A Milano si potrà “ispirare la propria mentee”

Dalla descrizione del progetto Mentorship Milano rivolto a giovani donne dai 16 ai 25 anni:

Testo: l’obiettivo che il Comune di Milano punta a raggiungere con l’iniziativa di mentoring al femminile è quello di supportare l’empowerment delle giovani donne, assegnando loro una figura senior che, nella veste di mentor possa ispirare la propria mentee, incoraggiarne l’ambizione e la leadership, supportarla nella valorizzazione delle proprie inclinazioni e attitudini.

Gli unici requisiti per partecipare al progetto sono l’età ed essere residenti o domiciliate nel Comune di Milano per studio e/o lavoro. Non sono richieste competenze specifiche di alcun tipo, quindi è un pubblico di riferimento molto ampio.

Eppure chi ha definito il progetto pare dia per scontato che le parole chiave mentoring, mentor e mentee e altri anglicismi e calchi tipici del lessico aziendale facciano già parte del vocabolario di tutte le potenziali partecipanti, e quindi non ne viene data alcuna spiegazione.

Mentoring, mentor…

Gli anglicismi mentor e mentoring sono in uso dalla fine del secolo scorso e sono registrati dai vocabolari di italiano più aggiornati, quindi potrebbero risultare sufficientemente familiari: indicano la persona esperta e l’attività di formazione che svolge affiancando una persona che invece è agli inizi del proprio percorso professionale o di studio.

Mentor e mentoring fanno parte della categoria di parole che chiamo “anglicismi doppioni”: sono i prestiti inglesi di origine latina a cui si ricorre per denominare un nuovo concetto invece di risemantizzare la parola italiana equivalente o di ottenerne una nuova per derivazione, in questo caso mentore e mentorato (in inglese cfr. anche il concetto astratto mentorship).

…e mentee

Due esempi d’uso di mentee dalle finalità del progetto:

Testo: 	fornire un servizio di mentoring ad un numero il più possibile significativo di mentee 

Al momento nessun dizionario di italiano registra l’anglicismo mentee, ancora poco diffuso al di fuori di ambiti settoriali.

Nel contesto che ho riportato se ne può intuire il significato ma ritengo sia comunque un termine problematico, e non solo perché è confondibile con parole italiane: il sostantivo mente nello scritto e il passato remoto mentì nell’orale, se viene rispettata la pronuncia originale inglese /ˌmenˈtiː/.

Per chi non ha conoscenze sufficienti di inglese il suffisso –ee potrebbe risultare poco significativo. In contrapposizione al suffisso –er che identifica la persona che compie un’azione, –ee indica la persona su cui ha effetto l’azione, e sottintende che l’azione è continuativa. Esempi:
interview interviewer interviewee
employ employer employee
train trainer trainee
Sono davvero informazioni note a tutti?

Il ricorso agli anglicismi è la scorciatoia che consente di usare due sole parole, mentor e mentee, per definire una relazione tra chi guida e chi viene guidato. Se proprio non si riesce a trovare una soluzione italiana alternativa, perlomeno però bisognerebbe fornire una definizione dei concetti rappresentati dagli anglicismi, imprescindibile un progetto che si propone di formare e far crescere persone trasmettendo conoscenze e competenze che non hanno ancora!

Maledizione della conoscenza

Usare parole come mentee senza alcuna spiegazione è un tipico esempio di maledizione della conoscenza, la difficoltà di immaginare che gli altri non sappiano ciò che chi presenta un argomento conosce bene. In un testo, manifestazioni tipiche sono informazioni e riferimenti dati per scontati, l’uso di astrazioni familiari e abituali per chi scrive ma non per i lettori meno esperti, e gergo, abbreviazioni, acronimi e terminologia da addetti ai lavori, senza definizioni o spiegazioni.

Esempio: una frase come attori chiave sul tema della parità di genere potrebbe risultare ambigua se non si riconosce il calco dell’inglese actor nell’accezione recente di “chi ha un ruolo attivo in un particolare processo”.

Aziendalese e burocratese

L’impressione che si ricava dal progetto è che nella stesura del testo sia stata fatta poca attenzione al pubblico molto ampio a cui è destinato. In aggiunta ad anglicismi e aziendalese si nota infatti anche parecchio burocratese, un linguaggio con cui le ragazze più giovani probabilmente non hanno molta familiarità. Esempio di oggetto di email (!):

Testo: Alla domanda di partecipazione dovrà essere, inoltre, allegata copia fotostatica leggibile di un documento di identità in corso di validità. L’oggetto dell’e-mail dovrà riportare la dicitura: “AVVISO PUBBLICO PER L’ACQUISIZIONE DI MANIFESTAZIONE DI INTERESSE DA PARTE DI SOGGETTI CHE INTENDONO PARTECIPARE IN QUALITÀ DI MENTEE ALL’INIZIATIVA DI MENTORING AL FEMMINILE PROMOSSA DAL COMUNE DI MILANO”.

Forse per la stesura dei prossimi progetti potrebbe tornare utile il mentorato di qualche esperta di comunicazione…


Vedi anche:

TRAINEESHIP prende a calci l’italiano con considerazioni su anglicismi aziendali (kick off meeting, on the job, coaching…) usati senza spiegazione dal Ministero dell’Istruzione;  

Refugee e rifugiato: il lessico della migrazione per alcune differenze “morfologiche” che non rendono del tutto equivalenti le parole refugee in inglese e rifugiato in italiano.


6 commenti su “A Milano si potrà “ispirare la propria mentee””

  1. John Dunn:

    Non è che la parola ‘mentee’ sia molto diffusa in inglese, e tutti i (pochi) esempi nell’OED provengono dall’inglese americano. Come indicato da Chambers Dictionary, ‘mentee’ è formata scorrettamente, perché Mentor è all’origine un nome proprio e quindi le ultime due lettere non indicano una persona che compie un’azione.

  2. Licia:

    @John e ci sarebbe anche la coppia tutortutee, presumo anche questa una creazione americana (o perlomeno ho l’impressione che il suffisso -ee sia più produttivo nell’inglese americano che in quello britannico, d’altronde molto aziendalese arriva proprio dagli Stati Uniti).

  3. Watkin:

    A me già “supportare” per “sostenere” pare un calco dall’inglese… figuriamoci il resto

  4. John Dunn:

    @Licia.

    La parola ‘tutee’ viene usata anche nell’inglese britannico, forse perché non è facile trovare un’alternativa. In generale il suffisso -ee è problematico: sono degli esempi dove non indica la persona su cui ha effetto un’azione: attendee, standee (molto invisi al puristi).

  5. Licia:

    @John, grazie per i dettagli. In un altro post ero stata più specifica e avevo aggiunto che –ee può indicare non solo chi subisce l’azione ma anche chi la compie, con gli esempi di referee ed absentee. Qui non ho aggiunto il riferimento perché mi interessavano in modo specifico le coppie di nomi con la contrapposizione –er  vs –ee.

  6. John Dunn:

    @Licia, grazie per la tua risposta, però su referee non sono d’accordo. A referee is ‘a person to whom any matter or question in dispute is referred for decision’ (la prima definizione dell’OED). Quindi non compie, ma subisce l’azione.

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