Per distrarsi dall’attualità vi propongo il cuoco svedese dei Muppet in un video che va guardato con i sottotitoli attivati:
Contesto per chi non conosce il personaggio: il cuoco svedese (Swedish Chef) si esprime con parole incomprensibili (in inglese gibberish) inframmezzate da qualche parola inglese del lessico di base, il tutto pronunciato con un accento pseudosvedese.
Grammelot
È una caratterizzazione linguistica che fa pensare al grammelot, “un linguaggio scenico che non si fonda sull’articolazione in parole, ma riproduce alcune proprietà del sistema fonetico di una determinata lingua o varietà, come l’intonazione, il ritmo, le sonorità, le cadenze, la presenza di particolari foni, e le ricompone in un flusso continuo, che assomiglia a un discorso e invece consiste in una rapida e arbitraria sequenza di suoni” (cfr. Enciclopedia dell’Italiano Treccani per altri dettagli).
Viene in mente anche il linguaggio dei Minion, un mix di onomatopee e di parole di varie lingue che risulta efficace perché il significato non è trasmesso dalle parole (semantica) ma dal contesto e dal modo in cui sono pronunciate (pragmatica). Dettagli in I Minion parlano minionese.
Röck döts!
Nel video i sottotitoli sono una parodia dell’accento del cuoco, che viene rappresentato graficamente aggiungendo doppie e segni diacritici di ogni genere (non solo dello svedese!) su quasi tutte le parole, anche quelle inglesi come making, popcorn, fling, pot, covering, boiling, shrimp, ecc. All’effetto comico contribuisce anche la quantità esagerata di accenti e altri segni grafici. Esempio:
În flinggen înne dé pöøt, înne dé gê pöøt, dårnå cøøvêrin dêé shrîmpéé veerdå bøïllïnn! Bøïllïnn ån bürndê dê shrîmpéé. Füür måkkïn dê pöpcørn!
In inglese i diacritici usati in maniera creativa si chiamano heavy metal umlauts o röck döts perché erano apparsi nel nome di alcuni gruppi rock a partire dagli anni ‘70. Negli Stati Uniti ora vengono usati anche nel marketing di prodotti alimentari per rendere il nome più esotico e conferire prestigio: li ho descritti con vari esempi in GRÄNDE, formaggio heavy metal!
Diacritici in fumetti e vignette
L’espediente di rappresentare altre lingue ricorrendo ai suoi diacritici ci è familiare dai fumetti, dove è usato con effetto comico stereotipato facilmente riconoscibile.
Si ritrova in un altro esempio “scandinavo”, il dialogo del capo vichingo Øbsen e dei suoi sottoposti di alcune storie di Asterix. È ottenuto sostituendo nel testo originale francese e nella traduzione italiana le vocali A e O con Å e Ø:
(via Astérix et les Chefs !, da uno spunto di @FabioLinguist)
Un esempio estremo di diacritici usati per esprimere “stranieritudine” si può vedere in questa vignetta di Itchy Feet intitolata Decorative lettering, che avevo già incluso in Macron e altri diacritici, un post su accenti e altri segni grafici con nomi particolari (e con la differenza tra Umlaut e dieresi).
Diacritici in inglese
L’uso di segni diacritici ad effetto risulta molto efficace in inglese, lingua che non ne possiede (a differenza di altre lingue europee).
Tra le poche eccezioni ci sono alcuni forestierismi che non li perdono nell’adattamento – come è successo alla ñ in pina colada – ma mantengono invece la grafia della lingua originale. È un espediente che conferisce una connotazione ricercata e che consente di mantenere una distinzione tra parole non omofone che altrimenti sarebbero anche omografe, in genere allotropi (stessa etimologia ma significati diversi).
Esempi tipici sono il vino rosé /ˈrəʊzeɪ/, diverso dal fiore rose /rəʊz/, e résumé /ˈrezəmeɪ/, parola usata soprattutto in inglese americano con il significato di curriculum vitae, diversa dal verbo resume /rɪˈzjuːm/ o /rɪˈzuːm/ (riprendere, riassumere).
Non tutti gli anglofoni però hanno familiarità con i segni diacritici, oltretutto non disponibili sulle tastiere inglesi e americane. Ne ha preso spunto Randall Munroe per la vignetta di XKCD intitolata Diacritics:
(via @loristissino)
Nel testo descrittivo che nella vignetta originale appare al passaggio del mouse (mouseover text) si nota il dettaglio del francesismo forte scritto volutamente con un accento che invece non ha.
Quarta parete
Tornando al video iniziale, un altro dettaglio dei sottotitoli che trovo divertente è l’esempio insolito di rottura della quarta parete ottenuta con il sottotitolatore (caption writer) che comunica direttamente con gli spettatori, e lo fa per lamentarsi delle difficoltà di trascrizione di parole incomprensibili (e anche dell’ortografia ostica della parola phonetically!).
If you have any idea what the Swedish Chef is saying, then you are waaaaay ahead of me. I’ve just been guessing, writing it up phoenitetic… …phennotic… foon… fein… Oh you know, when you write it down the way it sounds. I never could figure out how to spell that word. |
Popcorn shrimp
Infine, un dettaglio su cosa sta preparando il cuoco svedese: popcorn shrimp non è un nome inventato ma si chiamano proprio così gamberetti, anche a pezzi, impanati e fritti che si mangiano con le dita, come il popcorn.
Vedi anche:
► Macron e altri diacritici
► I Minion parlano minionese
► GRÄNDE, formaggio heavy metal!
► Windows: il pannello Emoji, Kaomoji e Simboli (un metodo per inserire caratteri speciali)
Nota: nell’ordinamento alfabetico delle lingue scandinave i caratteri Ø, Å, Ä e Ö seguono Z.
Trascrizioni fonetiche da Oxford Learner’s Dictionaries
Vignetta di Moose Allain
FF:
Un esempio di marketing con caratteri di questo tipo l’ho visto quando fu aperto il negozio IKEA a Baronissi, vicino Salerno.
La pubblicità dell’epoca era questa:
http://www.adcgroup.it/static/upload/import/ImmaginiPub/Imgcopia(878).jpg
FF:
C’è un errore, l’editor mi ha staccato l’estensione dal link!
Licia:
@FF grazie, esempio perfetto!
Non riesco neppure io a correggere il link, quindi incollo qui sotto l’immagine:
Aggiungo una vignetta in tema (da IKEA o Il Signore degli Anelli?):
John Dunn:
L’inglese possiede due diacritici, usati per parole native, anche se è vero che si può vivere nel mondo anglofono per diversi anni senza accorgersi della loro esistenza.
1. La diaresi, usata in parole come daïs, Loïs o naïve per indicare che in queste parole ci sono due sillabi. Però quest’uso della diaresi non è obbligatorio.
2. L’accento grave (ma qui è possibile anche l’accento acuto) che indica (normalmente in poesia) che la lettera ‘e’ in un participio passato va pronunciato:
O no! it is an ever-fixèd mark (Shakespeare)
Then let wingèd Fancy wander (Keats)
Licia:
@John, grazie per il dettaglio sull’accento grave, non lo sapevo proprio. Pensavo che la dieresi si usasse solo sui forestierismi ma mi è appena venuto in mente il cognome Brontë!
John Dunn:
C’era anche l’attore scozzese Maurice Roëves.