I “guardiani” e la persona dell’anno di TIME

tweet di @TIME:  “TIME Person of the Year 2018: The Guardians”

La rivista americana TIME ha annunciato che persona dell’anno 2018 sono The Guardians and the War on Truth.

Si tratta di un giornale e quattro giornalisti uccisi o incarcerati nel 2018 che per TIME rappresentano chi mette a rischio la propria vita per raccontare fatti e fare sentire la propria voce in un’epoca di manipolazione della verità.

I media italiani che finora hanno riportato la notizia hanno tradotto letteralmente guardians con guardiani [della verità], a volte tra virgolette, ma senza chiarire che la parola italiana e quella inglese non sono equivalenti!

Guardiano ≠ guardian

In italiano un guardiano è chi è addetto alla custodia e alla vigilanza di beni mobili o immobili a lui affidati, oppure alla sorveglianza di un’area specifica per impedire che si introducano estranei non autorizzati: guardiano di una villa, di un magazzino, di un faro, di bestiame, guardiano notturno ecc.

In inglese chi fa il lavoro dei guardiani italiani ha altri nomi, a seconda di dove e come opera: watchman, custodian, keeper, herdsman, caretaker ecc., ma mai guardian che quindi è un falso amico

guardian in Oxford Dictionaries: 1 A person who protects or defends something.  1.1 A person who is legally responsible for the care of someone who is unable to manage their own affairs, especially a child whose parents have died.

In inglese guardian è un nome usato soprattutto in senso figurato: è chi difende o protegge beni ideali moral guardian, guardian of traditional values, of orthodoxy, of public sensibility, of educational standards ecc. –  e in ambito giuridico è il tutore.   

Custode

In italiano la parola che ha un uso figurato simile a quello di guardian è custode: “chi provvede a difendere, a conservare, a mantenere integro un bene ideale: c. della libertà, delle patrie memorie; le vecchie famiglie c. della tradizione storica. Ricordo inoltre l’angelo custode, che in inglese si chiama guardian angel (cfr. anche guardian spirit).

Un custode protegge, preserva, tutela, salvaguardia, ha cura e si prende cura. Un guardiano invece prende in consegna, sorveglia, tiene sotto controllo, fa la guardia.

Si potrebbe quindi dire che TIME ha scelto dei custodi della verità. C’è però chi ritiene che la parola custode in senso figurato sia ormai vecchia, troppo retorica e altisonante, e perciò poco adatta al giornalismo contemporaneo.

Se custode non piace, nella descrizione della persona dell’anno si potrebbero considerare alternative meno precise ma che evocano comunque un’azione di difesa e protezione, come ad es. difensore o sostenitore, o più formalmente garante o tutore.

Traduzioni letterali

Eviterei in ogni caso di chiamare guardiani i giornalisti che rischiano la vita per il proprio lavoro: credo di avere mostrato che le connotazioni non corrispondono a quelle di guardians.

copertine di TIME

Purtroppo i media sono spesso responsabili di traduzioni superficiali che tradiscono poca familiarità con l’inglese ma anche scarsa padronanza della lingua italiana.

Se ripetuti, calchi e falsi amici si diffondono e possono entrare definitivamente nell’uso come prestiti camuffati, modificando il lessico in modo molto più subdolo dei visibilissimi anglicismi. Mi stupisce che quanti temono che la lingua italiana sia minacciata dall’inglese non si occupino mai di questo tipo di interferenza, forse perché neppure loro sanno riconoscere le traduzioni poco accurate?
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Vedi anche:  Elenco di falsi amici


In difesa del calco guardiani, più persone mi hanno citato il film Guardiani della galassia, titolo originale Guardians of the Galaxy. Non ho visto il film e non so se faccia davvero parte delle conoscenze enciclopediche della maggior parte degli italiani, quindi non saprei dire se un esempio di fantascienza possa essere rilevante in questo contesto.


Definizioni di guardiano e custode dal Vocabolario Treccani

13 commenti su “I “guardiani” e la persona dell’anno di TIME”

  1. mav:

    Pensando all’alternativa, mi viene da rilevare che “custodi della verità” potrebbe evocare anche delle persone che custodiscono la verità senza rivelarla, che invertirebbe il senso originale.

