I cosiddetti open data sono i dati resi disponibili gratuitamente in formati aperti con una licenza che consente di riutilizzarli, modificarli e condividerli liberamente. È un concetto di cui si sente parlare molto a proposito di trasparenza degli enti pubblici.
Ho cercato la definizione di open data usata dalla pubblica amministrazione e ho scoperto parecchie incongruenze nell’uso e nel significato attribuito all’anglicismo: ogni ministero o agenzia dà spiegazioni diverse.
Il sito di riferimento per gli open data della PA è dati.gov.it, descritto come “il catalogo nazionale dei metadati relativi ai dati rilasciati in formato aperto dalle pubbliche amministrazioni italiane”, ma non c’è nessuna definizione né viene chiarito se open data e dati aperti vadano considerati nomi diversi per lo stesso concetto.
Anche la sezione Open Data dell’Agenzia per l’Italia Digitale non dà alcuna definizione. Dare per scontato che tutti conoscano già il significato di open data è un esempio di maledizione della conoscenza, fenomeno purtroppo piuttosto diffuso tra i comunicatori pubblici.
Gestione della terminologia istituzionale
Altri siti della PA invece spiegano cosa intendono con open data ma ognuno lo fa a modo proprio, spesso privilegiando caratteristiche diverse. Per il cittadino è difficile orientarsi e capire se effettivamente si tratta sempre dello stesso concetto.
Raramente i siti istituzionali mettono a disposizione glossari consultabili da qualsiasi pagina del sito (se esistono, non sono molto utili perché contengono pochissime voci) e per trovare le pagine con le definizioni / descrizioni bisogna usare motori di ricerca.
Sono convinta che la pubblica amministrazione dovrebbe invece dare più importanza alla gestione della terminologia, innanzitutto come servizio ai cittadini che così avrebbero uno strumento in più per interpretare correttamente le informazioni.
Una gestione sistematica della terminologia istituzionale renderebbe inoltre la comunicazione più efficiente e più coerente: stesso concetto, stessa definizione e stesso termine. Consentirebbe anche di individuare eventuali incongruenze e di riutilizzare le informazioni comuni a diverse istituzioni senza doverle riscrivere ogni volta.
È un argomento che ho già affrontato in Terminologia e comunicazione, dove trovate altri dettagli sull’importanza del lavoro terminologico nella comunicazione istituzionale.
Cosa sono gli open data in contesto PA? Dipende!
In questa sezione ho raccolto alcuni esempi di definizione di open data tratti da siti della pubblica amministrazione. Si possono notare incongruenze e riferimenti diversi che rendono difficile ricavare un’unica definizione, oltretutto per un concetto che è in continua evoluzione e che quindi merita molta attenzione.
Codice dell’amministrazione digitale
Il Codice dell’amministrazione digitale (CAD) è il testo normativo sull’uso dell’informatica nei rapporti tra pubblica amministrazione e cittadini. Il legislatore non usa l’anglicismo open data ma ricorre a termini italiani.
L’articolo 68 del CAD definisce il formato dei dati di tipo aperto come un formato di dati reso pubblico, documentato esaustivamente e neutro rispetto agli strumenti tecnologici necessari per la fruizione dei dati stessi.
I dati di tipo aperto sono i dati con le seguenti caratteristiche:
1) sono disponibili secondo i termini di una licenza che ne permetta l’utilizzo da parte di chiunque, anche per finalità commerciali, in formato disaggregato;
2) sono accessibili attraverso le tecnologie dell’informazione e della comunicazione […] e sono provvisti dei relativi metadati;
3) sono resi disponibili gratuitamente attraverso le tecnologie dell’informazione e della comunicazione […]
Stupisce che i siti della PA non facciano riferimento al CAD e alla sua terminologia ma preferiscano ricorrere all’anglicismo open data e a definizioni alternative, come si può vedere negli esempi che seguono.
Dipartimento della Funzione Pubblica
Nella pagina Open Data del portale Pubblica Amministrazione di Qualità si trova questa spiegazione:
L’espressione “Open Data” sta a significare dati pubblici in formato aperto, "libero" e accessibili a tutti i cittadini, oltre che facilmente riutilizzabili e scambiabili sul web, senza limitazioni di copyright, brevetti o altro.
Vengono inoltre indicati i requisiti necessari per poter parlare di dati open [sic]:
– dati completi, disponibili per il cittadino senza restrizioni dal punto di vista di copyright, brevetto ecc.
– dati primari: debbono essere raccolti alla fonte, in forme non aggregate né modificate;
– dati disponibili in rete in modo tempestivo per preservarne il valore;
– dati disponibili in formato digitale;
– dati utilizzabili dal punto di vista tecnico;
– dati leggibili al computer da chiunque e non vincolati da un particolare software per es.
