Stay beef! è la traduzione maccheronica scherzosa dell’espressione colloquiale romanesca stai manzo, un invito a stare calmo e tranquillo. Non ha però nulla a che vedere con l’animale: manzo sarebbe una forma alternativa a manso, abbreviazione di mansueto.
Mi è venuta in mente comunque quando ho visto questa vignetta di Scott Hilburn:
Si notano due giochi di parole: the mark of the beast, il marchio della bestia, diventa the mark of the beef, il marchio del manzo, ed exorcist diventa oxorcist, da ox, il bue.
Ne prendo spunto per ricordare una peculiarità dell’inglese: a differenza di altre lingue, per alcuni mammiferi sono usati nomi diversi per gli animali vivi e per la loro carne usata come alimento.
Manzo in inglese
In inglese beef è la carne macellata o cucinata di tre diversi animali, cow (vacca), ox (bue) e bull (toro). È un esempio di anisomorfismo: non c’è piena corrispondenza con la parola italiana manzo, che indica sia 1 un animale, “bovino di sesso maschile, castrato, di età fra uno e quattro anni, destinato alla macellazione” che 2 la sua carne.
In inglese la differenza lessicale tra l’animale e la sua carne ha radici storiche: dopo la conquista normanna dell’Inghilterra del XI secolo, a corte ci si riferiva al cibo in francese (beef deriva dal francese antico boef), mentre i sottoposti che allevavano o cacciavano gli animali per le tavole dei nobili continuavano a usare il loro nome inglese.
Non è l’unico esempio di parola di origine anglo-sassone (Old English) usata per l’animale e parola di origine normanna (Old French) per la carne:
(Old English) | (Old French) | |
ox (oxa) cow (cū) bull (bula) |
beef (boef, dal latino bos, bovis) |
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calf (cælf) | veal (veel, dal latino vitellus) | |
pig (picga) swine (swīn) |
pork (porc, dal latino porcus) | |
sheep (sceap) | mutton (moton, dal latino mediev. multon) | |
deer (dēor) | venison (venaison/venesoun, dal latino venatio) |
La differenza riguarda solo un gruppo ristretto di mammiferi: bovino domestico, maiale, pecora e cervo. Per gli altri animali si usa lo stesso nome che siano vivi o nel piatto.
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A proposito di carne in inglese:
► Prosciutti! – la parola gammon
► Carne o pollo? – cosa si intende con meat
► Spamouflage (metaforico e letterale) – la più nota carne in scatola!
Nell’inglese informale americano beef è anche una protesta o una lamentela, e where’s the beef? è un modo per chiedere se oltre alle parole convincenti c’è anche della sostanza (è come se qualcuno si chiedesse se oltre al fumo c’è anche l’arrosto, cfr. anche la metafora colloquiale del “nothingburger”).
Definizione di manzo dal vocabolario Devoto-Oli; etimologie inglesi da Collins Dictionary
.mau.:
Anche Hofstadter in non mi ricordo più quale libro (ma direi Anelli nell’io) raccontava di questa differenza “di casta” nei nomi degli animali da vivi e da morti. È buffo vedere come la storia forgia la lingua!
Andrea P:
Ciao Licia,
a voler fare il precisino, l’accezione 2 della parola “manzo” è simile però a quella inglese, indicando in genere la carne del bovino adulto, a prescindere dal sesso.
Un po’ come la parola “pollo” indica genericamente sia gallo che gallina.
E’ una interpretazione corretta?
Licia:
@.mau. ci sono anche altre parole di origine palesemente francese che rivelano o comunque rivelavano aspetti sociolinguistici. Venivano infatti associate alle persone delle classi sociali più basse che le usavano perché le ritenevano più “sofisticate”, ad es. serviette per il tovagliolo, perfume per il profumo e toilet per il gabinetto (in opposizione a napkin, scent e lavatory). Qualche dettaglio in Pass the serviettes: dictionaries and class o cercando le differenze tra lessico U e non-U, dove U sta per upper class.
@Andrea non so se ho capito ma devo specificare che non sono carnivora e quindi non ho conoscenza pratica diretta. Per manzo ho usato la definizione del dizionario Devoto-Oli ma sono simili anche in altri dizionari:
1 bovino di sesso maschile, castrato, di età fra uno e quattro anni, destinato alla macellazione
2 (solo sing.) la carne macellata o cucinata di tale animale
Non mi pare che si possa descrivere una mucca come “di sesso maschile” né un toro come “castrato”.
Monmartre Angeloise:
Io ho sentito distinguere un allevatore fra mucche da latte e manze.
Ma non so se intendesse mucche da macello o «giovenca, vitella, bovino di sesso femminile che non ha ancora partorito».
Oppure manza ha il doppio significato come per il maschile.
