Non parlo francese ma non è necessario per capire lo stratagemma linguistico usato in una campagna di sensibilizzazione dell’amministrazione municipale del 10e arrondissement di Parigi che invita i cittadini a essere più rispettosi e non abbandonare rifiuti, non fare rumore e non urinare per strada.
Fonte: Une campagne de sensibilisation; nella fascia blu scuro in fondo a ogni immagine è riportata la “traduzione” en bon français!
Sicuramente è una scelta fatta per attirare l’attenzione e fare discutere, e infatti non sono mancate le reazioni orripilate al contrasto irriverente tra opere d’arte tradizionali e il mix particolare di francese e inglese (franglais).
Si può notare che le parole usate non sono i tipici anglicismi, in preponderanza sostantivi, che entrano nell’uso per riprodurre modelli culturali anglofoni o nuovi concetti. Si tratta invece di parole del lessico di base inglese con scarso contenuto semantico (when, under, on the floor, tomorrow morning, because…) che si presume siano familiari dall’apprendimento scolastico.
È una scelta che riflette anche una peculiarità degli anglicismi del francese: in aggiunta a parole di classi aperte in continua espansione, come i sostantivi, vengono acquisite anche parole di classi chiuse come pronomi, articoli, congiunzioni e preposizioni.
Il libro Remade in France: Anglicisms in the Lexicon and Morphology of French di Valérie Saugera fa vari esempi tratti da un corpus del giornale Libération, tra cui because, himself / herself (ad es. l’empereur Napoléon III himself), the enfatico (ad es. oui, the Marianne James), so + aggettivo (ad es. so chic), parole con funzione di preposizione come starring, including, featuring in contesti di intrattenimento. Altri esempi: uso di avverbi generici come now e anglicismi frasali come c’est so + anno (ad es. c’est so 2019), and so on, as we know, isn’it (ad es. ludique, isn’t it?) e molti altri.
In italiano invece questo fenomeno al momento è ancora limitato, a parte alcune eccezioni molto comuni come le preposizioni over e under, ed è riscontrabile per lo più in gerghi giovanili usati sui social e in alcuni usi peculiari di itanglese.
Franglais istituzionale!
I manifesti in franglais colpiscono anche perché si tratta di una campagna istituzionale. Contrasta con l’idea che circola in Italia, ripresa regolarmente dai media, che in Francia l’uso degli anglicismi sia regolamentato. Alcuni esempi di titoli recenti:
In queste notizie viene citata spesso la Legge Toubon che dal 1994 rende obbligatorio l’uso della lingua francese nelle pubblicazioni governative, nelle pubblicità, nei luoghi di lavoro, nei contratti e nelle contrattazioni commerciali, nelle scuole finanziate dallo stato e in altre circostanze (ma non riguarda le comunicazioni private e non commerciali).
Non significa però che sia proibito qualsiasi anglicismo, ma che a eventuali usi dell’inglese, ad es. nelle pubblicità, deve essere affiancata anche la traduzione francese (cfr. la fascia blu dei manifesti). Negli esempi dei videogiochi, solo i dipendenti statali dovranno usare la terminologia francese selezionata da apposita commissione, tutti gli altri potranno tranquillamente continuare a usare gli anglicismi.
In conclusione: sull’interferenza dell’inglese l’erba dei vicini francesi non è affatto più verde, come invece vorrebbero farci credere alcuni agguerriti difensori della lingua italiana che auspicano provvedimenti legislativi simili a quelli francesi per contrastare la minaccia degli anglicismi. A loro auguro in ogni caso di non incrociare mai la campagna di sensibilizzazione parigina, altrimenti rischiano una crisi cardiaca!
Ho aggiunto questi esempi a Davvero fra 80 anni non si parlerà più italiano?, dove ho espresso perplessità sulla possibilità di regolamentare la lingua (con altri riferimenti alla legge Toubon).
Aggiornamento giugno 2023 – Nuovo esempio, meccanismo simile:
Il linguista Fabio Montermini, che vive in Francia, ha poi aggiunto: “Da notare, in questo caso, come la legge che impone di tradurre i testi in lingua straniera sia usata creativamente per trasmettere il messaggio commerciale”.
John Dunn:
Un franglais di questo tipo è stato ‘inventato’ dallo scrittore e umorista Miles Kington (1941-2008). Tra 1979 e 1986 ha pubblicato cinque libri di franglais (p.es. Let’s parler franglais).
Emy:
Cara Licia,
se questo fosse un post di Facebook ci metterei un cuore. Che a volte vale più di mille parole. Tu non sei su Fb (alas), io non sono su Twitter (ma a volte ti leggo), ma diciamo le stesse cose, e alle stesse persone.
Tu sais what I mean.
Emy
Sergio:
Lingua di plastica?
Mi ricorda la canzone “Ça Plane pour Moi” di Plastic Betrand col potenziale falso amico “divan” in “I am the king of the divan” e “It’s not today que le ciel me tombera sur la tête”. 🙂