Lo scorso dicembre Facebook ha annunciato che, a partire dall’inglese, le notizie ritenute non attendibili sarebbero state contrassegnate con un’icona rossa e bianca e il messaggio Disputed by 3rd Party Fact-Checkers:
È di ieri la notizia che Il sistema di verifica delle notizie false di Facebook arriverà presto anche in Italia. A quanto pare il messaggio localizzato sarà Contenuto contestato da un verificatore dei fatti indipendente, una soluzione poco elegante che già ha attirato commenti ironici.
Premetto che non uso Facebook e quindi mi esprimo da osservatrice esterna, però penso sia un esempio che si presta a varie riflessioni sulle scelte di localizzazione.
Do per scontato che un fattore chiave della localizzazione di Facebook sia la diversità degli utenti, che richiede soluzioni terminologiche e lessicali adeguate sia per chi ha un’alfabetizzazione limitata che per chi invece è abituato a leggere anche in inglese e ad affrontare testi complessi.
Fact-checking e fact–checker, anglicismi superflui
In inglese il verbo fact-check nasce nel lessico comune e tuttora identifica un concetto ampio e non specialistico. Oxford Dictionaries, ad esempio, lo definisce come investigate (an issue) in order to verify the facts.
Lo stesso meccanismo lessicale funziona anche in italiano, eppure molti si ostinano a preferire il forestierismo superfluo fact-checking, nella convinzione arbitraria, tipica dell’itanglese, che sia più preciso. Basta però confrontare checking e verifica per notare che il sostantivo italiano non solo è più specifico ma richiama anche esplicitamente vero e veridicità.
Concordo quindi con la decisone di Facebook di evitare gli anglicismi fact-checking e fact-checker, che per gli utenti italiani a digiuno di inglese sono poco significativi. Rendono inoltre meno incisivo il messaggio importante che si vuole comunicare (cfr. hate speech vs incitamento all’odio per un altro esempio).
In italiano fact-checking viene reso in vari modi: verifica dei fatti o dei contenuti, delle fonti, delle notizie, delle informazioni, dei dati… Preferisco verifica dei contenuti perché può far riferimento a tipi diversi di informazioni e di media. Verifica delle notizie mi sembra invece troppo restrittivo e scarterei verifica delle fonti perché presume che siano già indicate.
In generale credo però che la soluzione italiana destinata a prevalere, o comunque a convivere con fact-checking, sia il calco verifica dei fatti (anche se per definizione fatto è “ciò che accade nella realtà” e quindi non avrebbe bisogno di ulteriori controlli!).
Vignetta di Mike Luckovich
Verificatore di / dei fatti
I sintagmi nominali come fact checking e fact checker possono avere più interpretazioni: verifica del fatto, dei fatti e di fatti, e verificatore del fatto, dei fatti e di fatti.
Credo siamo tutti d’accordo su verifica dei fatti (tutti i fatti di una singola notizia). Per fact checker preferirei invece verificatore di fatti (è un’attività continuativa che non è limitata ai fatti specifici di una sola notizia).
L’interpretazione dei sintagmi nominali complessi però non è sempre altrettanto facile: qualche dettaglio in “noun stack” e sequenze di aggettivi e default data validation task.
Da third-party a indipendente
Nel contesto del messaggio di Facebook trovo corretta la localizzazione di third-party in indipendente perché di terze parti non risulterebbe comprensibile da tutti. Indipendente invece comunica subito un’azione o un’operazione svolta in autonomia (cfr. anche stampa indipendente, autorità indipendente ecc.).
L’aggettivo indipendente associato a verificatori di fatti, plurale, evidenzia però una potenziale ambiguità: si potrebbe infatti interpretare sia come [verificatore di fatti] [indipendenti] che erroneamente come [verificatori] di [fatti indipendenti].
Il contesto dovrebbe chiarire i dubbi e nell’esempio riportato sopra basterebbe eliminare la seconda occorrenza di indipendenti, ridondante perché è un’informazione appena fornita, e rendere così più leggibile la frase.
