Ho visto per caso questo scambio di tweet poco cortese ma rappresentativo di una forma ricorrente di comunicazione sui social nel 2020 (nomi rimossi perché irrilevanti):
Si nota innanzitutto l’offesa facile e un uso particolare del lei, che qui non è una forma di cortesia ma un modo per prendere e sottolineare le distanze. Per me però gli aspetti più interessanti sono lessicali.
Neologismi dei social
Sui social il lessico cambia molto velocemente e c’è da chiedersi quanto dureranno nell’uso alcune espressioni dello scambio, al momento molto frequenti:
➝ ok boomer, americanismo che si è diffuso prepotentemente nel 2019 per dare del “vecchio”, ma che forse comincia a essere già inflazionato;
➝ click, usato per comunicare platealmente a qualcuno che sta per essere bloccato;
➝ cringe, anglicismo che commenta negativamente comportamenti imbarazzanti.
Avranno una vita effimera o entreranno invece stabilmente nel lessico italiano e saranno registrate anche dai dizionari?
Un esempio di longevità è troll, anglicismo in uso dalla fine del secolo scorso e qui rappresentato dal diminutivo spregiativo trollino. Uno dei segni del successo di una parola è la sua produttività, che per troll è dimostrata non solo da trollino ma anche da altre combinazioni con suffissi alterativi come trollaccio, trollone, trolluccio e trollonzolo (e trollonzo). Altre forme derivate sono i sostantivi trollaio, trollismo e trollata e i verbi trolleggiare e trollare (che ha anche subito una risemantizzazione, ora l’accezione prevalente).
Come già visto in Cringissimo!!, anche cringe si sta rivelando una parola piuttosto produttiva e il suo uso potrebbe espandersi anche al di fuori dei social. Per l’eventuale conferma bisogna però aspettare qualche anno.
Per approfondire: Lingua italiana, così evolve sui social network della sociolinguista Vera Gheno
Vedi anche: Neologismi: mask shaming, no mask, mascherati… e altre parole dei social in tema mascherine.
.mau.:
venticinque anni fa su Usenet in italiano si usava PLONK al posto di click. Direi che i suoni si sono attutiti 🙂 (e direi anche che non potrei più usare plonk se non tra i miei amichetti pluridecennali)
alessandro:
A proposito di vita effimera di certe espressioni che circolano sui social, ho provato a chiedere adesso a mia figlia diciassettenne. Il campione è quindi ben poco significativo (lei e suoi amici, per lo più milanesi) ma giusto per avere un’idea: dice che loro non usano «click», non usano più «troll» («Si usava alle medie») e usano moltissimo «cringe»; usano anche «ok boomer» ma quando qualcuno vuole avere ragione a tutti i costi e allora gli si dà ragione quasi per compassione (quindi non per dare specificamente o esclusivamente del «vecchio»).
Mauro:
Plonk… me lo ero quasi dimenticato… bei tempi 🙂
Licia:
@.mau. @Mauro conoscete anche l’altro significato di plonk, oltre al verbo onomatoepico? Plonk è anche il vinaccio da quattro soldi (a quanto pare parola informale che deriva da vin blanc).
@alessandro un dettaglio interessante di queste parole è che nel loro uso sono caratterizzate da aspetti diastratici, come età (conferma da tua figlia), provenienza socioculturale e preferenze politiche, ad es. su Twitter click! o clic! è usato soprattutto da adulti con tendenze sovraniste, di destra, leghiste ecc. (molti “bandierini”). Un altro suono onomatopeico a cui ricorrono molti adulti in scambi politicizzati è sdeng, tipo “botta sui denti”. Molto più piacevole da osservare il lessico degli appassionati di k-pop, che se mi dovessero leggere molto probabilmente mi classificherebbero come una dei locals (che mi fa pensare anche all’uso di muggle, da Harry Potter, nel lessico comune informale inglese).
Giovanni:
Un linguaggio fumettistico, che a me pare sia esattamente la cifra stilistica dei social.
Federico:
OnomatoEPICO è un “typo” bellissimo! 😂