche lamburda è un calco, dal francese lambourde. Identifica un “rametto tipico delle Pomacee che termina con una spina (lamburda spinosa), una gemma a legno (lamburda vegetativa) o una gemma mista (lamburda fiorifera)”.
Brindillo e lamburda rappresentano concetti molto concreti ma mi piace comunque continuare a immaginarle come parole fantasiose che potrebbero raccontare una storia particolare.
Aggiornamento – Aggiungo un riferimento importante per l’italiano, segnalato nei commenti qui sotto: il libro Gnosi delle fànfole di Fosco Maraini, una raccolta di “poesie metasemantiche” composte con parole che ricorrono a meccanismi simili a quelli usati da Carroll. Apre la raccolta Il lonfo, qui recitata da Gigi Proietti:
Parole macedonia
Molte delle invenzioni lessicali in Jabberwocky sono parole macedonia, in inglese note anche come portmanteau words. È un’espressione coniata da Carroll per la poesia: la usa Humpty Dumpty per spiegare ad Alice come interpretare le parole misteriose (alcune delle quali sono poi entrate nel lessico inglese, cfr. The Frabjous Words Invented By Lewis Carroll).
Vedi anche: “portmantologist”, parola da salvare per alcune differenze nella formazione delle parole macedonia inglesi e italiane.
Illustrazioni da Le parti del melo, definizioni dal Vocabolario Zingarelli.
Marco Boccaccio:
Poi c’è il Lonfo, che non vaterca né gluisce.
Martina:
Un articolo molto carino, quasi accumuna la necessità di botanici e di molti scrittori di inventarsi parole. Molti scrittori tradizionalmente lo fanno sia per il genere -fantastico, fantascienza, fantasy, ecc., Tolkien si inventò un’intera lingua provvista di grammatica e sintassi- sia perché a molti scrittori l’apparato terminologico della lingua in cui scrivono sta spesso molto stretto. Molti di questi termini (a “snarky” comment) sono ormai talmente nel lessico comune che ce ne dimentichiamo (e Netflix si è pure appropriata di Bandersnatch).
In un precedente commento ti avevo scritto che non mi piacciono i neologismi “gratutiti” collegati all’inglese-americano e ai social media. Avevo precisato, e lo ribadisco, che non mi riferivo ai neologismi letterari, che invece sono arte e dichiarazione di maestria di uno scrittore/poeta di plasmare la lingua a suo piacimento. Per quanto riguarda la botanica, ammetto la mia ignoranza, ma vogliamo parlare di quello che hanno combinato gli ornitologi anglofoni? 😉
Morgaine:
Quando ho letto il titolo del post ho pensato alla Gnosi delle fanfole di Fosco Maraini, un libro incantevole fatto prevalentmente di parole inventate.
E questo per dire che sono sembrate inentate anche a me.
Licia:
Grazie a tutti per i riferimenti. Ho aggiunto Il lonfo di Fosco Maraini recitato da Gigi Proietti al post:
Il lonfo
Il lonfo non vaterca né gluisce
e molto raramente barigatta,
ma quando soffia il bego a bisce bisce
sdilenca un poco, e gnagio s’archipatta.
È frusco il lonfo! È pieno di lupigna
arrafferia malversa e sofolenta!
Se cionfi ti sbiduglia e t’arrupigna
se lugri ti botalla e ti criventa.
Eppure il vecchio lonfo ammargelluto
che bete e zugghia e fonca nei trombazzi
fa lègica busìa, fa gisbuto;
e quasi quasi, in segno di sberdazzi
gli affarfaresti un gniffo. Ma lui zuto
t’alloppa, ti sbernecchia; e tu l’accazzi.