Disputed content vs contenuto contestato
In inglese dispute vuol dire mettere in discussione la validità o la veridicità di un’affermazione, quindi corrisponde a una delle accezioni che ha contestare in italiano.
C’è però chi potrebbe fraintendere contestare e interpretarlo come “criticare”, sia in 1 contenuto contestato che in 2 contestano questi contenuti. Per eliminare l’ambiguità si potrebbe sostituire la seconda occorrenza con mettono in dubbio.
Un’ultima osservazione: non ho trovato la frase originale inglese ma presumo che potresti sia la traduzione di you might [want to] o di una frase simile. Probabilmente chi ha tradotto l’ha fraintesa: in inglese infatti è una formula di cortesia che non fa considerazioni ipotetiche ma indica invece cosa fare.
Vignetta: thelogicofscience.com
In conclusione…
Nella localizzazione entrano in gioco molti aspetti: di interpretazione del testo, sintattici, terminologici, lessicali, aspettative sull’utente finale ecc. A volte non è possibile conciliarli tutti e si deve scegliere quali privilegiare.
In questo caso credo siano preferibili soluzioni magari poco eleganti ma immediatamente comprensibili, come verificatore di fatti indipendente, ad alternative più ambigue o ad anglicismi poco trasparenti.
In tema, vedi anche:
♦ Vi smonto il debunking
♦ Il “fatticidio” dell’era Trump
♦ Post-truth in italiano: verità, veridicità e fatti
♦ Perché fake news anche in italiano?
♦ Alt-facts, in alternativa ai fatti!
♦ “Misinformazione” anche in italiano?.
.mau.:
(attenta al refuso: «…sia il calco verifica del fatti»)
Il problema che vedo con “verifica” è proprio etimologico, con quel “vero” che spunta. Facebook ha fatto la scelta probabilmente più semplice dal punto di vista algoritmico e meno controversa: non decide cosa è vero e cosa è falso, ma segnala che qualcuno mette in dubbio quella cosa. Se pensiamo che un fatto “non è verificato” abbiamo invece implicitamente detto che è falso, almeno a prima vista.
Licia:
@.mau., quando ho scritto il post ho controllato parecchie definizioni in inglese e il verbo verify è ricorrente; nella definizione di Wikipedia c’è anche veracity: “Fact checking is the act of checking factual assertions in non-fictional text in order to determine the veracity and correctness of the factual statements in the text. This may be done either before (ante hoc) or after (post hoc) the text has been published or otherwise disseminated“. Nell’eventuale scelta tra check e verify però mi pare scontato che in inglese prevalesse check perché più corto, “anglosassone” e anche complementare a fact-finding. Sull’uso di fatto in italiano mi pare siamo d’accordo ma credo quasi impossibile evitare il calco su influenza di fact…
PS Refuso corretto, grazie!
.mau.:
però a questo punto Facebook non sta facendo fact-checking, visto che quello che verifica 🙂 è che ci sono versioni alternative sulla verità dell’affermazione…
Licia:
@.mau. infatti lo fanno fare a terze parti! Nell’interfaccia in inglese, ottenuta dal loro comunicato stampa dello scorso dicembre, si può notare che l’hanno messo in evidenza, ad es. scrivendo 3rd che attira di più l’attenzione di third.
L’uso di Facebook per me comunque è soprattutto uno spunto per rimarcare che fact checking è un anglicismo superfluo. 🙂
Carla Crivello:
A proposito di verifica dei fatti, segnalo “World map of fact-checking sites” e “Verification handbook. A definitive guide to verifying digital content for emergency coverage” , prodotto dall’European Journalism Centre e disponibile anche in italiano.
Carla
Licia:
@Carla, grazie. Aggiungo il link da cui scaricare i PDF in varie lingue: http://verificationhandbook.com/
Avevo già dato un’occhiata ed è interessante notare che in inglese non viene mai usato check ma verification (che poi si ritrova nella traduzione italiana, in particolare verifica dei contenuti).