Nelle riviste italiane dedicate alla casa proliferano gli anglicismi superflui, a volte usati a sproposito. Esempio: una pagina con oggetti color arancione intitolata Mandarin e con la descrizione “Toni d’arancio da cogliere subito, come un frutto fresco di stagione”.
Nel lessico comune inglese però mandarin non identifica alcun colore bensì una varietà di lingua cinese o un funzionario dell’antico impero cinese; indica anche la specie citrus reticulata della quale i due frutti più diffusi sono due tipi di mandarini, satsuma e tangerine.
In inglese il colore arancione intenso associato all’agrume è tangerine (e non *mandarin).
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Vedi anche: elenco di falsi amici.
Marco:
Uah! Beata ignoranza… Avrebbero fatto meglio a intitolarla Mister Mandarino 😉 https://www.youtube.com/watch?v=yRBuBhCBc0s
Stefano:
Qui ci sarebbe da fare una di quelle interessantissime distinzioni che fai tu fra differenze fra lingua parlata e linguaggio commerciale. Fatto sta che “mandarin” è usato commercialmente da qualcuno a indicare una sfumatura di arancione, ad esempio
http://www.sherwin-williams.com/homeowners/color/find-and-explore-colors/paint-colors-by-family/SW6891-mandarin/
Ovviamente, l’ambito di uso è talmente ristretto da non poter dire “non è vero, è usato eccome”; tuttavia, salva per il rotto della cuffia i signori qui sopra dall’accusa di ignoranza
Licia:
@Marco 🙂
@Stefano, in effetti è una questione di contesto, qui il target sono lettori italiani e la parola scelta dovrebbe essere generica, dal lessico comune inglese, anche perché gli oggetti rappresentati sono di tonalità diverse. Nell’esempio che fai, invece, si tratta di nomi propri di prodotti specifici, e in questi casi si cerca il nome insolito, non usato da altri e quindi distintivo, ma che allo stesso tempo risulti riconducibile a riferimenti riconoscibili (tipi di frutta, oppure colore standard + aggettivo): le altre sfumature di arancione nella stessa linea di prodotti sono Navel, Knockout Orange, Stirring Orange, Osage Orange, Pizazz Peach…