La tagline è una breve frase che ha la funzione di riassumere in modo istantaneo, breve e incisivo la vocazione di una marca, di un prodotto o di un’azienda. Dopo aver cambiato il nome di Twitter in 𝕏, Elon Musk ha rivelato anche la nuova tagline:
Appare a chi scarica l’app dagli store: non è più il trasparentissimo Let’s Talk di Twitter ma un ambiguo Blaze your glory! È una scelta che suscita molte perplessità tra gli anglofoni, che si domandano cosa significhi esattamente e cosa voglia comunicare.
È una tagline inadeguata perché non svolge la sua funzione, ed è anche una conferma che nelle scelte di Musk non viene prestata nessuna attenzione al mercato globale: parole poco comprensibili per i madrelingua hanno ancora meno senso per chi non padroneggia l’inglese. Non stupisce che nei media italiani si trovino traduzioni inverosimili come questa:
Il verbo inglese blaze è di bassa frequenza – inadatto quindi a comunicazioni globali perché poco riconoscibile – e ha varie accezioni. Nel senso prevalente di ardere o di bruciare, oppure di splendere, è un verbo intransitivo. È dettaglio grammaticale rilevante ma a quanto pare sfuggito a chi ha prodotto l’improbabile traduzione fiammeggia la tua gloria (anche fiammeggiare è intransitivo; se transitivo ha un’accezione gastronomica che significa tutt’altro!).
Nell’uso transitivo il verbo inglese blaze ha due accezioni principali:
- tracciare un sentiero, soprattutto metaforicamente nelle collocazioni blaze a trail • a way • a path che hanno il significato di aprire una nuova via, indicare una nuova direzione, precorrere i tempi scoprendo o sviluppando qualcosa che altri poi seguiranno;
- proclamare, propalare, diffondere pubblicamente notizie o altre informazioni e farle diventare note a tutti.
Il ricorso a glory come complemento oggetto appare però inusuale per entrambe le accezioni.
La frase Blaze your glory! potrebbe invece essere un esempio particolare di mixed metaphor, la combinazione incongruente di espressioni idiomatiche diverse. Richiama infatti la locuzione blaze of glory, che identifica un’azione che riceve molta attenzione e apprezzamento e riconoscimento pubblico. Si usa in particolare nel modo di dire go out (o down) in a blaze of glory, che indica qualcosa di eclatante che si fa a fine carriera o prima di morire e che rende famosi, un’ultima fiammata paragonabile al nostro andarsene col botto. Nelle mani di Musk quella di Twitter è invece una fine ingloriosa!
Senza spiegazioni ufficiali non è però possibile stabilire cosa significhi esattamente Blaze your glory! e tantomeno se contenga anche potenziali riferimenti velati a espressioni gergali del mondo delle criptovalute, all’uso di marjuana, a una canzone di Jon Bon Jovi, oppure allusioni sessuali in associazione al senso “spinto” della X, o altro ancora, come è stato ipotizzato da anglofoni che hanno cercato di dare un senso alla nuova tagline.
L’unica certezza è che la comunicazione sul rebranding di Twitter in 𝕏 appare estremamente improvvisata e per nulla attenta ai milioni di utenti che non hanno conoscenze di inglese avanzate (o a chi dovrà eventualmente localizzare la tagline): è altamente improbabile che siano state fatte valutazioni di globalizzazione.
Aggiornamento – Gli aspetti linguistici sono stati analizzati dall’esperta di branding americana Nancy Friedman in Going to Blazes:
“Blaze your glory!” is a bad, weird, unnatural tagline. It sounds as though it was created by artificial intelligence, or by a person who’d never spoken or read English. Or by a CEO with a grandeur complex.” […]
Vedi anche:
- Giochi di parole incompresi: Let that sink in! per un altro esempio di traduzioni inadeguate di parole di Elon Musk
- Chime for change, efficace anche in E2? per un altro esempio di messaggi in inglese con parole a bassa riconoscibilità, inadatte a una comunicazione internazionale
Elisa:
Il mio primo pensiero è stato: ma guarda ‘sto furbacchione di Musk che plagia la famosa canzone di uno dei miei artisti preferiti.
Il secondo pensiero è stato: ma chi mai si ricorderà di quella canzone e se accorgerà.
Federica:
Davvero interessante, Licia. Grazie per questo post! 🙂
Vincenzo:
Fuori tema, ma non troppo: a proposito dell’uso che si fa a sproposito dei termini inglesi (questa volta da parte dei NON anglofoni) negli ultimi anni, specialmente nel gergo aziendale si fa un uso smodato della parola “pipeline”, che letteralmente significa tubo o conduttura. Il significato che le si vuol dare è quello di linea di progetti da perseguire, attività da compiere in un prossimo futuro secondo determinati piani. Gradirei se l’autrice di questo validissimo blog (che seguo da anni, anche se è la prima volta che commento) dedicasse un articolo a questo argomento.
Grazie per l’attenzione.
Licia:
Grazie per gli apprezzamenti, mi fanno molto piacere.
@Vincenzo, su pipeline purtroppo al momento non ho esperienza diretta di linguaggio aziendale e per potermi esprimere mi servirebbe osservare esempi d’uso specifici, anche per capire se si tratta di una reinterpretazione “italiana” del sostantivo pipeline fatto derivare impropriamente dall’espressione idiomatica inglese in the pipeline, che di un progetto o altra attività significa “in cantiere”, e cioè che è stata avviato o che è in preparazione (quando non c’era ancora l’itanglese si sarebbe detto in fieri).
Vincenzo:
Proprio così: nella azienda presso la quale lavoro (ma l’utilizzo è generalizzato ormai in tutti gli ambienti aziendali) si utilizza il termine (come altri: impropriamente e parzialmente storpiando l’espressione proveniente dalla lingua madre) per indicare, in alternativa:
– o uno stato di avanzamento di un singolo progetto o processo (ad esempio: “domani facciamo una riunione sulle pipeline del progetto X o della operazione Y” – il pipeline meeting … -);
– oppure per indicare tutta una serie di attività contemporaneamente intraprese, ciascuna con percentuali di completamento diverse o probabilità di realizzazione differenti (in questo secondo caso se si tratta di attività di affari – deals…- il cui buon esito dipende dalla volontà di almeno due parti contrattuali e spesso da molti fattori esogeni).
Dunque un complesso di attività alquanto eterogenee, accomunate però dalla circostanza di essere “in itinere” e dal fatto che si fa riferimento ad esse per verificarne/controllarne (monitorare, utilizzando un orrido anglismo da tempo di moda…) lo stato di completamento e/o le probabilità di concretizzazione; il tutto con riferimento a criteri di aggregazione definiti,che possono essere – ad esempio- il portafoglio commerciale (clienti assegnati in gestione) di un singolo responsabile di vendita oppure il complesso delle controparti commerciali di un’intera area territoriale.
Questo viene fatto nelle cosiddette analisi effettuate per aggregazione di gruppi omogenei (cluster, altra parola inglese oramai entrata nel gergo aziendalistico).
Alcuni esempi:
“Entro il giorno x ogni Responsabile di Vendita dovrà preparare il proprio “report” al Capo Area sulla pipeline del suo portafoglio”.
“Domani si farà una riunione sulla pipeline update”.
Ringrazio se l’Autrice , partendo da questi spunti pratici, vorrà sviluppare il tema.
LaGuNa:
>sfuggito ha chi ha prodotto
sfuggito *a chi ha prodotto
P.S. Grazie per tutti i tuoi articoli, molto interessanti!
Licia:
ooops, corretto, grazie. Chissà come ha fatto a sfuggirmi un errore del genere! 😳