È tradizione fare l’albero di Natale l’8 dicembre e così ne approfitto per ricordare #Spelacchio è bello (e istruttivo!), dove ho descritto le caratteristiche che rendevano molto efficace il nomignolo del famigerato albero di Natale di Roma del 2017.
A distanza di un anno il modello sp…acchio è ancora molto riconoscibile e produttivo, tanto che sui social l’abete di Roma del 2018, arrivato in Piazza Venezia malconcio e con i rami tagliati, è stato subito ribattezzato Spezzacchio.
Dopo le rassicurazioni che i rami gli sarebbero stati riattaccati e sarebbe stato tirato a lustro per l’inaugurazione, gli è stato trovato il nuovo nome Speracchio (e poi anche Spernacchio).
Non mancano poi altre variazioni e spiritosaggini di ogni genere, come Rubacchio, l’albero di Natale di Napoli scomparso e poi ritrovato, o Sfumacchio, alberello di Cannabis indica.
Spauracchio
Più seriamente, trovo molto efficace la scelta dell’associazione Baobab Experience di Roma di chiamare Spauracchio il proprio albero di Natale solidale.
Un’unica parola del lessico comune riesce infatti a sintetizzare il ruolo negativo che la politica ha assegnato ai migranti – incutere paura – e contemporaneamente anche a evocare un Natale che però è connotato, com’era il nome Spelacchio: ciascuno può leggerci un proprio messaggio.
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Concludo con le stesse considerazioni di #Spelacchio è bello (e istruttivo!): i nomi fantasiosi e le variazioni in tema, anche se effimeri, ci fanno apprezzare le enormi capacità espressive dell’italiano.