Cercando in rete, ho visto che in Wikipedia si dice che manzo come carne macellata vale anche per il toro e la mucca.
Anche in questo sito, https://www.my-personaltrainer.it/alimentazione/carne-di-manzo.html, si riporta che il manzo, oggi vitellone, si riferisce al «Bovino sia maschio che femmina di oltre un anno, destinato alla macellazione».
Daniele Margotti:
Una curiosità…
In un episodio dei Simpson (KABF10) Bart alleva un manzo a cui si affeziona, e riesce poi a salvarlo dalla macellazione, mandandolo in India (dove le mucche sono sacre).
La sua battuta finale, in inglese, è:
“You’re in a better place now, Lou, and I’ll always be proud that for once in my life, I had a cow, man.”
In italiano è stata tradotta / adattata con:
“Adesso sei in un luogo migliore, Lou, e io sarò sempre fiero perché, per una volta nella vita, ci sono andato manzo.”
La battuta finale poteva essere resa diversamente?
E quanti riescono a capire cosa si intenda con “ci sono andato manzo”?
Licia:
@Monmartre, grazie per i riferimenti. Attenzione però agli articoli di Wikipedia che hanno la stessa struttura di quelli in inglese perché spesso sono traduzioni letterali che ripropongono le stesse informazioni senza verificare se invece sussistano differenze linguistiche e culturali.
@Daniele, interessante questo esempio! Sulla battuta in italiano, non credo che avrei capito “ci sono andato manzo” se non ragionando sul significato letterale di “stai manzo” (e quindi, forse, “ci sono andato cauto”). Però immagino dipenda da dove si vive e magari per i romani risulta invece una battuta efficace!
John Dunn:
Quei giochetti tipo ‘U e non-U’ erano molto di moda negli anni 50-60, ma a mio parere sarebbe sbagliato prenderli troppo sul serio. E poi negli ultimi 50-60 anni tutto è stato mescolato, non sempre in un modo prevedibile. Su ‘toilet’ e ‘lavatory’ (tutte e due di origine francese) ci sarebbe molto da dire: negli anni sessanta al mio liceo del profondo Yorkshire c’era un professore che considerava ‘toilet’ ‘a horrible northern word’; poco dopo si è trasferito a Eton, dove si sentiva magari più a suo agio. Ma alla fine abbiamo vinto noi ‘horrible northerners’: la parola ‘toilet’ è stata sdoganata, mentre ‘lavatory’ non dice più nessuno (tranne, forse, la regina Elisabetta).
Licia:
@John, grazie per averlo sottolineato. Si spera proprio che sia definitivamente una distinzione del passato, però da quello che mi pare di capire in inglese britannico si continuano ad usare negativamente le differenze linguistiche: se non è il lessico è l’accento di provenienza (un articolo che mi è capitato di vedere qualche giorno fa: UK’s top universities urged to act on classism and accent prejudice). Ricordo bene quando avevo lavorato all’università di Salford i commenti sprezzanti di alcuni docenti sull’inglese di una collega italiana bravissima e simpaticissima che lo parlava con grande padronanza di lessico e grammatica ma con un forte accento working class di Bolton, preso mi pare dalla suocera.
A proposito di toilet, qualche dettaglio etimologico e sull’”affermazione” nel lessico inglese in un vecchio post, Toilet(te), una storia movimentata
Luca:
Ho trovato nuova l’espressione stai manzo, forse nell’estremo nord ovest non è mai arrivata se non in una forma differente, ovvero stai tranzo o resta tranzo (dove è più evidente il legame con tranquillo).
John Dunn:
@Licia: Grazie per la tua risposta. Di tutte quelle distinzioni sociali (ma anche regionali) forse rimane solo l’eterno problema delle parole che si usa per parlare del pranzo e della cena. Ma con gli accenti sembra che la situazione si stia veramente peggiorando e che l’Inghilterra stia tornando alle attitudini dell’inizio del secolo scorso. Ho letto che la pratica di fare commenti sprezzanti sugli accenti di provenienza di alcuni studenti è divenuta abbastanza diffusa in certe università inglesi, ma cinquant’anni fa non era così: io ho studiato all’università di Oxford tra gli anni 1968 e 1975 e in tutto questo periodo il mio accento dello Yorkshire è stato commentato in questo modo non più di 2-3 volte. Mi dispiace per la tua collega, perché trovo commenti di questo genere totalmente inaccettabili (e incompatibili con la convivenza universitaria).
Detto questo, qualche anno fa ho guardato in TV la cerimonia di giuramento del governo Renzi (nemmeno io so perché l’ho fatto), e mi ricordo che i giornalisti della RAI commentavano (non in una maniera particolarmente sprezzante) gli accenti del diversi ministri, specie, ma non solo, quelli di origine emiliano-romagnola.