Questi titoli di inizio 2021 sull’avvio delle vaccinazioni contro il COVID-19 evidenziano due problemi che accomunano parecchi giornalisti e titolisti italiani: la mancanza di nozioni scientifiche di base e il terrore delle ripetizioni.
Non si spiega altrimenti perché considerino i termini siero e antidoto intercambiabili con vaccino. Eppure basterebbe consultare qualsiasi dizionario per avere la conferma che non sono sinonimi e che rappresentano invece concetti diversi.
Antidoto ≠ siero ≠ vaccino
Solo il vaccino induce la produzione di anticorpi nell’organismo, come si ricava facilmente anche da definizioni* molto sintetiche.
Antidoto: sostanza che neutralizza l’azione di un veleno nell’organismo.
Siero: 1 parte liquida di un fluido biologico che si separa dopo la coagulazione (cfr. siero vaccino, da cui si ricava la ricotta); 2 (siero immune) siero di sangue di uomo o di animali contenente anticorpi contro determinate malattie.
Vaccino: preparazione farmaceutica per uso parenterale od orale rivolta a indurre nell’organismo la produzione di anticorpi protettivi e a consolidare la risposta immunitaria, conferendo una resistenza specifica nei confronti di una determinata malattia infettiva.
Nessuno dei dizionari dei sinonimi che ho consultato indica siero o antidoto come alternative a vaccino. Sarei davvero curiosa di capire da dove arrivi la convinzione, estremamente diffusa, che siano invece termini intercambiabili (mi ricorda l’uso improprio di crasi).
Terrore della ripetizione
I titoli in apertura sono un esempio dell’ossessione molto italiana contro la ripetizione, che spinge a cercare alternative a tutti i costi anche nel caso di concetti specialistici che invece andrebbero identificati in modo univoco, sempre con lo stesso termine: ne ho discusso in Variazione e ripetizione (con partita Iva e tweet).
L’esempio Vaccino, l’Agenzia per il farmaco: “Da ogni flacone Pfizer pronte 6 dosi di siero e non 5” mostra anche un’altra peculiarità dei media italiani, i virgolettati fantasiosi che fanno credere si tratti di discorso riportato (parole effettivamente pronunciate dalla persona citata) anche quando è invece una reinterpretazione del giornalista o del titolista. È infatti altamente improbabile che chiunque lavori all’Agenzia Italiana del Farmaco e il noto farmacologo Silvio Garattini descrivano il vaccino Pfizer come siero, o che un immunologo che ha lavorato al vaccino AstraZeneca lo chiami antidoto!
Nuovo vaccino, nuove definizioni
L’unico vaccino contro il COVID-19 approvato per ora nell’Unione europea è il vaccino mRNA BNT162b2 (Comirnaty) di BioNTech/Pfizer ma si prevede a breve anche l’approvazione del vaccino Moderna.
Entrambi sono vaccini a mRNA, un nuovo tipo di vaccino di nuova generazione che contiene una molecola di RNA messaggero (mRNA) con le istruzioni per produrre nel nostro organismo una proteina specifica del virus SARS-CoV-2 che indurrà la risposta immunitaria (per dettagli: Agenzia Italiana del Farmaco o Medical Facts, con video in italiano).
Si differenziano dai vaccini convenzionali che ricorrono invece a virus indeboliti o attenuati o a frammenti di virus. Anche i metodi di produzione sono completamente diversi.
L’introduzione dei vaccini di nuova generazione ha implicazioni anche per i lessicografi. Andranno infatti aggiornate le definizioni di quei vocabolari che descrivono i vaccini come introduzione nell’organismo di “batteri o virus, uccisi o vivi, ma attenuati” per “conferire immunità”.
Aggiornamento aprile 2021 – Per l’inglese il vocabolario americano Merriam Webster ha già rivisto la propria definizione di vaccine in modo che comprenda (b) anche i nuovi tipi di vaccini (non solo a mRNA ma anche con adenovirus come vettore, come i vaccini prodotti da AstraZeneca e da Johnson & Johhnson):
(via Merriam-Webster gives “vaccine” a new definition)
* Definizioni dal Dizionario di Medicina e dal Vocabolario Treccani.
L’uso improprio di siero e antidoto in alternativa a vaccino è già stato segnalato da molti, ad es. da Roberta Villa.
Aggiornamento febbraio 2021 – Finalmente qualche risultato! Un intervento di Anna Masera, public editor di La Stampa, dopo alcuni scambi su Twitter: Il vaccino non è un siero, e nemmeno un antidoto. Ne ha poi preso spunto Luca Sofri per alcune considerazioni sulla paura delle ripetizioni nei media: Una rosa è una rosa.
Nuovo post: Promemoria per i media: immunizzato ≠ vaccinato, un uso improprio evidenziato anche nei commenti qui sotto.
JohannesN58:
Per aumentare la confusione i TG, in alcuni servizi giornalistici, parlano di immunizzazione dopo la
prima somministrazione della dose di vaccino. L’immunizzazione è rendere l’organismo inviolabile dall’agente patogeno. Si sa benissimo che il
a questo vaccino si sviluppano anticorpi dopo 7/8 giorni dalla seconda somministrazione della dose. Diceva bene Nanni Moretti: “le parole sono importanti”
Flavia:
A volte penso che alcuni giornalisti debbano aver letto ben poco in vita loro per continuare imperterriti a scrivere i loro ‘temi’ come gli era richiesto alla scuola superiore. Comunque sia, questo è niente rispetto allo stile debordante e compiaciuto con cui altri pongono le domande al malcapitato di turno, nel corso di una intervista.
Alcuni giornalisti amano sentirsi parlare, altri vedersi scrivere: saranno poi quelli che prendevano voti molto alti in Italiano a scuola.
Thea:
Articolo molto interessante. I titoli riportati sono davvero curiosi… Se il problema è evitare le ripetizioni, sinceramente vedo anche soluzioni meno fantasiose di queste; ad esempio “pronte 6 dosi, non 5” mi sembra già sufficiente, visto che il nome del vaccino è citato nella prima parte del titolo.