Ormai anche chi non è esperto di informatica sa che ransomware è un tipo di software sviluppato con intento criminoso che infetta un computer impedendo l’accesso al sistema o ai suoi dati se non si paga un riscatto (ransom in inglese). Il micidiale WannaCry che ha colpito centinaia di migliaia di computer in tutto il mondo in questo maggio 2017 è l’esempio più recente.
Ransomware e malware
Nei media generalisti WannaCry viene descritto sia come ransomware che malware e anche virus ma per i lettori meno esperti forse non è del tutto chiaro che non sono sinonimi.
Malware (da malicious software) è l’iperonimo che descrive qualsiasi tipo di software o codice creato per danneggiare il computer su cui si installa, interferire con il suo funzionamento o carpire informazioni. Trojan (cavallo di Troia) e worm sono due noti tipi di malware, come anche virus, che però è diventata una parola molto generica sempre meno usata in ambiti tecnici.
Qualche altro esempio di malware:
► adware (mostra pubblicità mirate in base al comportamento dell’utente) ► spyware (spia, carpisce e trasmette informazioni)
► scareware (è attivato in reazione a messaggi di avviso ingannevoli ma verosimili che spaventano, scare)
► scamware (è una truffa, scam, che induce a pagare per software inutile e fraudolento)
► leakware (vengono carpite informazioni sensibili o segreti industriali che verranno diffusi, leaked, se non si paga)
► doxware (simile al leakware, minaccia la diffusione di informazioni private, doxing)
Altri –ware informatici, senza rischi!
In un contesto italiano gli anglicismi che terminano in –ware vengono subito associati all’informatica, grazie a software e hardware che da tempo sono parole del nostro lessico comune. Spesso il significato è intuibile anche se non si ha familiarità con il concetto che rappresentano ma si conoscono le parole inglesi con cui sono formati: freeware, webware, shareware, demoware, betaware, firmware (software residente e “fisso” in memoria), cloudware, courseware, groupware...
Qualche esempio di usi ironici: bloatware, software preinstallato che “gonfia” inutilmente il sistema riducendone le prestazioni e che è noto anche come crapware, “di merda”, vaporware, software annunciato ma che non si è mai materializzato, e un ibrido itanglese che mi diverte molto, fuffaware (che fa grandi promesse ma è completamente inutile).
Aggiungo boomerware, software per o usato da boomer.
Altri tipi di –ware in inglese
In inglese l’elemento formativo –ware non è legato solo all’informatica, anche se è l’ambito in cui ora è più produttivo. Ha un uso molto ampio ed è in continua evoluzione, come ha spiegato il lessicografo John Kelly in From ironware to doxware, ware is well-adapted to changing times (Oxford Dictionaries).
In origine solo un sostantivo con il significato di “merce, articolo in vendita”, nel XV secolo ware è stato usato nei primi composti per indicare un insieme di oggetti fatti di un materiale specifico, ad es. ironware, glassware, silverware. Nel XIX secolo si è diffuso un secondo uso, insieme di oggetti con una funzione specifica, ad es. toiletware, kitchenware, tableware. In queste accezioni è paragonabile al suffisso italiano –eria (argenteria, biancheria, bigiotteria…).
Hardware, software e altri anglicismi insostituibili
In inglese la prima attestazione di hardware, “ferramenta”, risale al 1419. Negli anni ‘40 del secolo scorso ha subito una risemantizzazione ed è stato usato per descrivere le componenti fisiche dei computer, che a quell’epoca erano macchinari enormi.
Software è nato solo alla fine degli anni ‘50, per analogia scherzosa con hardware (non c’entra software nel senso originario di merci deperibili o di tessuti, due accezioni ora scomparse). È anche un esempio dell’arbitrarietà che caratterizza molte metafore informatiche.
Su questi modelli sono formati tutti gli altri nomi di tipi di software, senza particolari restrizioni nel tipo di composizione. Se si osservano gli esempi che ho fatto sopra, si può infatti notare che la prima parte dei composti in genere è un sostantivo ma può essere anche un aggettivo o un verbo. Può anche svolgere funzioni diverse: può indicare caratteristiche del software, le sue finalità, le sue conseguenze o anche il modo in cui si diffonde.
In ambito informatico la flessibilità e l’immediata riconoscibilità di –ware lo rendono un elemento molto produttivo e difficilmente riproducibile in italiano (cfr. anche la variante grafica warez, parola gergale per il software piratato o illegale).
Per questi motivi la maggior parte dei termini in –ware possono essere considerati anglicismi insostituibili, rafforzati anche dalla presenza consolidata ormai da decenni di software nel lessico di alto uso italiano e di hardware (“arduer”) in quello comune.
Vedi anche: Netymology, parole del mondo digitale
Nuovo post: Gli autori di WannaCry sono cinesi?