Microsoft ha annunciato di aver sviluppato nuovo tipo di processore quantistico, Majorana 1, che ricorre a un particolare tipo di materiale denominato topological superconductor o più brevemente topoconductor.
immagine: quantum.microsoft.com
Nelle notizie in italiano viene usato il calco topoconduttore, coerente con altri termini del tipo x-conduttore come ad es. semiconduttore, superconduttore, quasiconduttore, fotoconduttore.
Non so quasi nulla di computer quantistici e inevitabilmente topoconduttore mi ha fatto pensare a tutt’altro: un famigerato test di traduzione di fine secolo scorso, rimasto leggendario nel mio ambito, in cui un sedicente ingegnere aveva tradotto mouse driver con conduttore del topo.
Mouse vs topo
Chissà cosa aveva spinto l’autore della traduzione ad usare topo per un dispositivo già comunemente in uso in Italia con il nome di mouse. Forse era stato influenzato da un testo che circolava negli anni ‘90: le presunte istruzioni di IBM per la pulizia e la sostituzione delle palle del topo (per i più giovani: non esistevano ancora i mouse ottici, il movimento del cursore era guidato da una sfera in un apposito alloggiamento). Due frasi di esempio:
Se il vostro topo ha difficolta’ a funzionare correttamente, o funziona a scatti, e’ possibile che esso abbia bisogno di una palla di ricambio.
A causa della delicata natura della procedura di sostituzione delle palle, e’ sempre consigliabile che essa sia eseguita da personale esperto.
Era però un bufala: opera di buontemponi sia il testo originale inglese che la traduzione italiana (se n’era occupato persino Umberto Eco!).
In alternativa, forse l’autore della traduzione conduttore del topo apparteneva alla schiera dei “difensori” della lingua italiana minacciata da interferenze esterne, contrari a qualsiasi anglicismo, anche se già in uso da tempo e comprensibile dalla stragrande maggioranza dei parlanti. E mouse è sempre stato uno degli esempi preferiti di chi detesta tutti i prestiti, senza distinzioni, e vorrebbe che il dispositivo fosse stato chiamato topo, come in altre lingue che hanno risemantizzato il nome dell’animale.
Posso capire eventuali perplessità iniziali, ma per me è sorprendente che tuttora ci sia chi si rammarica per mouse, parola entrata nel lessico italiano negli anni ’70. Mi pare innegabile che aspetti diacronici, frequenza d’uso, distribuzione, riconoscibilità e valore monosemico rendono mouse un anglicismo insostituibile. Insistere che topo sarebbe stata la scelta migliore temo dimostri conoscenze inadeguate sia linguistiche che informatiche.
Significa infatti ignorare che ogni parola non è un’entità a sé stante, isolata, da analizzare asetticamente senza considerare ambiti e contesti d’uso, parole correlate ed eventuali aspetti sociolinguistici e pragmatici. Sono considerazioni ancora più rilevanti quando si denomina un concetto nato in un’altra lingua: nella formazione secondaria dei termini non sempre la traduzione letterale è la soluzione più adeguata, soprattutto nel caso di metafore connotate culturalmente, analogie imperfette e arbitrarietà denominativa. In inglese mouse ne è un esempio tipico: inizialmente era un nomignolo provvisorio e non si pensava si affermasse, cfr. Indicatore di posizione murino… o mouse.
Come già osservato, non è un caso che in italiano l’anglicismo mouse si sia imposto sul calco di traduzione topo: era del tutto coerente con la tendenza prevalente in ambito informatico in quegli anni di non recepire metafore che in inglese erano riconducibili a esseri viventi, e di preferire il prestito a soluzioni alternative, cfr. Metafore e terminologia informatica. Solo in seguito, con la diffusione dei PC, il termine mouse è entrato anche nel lessico comune, e in questi casi è improbabile che venga ridenominato un termine distintivo, breve e facilmente memorizzabile che è già radicato in ambito specialistico, anche se fossero proponibili soluzioni alternative potenzialmente più adeguate.
In conclusione: se si discute di anglicismi, meglio optare per esempi più recenti, più calzanti e meglio informati di mouse vs topo!
Il segno della fisica italiana
Tornando alla notizia iniziale, il nome del processore quantistico, Majorana 1, rimanda al fisico italiano Ettore Majorana, che aveva teorizzato l’esistenza di quasiparticelle poi denominate fermioni di Majorana, caratterizzate da proprietà uniche che i ricercatori di Microsoft sarebbero stati in grado di sfruttare innovativamente per il topoconduttore.
Un altro eponimo è majorone, e nella terminologia della fisica delle particelle ci sono altri rimandi a fisici italiani: alcuni esempi in Dalle zeppole ai magnoni e alle sparticelle.
Un’ultima divagazione: in Salto quantico, determinologizzato ho descritto un esempio di metafora arbitraria inglese che poi è stata adottata pedissequamente anche in italiano.
Cesare G. Rossi
Licia,
quello che mi ha sempre fatto sorridere è che in altre lingue non solo “mouse” viene pedissequamente tradotto: ad esempio in francese la parola “computer” viene tradotta in “ordinateur”, “software” in “le logiciel”, “e-mail” “le courriel”. Anche lo spagnolo non delude 🙂 “el raton” al posto di “mouse”
Licia:
@Cesare “pedissequamente tradotto” però lo direi solo dei calchi di traduzione che riproducono il modello inglese ma non sono congruenti con il sistema concettuale nella lingua di arrivo, come ad es. le accezioni informatiche di libreria (library) e di salvare (save). Di certo non è il caso di molti termini francesi tra cui logiciel (software), che nasce da logique + –iel per analogia e in opposizione a matériel informatique (hardware), una soluzione ad hoc che evita la traduzione e stabilisce invece un’equivalenza ➝ i termini non si traducono!
Va inoltre considerato che nella formazione secondaria dei termini non esiste un’unica soluzione, valida per tutte le lingue: in ciascuna lingua esistono strategie diverse, condizionate da aspetti linguistici ed extralinguistici (come la tendenza italiana a non recepire metafore legate a esseri viventi illustrata nel post, inesistente in altre lingue / culture che invece potrebbero rifiutare altri tipi di metafore). Un esempio ormai molto vecchio ma credo tuttora utile perché illustra approcci diversi per parecchie lingue: Windows 8: da charm ad accesso.
Infine, una nota su ratón in spagnolo, che riproduco da qui con dati di una decina di anni fa, perché smentisce la convinzione diffusa che solo l’italiano, di tutte le lingue romanze, abbia optato per il prestito mouse:
Se si considera il numero dei parlanti si può facilmente dimostrare che nelle lingue neolatine prevale il prestito mouse. Dei circa 480 milioni di parlanti nativi di spagnolo, solo i 47 milioni che vivono in Spagna usano ratón, mentre in tutti i paesi dell’America latina si dice mouse (prestito facilitato dall’enorme riconoscibilità del nome Mickey Mouse, non tradotto in spagnolo). Nella varietà di portoghese parlata in Brasile (circa 200 milioni di persone) si dice mouse, mentre è rato in Portogallo (circa 10 milioni di portoghesi). Se si includono i 60 milioni di italofoni, si può affermare che il prestito mouse è usato nelle lingue romanze parlate da circa 700 milioni di persone.