Qualche anno fa la scrittrice Kathryn Schulz ha inventato una parola che ho scoperto solo recentemente perché è un occasionalismo poco noto. Peccato, perché è divertente e denomina un concetto che credo sia familiare a molti:
Un lapsonym è una parola di cui si è controllato più volte il significato senza però riuscire a ricordarselo. È formato da lapse, parola di origine latina (lapsus) che qui è una dimenticanza o un vuoto di memoria (cfr. memory lapse o lapse of memory), combinata con l’elemento formativo –onym, di origine greca, che indica un nome o un particolare tipo di parola.
Per Schulz un tipico lapsonym è l’aggettivo nugatory: insignificante, di nessuna importanza, futile. Io invece non riesco a ricordare nessuna parola associata allo yoga, probabilmente perché non l’ho mai praticato: proprio ieri ho dovuto cercare di nuovo kundalini per capire che andava interpretato genericamente come “energia latente”. In inglese invece per anni avevo dovuto ricontrollare che tipo di esperto fosse un pundit, un’altra parola di origine sanscrita come kundalini.
Ultimamente ho dovuto cercare più volte il verbo fisk, un neologismo informale che significa confutare punto per punto i singoli argomenti di un articolo o di un post. Fisk e il sostantivo derivato fisking prendono il nome da Robert Fisk (1946–2020), giornalista politico britannico i cui articoli venivano smontati con questa tecnica da vari blogger.
La produttività di –onym
Ho già descritto l’elemento formativo inglese –onym in Occasionalismi: nymwars. È molto più produttivo dell’equivalente italiano –onimo ed è molto flessibile: viene combinato non solo con elementi da lingue classiche ma con qualsiasi altro tipo di parola. Consente così di creare composti ibridi di vario tipo, anche spiritosaggini: ad esempio, c’è chi ha proposto Teflonym come alternativa a lapsonym (“the meaning just doesn’t stick”: significato antiaderente come il Teflon!).
Altri esempi di composti: retronym (“retronimo”), aptronym (“attronimo”), backronym (acronimo inverso). anacronym (anacronismo lessicale), contronym o self-antonym (enantiosemia), textonym (nei dispositivi mobili, parola indesiderata prodotta con sistemi come il T9), capitonym (parola che ha un significato diverso a seconda che venga scritte con l’iniziale maiuscola o minuscola).
Ritengo che alla fortuna di questi composti contribuiscano anche aspetti prosodici. Nelle parole inglesi l’accento secondario cade infatti sempre sulla sillaba nym, conferendole un carattere distintivo che ne agevola il riconoscimento all’interno della parola. In italiano invece il suffisso –onimo non ha altrettanto rilievo, come mostrano gli esempi in Occasionalismi: nymwars.
Vedii anche: In inglese, innumerevoli –crazie per altri esempi di composti ibridi
Anche voi avete dei lapsonym? Quali sono?
Martina:
Scopro solo ora che Pundit viene direttamente dal sanscrito (effettivamente il suono è quello, avrei dovuto immaginarlo). Non finisco mai di imparare, dal tuo blog 😉
In quanto fissata di psicolinguistica, confermo la tua teoria che le parole di cui non si ricorda il significato sono in genere collegate ad ambiti non familiari (tipo yoga per te) oppure in qualche modo considerati sgradevoli. Ma ci sarebbe da scriverci su pagine intere 🙂
Mi piace molto “teflonym”, rende benissimo l’idea di qualcosa che non si attacca davvero alla memoria. Nel mio caso, in questo momento non mi sovvengono parole particolari (ecco, dicevamo? :D) ma paradossalmente si tratta spesso di parole comuni – in entrambe le lingue – piuttosto che di parole “tecniche” che magari in passato ho cercato, per motivi di studio o ricerca, e che mi sono rimaste impresse proprio per l’atto di approfondimento.
Gianmaria Lari:
lapsonym… bellissimo, grazie Licia!!!
Flavia:
Lapsonym mi piace moltissimo, grazie Licia; lo trovo utile per le persone un po’ smemorate, come me. Da qualche parte avevo letto della “Teoria del Giardiniere” 😀 in pratica si dovrebbe allenare la mente a percorre i meandri della memoria alla ricerca del termine dimenticato, imboccando diversi sentieri come fa il giardiniere che ha dimenticato un attrezzo da qualche parte nel giardino e ne ripercorre tutti i viottoli fino a ritrovarlo.
Licia:
@Martina io però continuo a confondere anche i nomi delle figure retoriche, un argomento invece che mi interessa tantissimo!
@Gianmaria 🙂
@Flavia allora forse ti interessa lethonym, quando si conosce il concetto ma non si riesce a ricordare la parola che lo rappresenta. Questa parola però è ancora di più un occasionalismo, oltretutto davvero poco trasparente:
Martina:
@Licia, i nomi delle figure retoriche li confondo sempre anch’io, temo che siano particolarmente ostici, ahimé. Per quanto riguarda il “lethonym”, invece, confesso di esserne vittima anch’io, specialmente in periodi di stress, per cui negli scorsi 18 mesi il problema si è parecchio aggravato… 🙁
Flavia:
@Licia: perché dici poco trasparente? a me sembra di immediata identificazione con Lethe, il fiume mitico dell’oblio… bello anche ‘lethonym’ 🙂 Comunque, le parole che io sbaglio sempre sono metereologia e aereonautica; anche combinate assieme: metereologia aereonautica 😀