Con relatività linguistica si fa riferimento all’ipotesi che la percezione del mondo in cui viviamo sia influenzata dalle strutture linguistiche usate per descriverlo.
Vengono spesso citati studi che dimostrano come le lingue che assegnano generi grammaticali agli oggetti inanimati, come il maschile e il femminile in italiano, possono condizionare la risposta emotiva nei confronti degli oggetti anche quando il genere è irrilevante, ad es. quando si parla in inglese.
Un esperimento noto è quello effettuato in un contesto di lingua inglese in cui a persone di madrelingua spagnola e tedesca venivano mostrate foto di oggetti che nelle due lingue hanno genere diverso (ad es. “chiave” è maschile in tedesco e femminile in spagnolo mentre “ponte” è femminile in tedesco e maschile in spagnolo) e veniva chiesto di indicare i primi tre aggettivi che venivano in mente per descriverli, in inglese.
Risultato dello studio: il genere dell’oggetto nella propria madrelingua determinava la scelta degli aggettivi, anche se la comunicazione avveniva in inglese, ad es. chi parlava tedesco descriveva il ponte (die Brücke, F) come beautiful, elegant, fragile, peaceful, pretty e slender, tipiche caratterizzazioni femminili, mentre chi era di madrelingua spagnola vedeva il ponte (el puente, M) come big, long, strong, dangerous e sturdy, aggettivi più mascolini.
Le categorie grammaticali della propria lingua influenzerebbero quindi la percezione di quanto ci circonda.
Tutto questo mi è venuto in mente qualche giorno fa, leggendo un articolo in inglese in cui era usata la parola bookette per descrivere libri di piccole dimensioni (“stylish bookettes”). In inglese il suffisso –ette, di derivazione francese, viene aggiunto ai sostantivi in tre modi:
- per descrivere qualcosa di dimensioni ridotte rispetto a una categoria specifica, ad es. kitchenette, laundrette e anche bookette, parola peraltro poco comune;
- per indicare un’imitazione o un surrogato, ad es. leatherette, flannelette;
- per indicare un ruolo femminile, ad es. usherette, majorette, suffragette; questa è l’unica modalità in cui viene definito il genere ma è poco usata nell’inglese contemporaneo perché sono preferite forme neutre anche per le persone.
La parola inglese bookette designa un oggetto inanimato e dovrebbe quindi essere del tutto neutra, eppure per me, parlante non di madrelingua, ha una forte connotazione femminile e mi sembra addirittura un po’ leziosa. Che la mia reazione sia influenzata dai meccanismi di alterazione mediante suffissi tipici dell’italiano?
Vedi anche: Linguaggio e percezione e Dimmi cosa parli e ti dirò chi sei (la nostra madrelingua influenza il nostro modo di pensare?).
Nuovo post con vari riferimenti sulla relatività linguistica: Falsi colori a Radio3 Scienza (con mio intervento).
.mau.:
penso di sì: anche per me il suffisso -ette ha comunque una connotazione “femminile”, e non certo per la e finale.