  2. Licia:

    @mav, possibile, anche se in un contesto contemporaneo e giornalistico un’interpretazione del genere mi pare poco probabile (sarebbe diverso in un contesto religioso o fantasy), d’altronde anche in inglese si può dire, ad esempio, guardian of secrets. È un’osservazione che consente di evidenziare anche un’altra differenza tra italiano e inglese: in italiano va specificato cosa si difende per segnalare che si tratta di un significato figurato (infatti nella maggior parte delle notizie a i guardiani è stato aggiunto della verità, e non sarebbe molto diverso per custodi), mentre in inglese hanno potuto dire semplicemente the Guardians – la parola stessa fa presupporre che si tratta di un ruolo “nobile”, che riguarda beni ideali.

  3. Emy:

    Perfetto, come sempre. Specie dove dici “Purtroppo i media sono spesso responsabili di traduzioni superficiali che tradiscono poca familiarità con l’inglese ma anche scarsa padronanza della lingua italiana.” Già. I media. E dire che nel loro ruolo più nobile dovrebbero essere i… watchdogs 😉 of democracy.

  4. Emy:

    Un guardiano, ovvero colui che fa la guardia, in inglese non è un guardian, ma un warden. O, se militare, una guard, come quelle che si danno il cambio a Buckingham Palace. Termini dall’origine comune, ma oggi con sfumature di significato diverse.

  5. Licia:

    @Emy, grazie per i dettagli e l’apprezzamento.

    Aggiungo che su Twitter ho segnalato il post anche a vari giornalisti. La maggior parte ha ignorato, un paio ha risposto ringraziando della precisazione, e c’è stata anche questa reazione:

    tweet di Francesco Musolino: Cerchiamo di capirci. Sul time c’è in copertina un giornalista massacrato è fatto a pezzi da un regime. E lei scrive che sull’uso figurato del termine guardiani anziché custodi. Lei ricorda la storia della trave e della pagliuzza, sì?

    @Daniela, concordo: anche paladino è una buona alternativa. Temo però che sia una parola spesso connotata ironicamente.

  6. Licia:

    @Anna, grazie, apprezzo questa alternativa perché esordendo con difensori viene data un’indicazione su come poi interpretare “guardiani”. Peccato non abbiano aggiunto anche il riferimento in inglese, in corsivo.

  7. Emy:

    La reazione ottusa e piccata del giornalista si commenta da sé: tre errori in cinque righe! 😀 A conferma di quanto hai scritto sopra: “[…] ma anche scarsa padronanza della lingua italiana”. In un sito come questo, che parla di lingue e linguaggi, la tua analisi di come è stato erroneamente reso “guardian” è del tutto in tema: tirare in ballo la pagliuzza e la trave è ridicolo e mi fa venire il nervoso. È proprio per “cercare di capirci” che vanno usate bene le parole e tradotte bene le lingue straniere. Quanta invidiabile pazienza hai, cara Licia. 🙂

  8. Emy:

    [Nota a margine, valida sempre, per tutti i tuoi post] Un’altra ragione per cui mi piace tanto questo blog è che non hai mai un tono stizzito, acido o indignato, nemmeno di fronte agli strafalcioni più beceri. Sempre calma, ragionevole, pacata, fattuale, descrittiva, talvolta perfino divertita, oltre che straordinariamente brava e competente: hai un ammirevole controllo del registro emotivo con cui scrivi ogni tuo post. È per questo che ogni visita qui, per quanto io vi trovi ottimi motivi per irritarmi, ovvero gli sfondoni di cui parli, mi lascia sempre con una buona sensazione, grazie a come scrivi. È cosa rara, di questi tempi, nel web.

  9. Flavia:

    [M]i stupisce che quanti temono che la lingua italiana sia minacciata dall’inglese non si occupino mai di questo tipo di interferenza, […]: mai, ma proprio mai, eh… per quello reagiscono male, quando glielo si fa notare con garbo ma anche con incontestabile autorevolezza.
    Per quanto riguarda il traducente di ‘Guardian’, a me sembra che ‘Custode’ – proprio per le sue connotazioni morali e spirituali – sia il termine più adatto. Con la maiuscola. 😀

  10. Antonio:

    Le persone non hanno la benché minima sensibilità linguistica. Vale per chi lavora con le parole (il commento di Musolino è agghiacciante). E vale per tanti nostri colleghi. Lo trovo sconfortante.

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