Da un articolo sul regista americano David Lynch:
Chi legge probabilmente si domanderà di quale muro si tratta (casa propria, strada, o altro) e chi ha prodotto la scritta, però non viene specificato null’altro.
È un esempio di traduzione imprecisa in cui non è stata prestata sufficiente attenzione al testo originale inglese, dove il dettaglio significativo è l’articolo usato:
In inglese the writing indica che è la scritta, quindi un riferimento specifico e già noto anche al destinatario. L’uso dell’articolo determinativo avrebbe dovuto segnalare a chi ha tradotto che, in mancanza di altri elementi identificativi, non poteva trattarsi di un oggetto particolare ma di una metafora e quindi di un’espressione figurata.
La sequenza di parole the writing on the wall ha il senso di segno premonitore, di presagio infausto o di avvertimento di pericolo imminente che però risulta comprensibile solo se si sa interpretare correttamente.
È un riferimento biblico a una vicenda in Daniele 5 che narra del re Baldassàr che morirà dopo aver visto una misteriosa scritta il cui significato gli viene decifrato dal profeta Daniele:
…apparvero le dita di una mano d’uomo, che si misero a scrivere sull’intonaco della parete del palazzo reale, di fronte al candelabro, e il re vide il palmo di quella mano che scriveva…
Rembrandt, Belshazzar’s Feast (National Gallery, Londra) – Immagine: Wikimedia
In inglese l’espressione the writing on the wall è compresa correttamente dai parlanti che sanno che la scritta non è reale ma metaforica, e come va intesa, anche se probabilmente non tutti conoscono i dettagli dell’episodio biblico. In italiano manca invece un riferimento altrettanto riconoscibile.
Fraseologia di origine biblica
Inglese e italiano hanno in comune vari modi di dire ed espressioni riconducibili ad episodi della Bibbia, come ad es. nothing new under the sun (nulla di nuovo sotto il sole), scapegoat (capro espiatorio), wash one’s hands of (lavarsene le mani), cast the first stone (scagliare la prima pietra) e molti altri.
In ciascuna lingua però vengono usate anche espressioni di origine biblica che sono assenti nell’altra perché non sono mai state recepite, lo erano ma sono cadute in disuso oppure esistono ma non sono usate altrettanto comunemente*, ad es. bite the dust nel senso di morire, anche figurato, ha un equivalente letterario in mordere la polvere che però è specifico di chi muore sul campo di battaglia. In altri casi si ricorre a modi di dire diversi, ad es. in inglese si dice a leopard cannot change his spots (Geremia 13:23) mentre in italiano usiamo il lupo perde il pelo ma non il vizio (origine latina).
Alcune espressioni bibliche inglesi inesistenti in italiano sono comunque immediatamente riconoscibili come frasi idiomatiche perché ricorrono ad associazioni per noi inusuali, come ad es. quella tra pelle e denti in by the skin of one’s teeth (Giobbe 19:20) che esprime l’idea di “per un pelo”, “per un soffio”, “per il rotto della cuffia”.
Altri casi invece sono meno ovvi, come ad esempio go the extra mile, che rimanda a Matteo 5:41 e che equivale a “fare un ultimo / ulteriore sforzo”, oppure ad “andare oltre”. Nei media però mi è capitato più volte di vedere traduzioni letterali come ad es. in questa deriva collettiva il sistema britannico ha percorso qualche miglio in più.
In “Undicesima ora” ho descritto at / in the eleventh hour, che equivale a “in extremis”, “allo scadere del tempo”, “all’ultimo momento”. La traduzione letterale non ha molto senso ma ci cascano molti traduttori improvvisati, come nell’esempio visto poco prima delle elezioni presidenziali americane: Per il Wall Street Journal l’incognita è lo slittamento di voti da parte degli indecisi all’undicesima ora.
Per altri esempi si possono consultare le numerose raccolte di espressioni di origine biblica usate in inglese che consentono di vedere quali esistono anche in italiano e quali invece no, ad es. 50 Biblical Phrases, Idioms, & Metaphors e [122] English phrases and sayings that derive from the Bible.
* Vedi anche: Sockmageddon!, dove ho descritto l’elemento formativo con funzione suffissale -[ma]geddon, usato informalmente per creare parole che identificano in modo iperbolico situazioni estreme e potenzialmente catastrofiche. È un “libfix” che deriva dal nome biblico Armageddon (Apocalisse 16:16), che in inglese da tempo è usato nel senso figurato di conflitto o evento disastroso e distruttivo, apocalittico.
Grazie a Valentina M. per lo spunto per questo post.