– dati completi: cioè in grado di essere aggregati o viceversa disaggregati
– dati riutilizzabili e redistribuibili per qualsiasi uso
– dati sempre aggiornati
C’è anche un link al Vademecum sugli Open data che però rimanda a una pagina inesistente.
Ministero dell’Economia e delle Finanze
Il portale Opendata NoiPA dà questa spiegazione:
Con l’espressione Open data si fa riferimento alla pratica con cui i dati e le informazioni disponibili nell’ambito della Pubblica Amministrazione sono resi accessibili ai privati, consentendo il libero accesso secondo opportune licenze aperte, dunque senza restrizioni di copyright, brevetti o altre forme di controllo che ne limitino la riproduzione”.
Nel testo sulla Legislazione italiana però non si trova alcun riferimento a open data bensì a dati di tipo aperto.
Ministero dello sviluppo economico
Il link Cosa sono gli Open Data porta a una pagina che non dà una definizione ma indica che si tratta di un formato e descrive alcune finalità:
La diffusione di informazioni utilizzando formati aperti (open data) è in grado di aprire nuovi scenari e nuove opportunità:
- – maggiore trasparenza della pubblica amministrazione;
- – migliore accesso alle informazioni da parte dei cittadini;
- – realizzazione di nuovi prodotti e nuovi servizi da parte delle imprese.
Gli open data consentono infatti la rielaborazione delle informazioni e il loro utilizzo per creare servizi innovativi […]
Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali
La pagina Open DATA e Linked Open DATA: Cosa Sono e a Cosa Servono contiene una definizione e molte altre informazioni:
L’Open Data è, secondo la definizione dell’Open Knowledge Foundation, "un dato che può essere liberamente acceduto, utilizzato, modificato e condiviso da chiunque e per qualunque scopo". Si tratta quindi dell’insieme di dati e di informazioni che vengono resi disponibili dalla Pubblica Amministrazione che li ha prodotti, senza restrizioni di copyright, brevetti o altre forme di controllo che ne limitino la riproduzione. In quest’ottica i dati devono essere disponibili in un formato utile e modificabile
Segue poi l’elenco delle tipologie di dati che rientrano nel formato di esposizione Open Data, classificati in relazione alla loro capacità di essere riutilizzati.
Ministero della Salute
Dalla pagina Cosa sono gli Open Data:
Con il termine Open Data si fa riferimento ad alcuni tipi di dati (informazioni, dati numerici, ecc.) che possono essere liberamente utilizzati, riutilizzati e redistribuiti, secondo le indicazioni presenti nella licenza d’uso (Italian Open Data License v2.0).
I dati aperti sono disponibili in un formato aperto, standardizzato e leggibile da un’applicazione informatica per facilitare la loro consultazione e incentivare il loro riutilizzo anche in modo creativo e a loro volta devono essere rilasciati attraverso licenze libere che non ne impediscano la diffusione e il riutilizzo da parte di tutti i soggetti interessati.
La licenza d’uso a cui viene fatto riferimento contiene varie definizioni ma non quella di open data, termine che appare solo nel titolo ma non nel testo del documento!
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Anche il Portale Unico dei Dati della Scuola dà per scontato che tutti conoscano già il significato di open data e non dà alcuna definizione. Si trovano frasi generiche come questa:
Con gli open data il Miur valorizza il patrimonio informativo e favorisce una conoscenza profonda e autentica della scuola italiana.
Anche qui, come in altri siti, si notano incongruenze nella grafia di open data, spesso con maiuscole ingiustificate in italiano, Open Data.
OpenCoesione
OpenCoesione è il portale sull’attuazione dei progetti finanziati dalle politiche di coesione (UE) in Italia. Nella pagina Scarica gli Open data ci sono due spiegazioni diverse.
Nella colonna a destra si trovano queste informazioni:
Per open data (letteralmente "dati aperti") si intendono informazioni pubblicate in formato tale che siano:
- – accessibili (soprattutto via internet) senza limitazioni secondo l’identità o lo scopo dell’utente;
- – elaborabili da un’applicazione informatica senza che sia necessaria la disponibilità di uno specifico software;
- – accompagnati da licenze che non pongano restrizioni sull’uso e sul riuso.
Nell’area a piè di pagina c’è un testo diverso:
Per open data (“dati aperti”) si intendono informazioni accessibili online, disponibili in un linguaggio macchina utilizzabile da comuni programmi per elaboratore, associati a metadati e liberamente riutilizzabili dagli utenti.
Istat
Open data in Istat descrive gli open data come un’attività:
Con il termine open data si fa riferimento alla pratica di mettere a disposizione dati che possono essere liberamente utilizzati, riutilizzati e redistribuiti, con la sola limitazione, al massimo, del requisito di attribuzione e condivisione nello stesso modo.
[…]
Mi fermo qui ma si potrebbero fare parecchi altri esempi, tutti diversi.
Nuovo post: Open data a rischio openwashing
Vedi anche: Elenco di anglicismi istituzionali