Un anno fa in Manovra 2020, tra cashless e cashback avevo espresso perplessità sull’uso disinvolto di due anglicismi che risultano molto simili per chi non conosce l’inglese.
Sono ricomparsi nelle notizie di settembre 2020 e a distanza di un anno la novità è un nuovo anglicismo, riportato con due grafie alternative, super cashback e supercashback. È apparso per la prima volta in un’intervista a Giuseppe Conte pubblicata il 24 settembre dal quotidiano La Stampa, ma finora non si trova ancora nessuna occorrenza nei siti governativi.
Ecco quanto ha affermato Conte:
Si ha innanzitutto la conferma che il cashback non è altro che un rimborso, quindi è un anglicismo evitabile.
Il super cashback invece non è un rimborso che spetta a chiunque rientri nei criteri, come il cashback, ma è una specie di concorso a premi: solo i primi 100.000 cittadini che effettuano il più alto numero di transazioni avranno diritto a ricevere la somma fissa di € 3000. Si tratta quindi di un meccanismo diverso e anche per questo non capisco che senso abbia la spiegazione “si chiama super perché il rimborso avviene ogni sei mesi”.
In inglese il prefisso super, come in italiano, indica un grado superiore, una dimensione maggiore di qualcosa dello stesso tipo: superx è un tipo di x. In nessuna delle due lingue comunica alcuna informazione di tipo temporale e in ogni caso la semestralità non è una caratteristica distintiva di supercashback perché è comune a cashback.
Mi pare quindi l’ennesima dimostrazione che nelle nostre istituzioni gli anglicismi (o pseudo tali) sono usati con faciloneria e approssimazione e dando per scontate troppe informazioni (“maledizione della conoscenza”).
Sarebbe auspicabile che i giornalisti chiedessero ragione dell’uso di anglicismi istituzionali non noti al grande pubblico, in particolare se accompagnati da spiegazioni incongruenti come quella di Conte, ma so che chiedo troppo!
Aggiornamento dicembre 2020: il piano del governo è stato attivato, si chiama Italia Cashless e introduce un ulteriore anglicismo, Extra Cashback. Qui sotto ho aggiunto ulteriori dettagli che confermano che si tratta di anglicismi superflui facilmente confondibili.
Cash in inglese e in italiano
Nel Vocabolario Devoto-Oli c’è questa nota sulla parola cash:
Evidenzia chiaramente che in italiano cash riguarda sempre i contanti. Questa unica accezione si ritrova anche nel più recente anglicismo cashless, aggettivo che descrive transazioni in cui non si usano contanti (come indica il suffisso –less) ma solo pagamenti elettronici.
In inglese però cash ha anche un’altra accezione, più ampia, di denaro (“money in any form”) che invece è assente in italiano. È però quella necessaria per interpretare il meccanismo di cashback promosso dal governo italiano, che non ha nulla a che vedere con i contanti – ha infatti lo scopo di promuovere transazioni cashless, che ne escludono l’uso.
Chi parla inglese non noterà neppure l’incongruenza. Chi invece ha solo conoscenze rudimentali e cerca di intuire il significato dei nomi cashback e supercashback dalle proprie conoscenze delle parole cash (“contanti”) e back (“dietro”, “indietro”) farà fatica a capire correttamente la novità.
Domanda: per fare cambiare abitudini di pagamento agli italiani è preferibile un nome italiano trasparente come il vecchio bonus Befana (o nomi più istituzionali sul modello bonus + parola descrittiva) oppure un anglicismo potenzialmente ostico ma che dà la parvenza di modernità e riesce a mascherare il vero intento dell’operazione, il contrasto all’evasione fiscale?
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Vedi anche: Manovra 2020, tra cashless e cashback per altri dettagli e un’altra accezione inglese di cashback
Nota etimologica: le parole inglesi cash e case (custodia, cassa, valigia…) sono allotropi, parole con la stessa etimologia: derivano entrambe dal latino capsa, da cui l’italiano cassa, attraverso il francese antico casse o chasse, che nel caso di cash indicava inizialmente “cassetta per i soldi”.
Aggiornamento dicembre 2020
Sono stati attivati due nuovi siti istituzionali dedicati ai programmi che incentivano l’uso dei pagamenti elettronici, cashlessitalia.it (ma il programma si chiama Italia Cashless) e lotteriadegliscontrini.gov.it.
Per aumentare la confusione, ai già annunciati Cashback e Super Cashback è stato aggiunto un terzo tipo di rimborso, Extra Cashback. Sono nomi molto simili che non consentono di ricordare le differenze fra i diversi tipi di opzioni.
L’aspetto per me più sconcertante però è che nel sito cashlessitalia.it, a cui si viene indirizzati da tutte le pubblicità istituzionali, non viene data nessuna spiegazione di cosa significhi l’anglicismo cashback, finora sconosciuto a buona parte degli italiani.
Se si consulta la Guida al Cashback, su un altro sito (io.italia.it), la confusione aumenta perché la parola Cashback, sempre scritta con l’iniziale maiuscola, è usata come nome proprio di iniziativa, di programma e di periodo sperimentale (e nel Decreto 24 novembre 2020, n. 156 di sistema).
Bisogna consultare una sezione diversa della Guida per avere la conferma che la parola Cashback è usata anche come nome proprio di tipologie di rimborso, e quindi che si tratta di un anglicismo superfluo perché si sarebbe potuto ricorrere a qualsiasi altro nome:
Riassumendo, i rimborsi che premiano chi usa i pagamenti elettronici sono di due tipi:
► Cashback e Extra Cashback danno il nome a rimborsi in misura percentuale validi in periodi diversi e condizioni diverse
► Super Cashback dà il nome a un rimborso di tipo forfettario (somma fissa) che spetta a chi rientra in una specifica graduatoria
C’era davvero bisogno di usare nomi inglesi poco trasparenti?
John Dunn:
Chi parla inglese forse noterà un’incongruenza, perché sembra che in inglese la parola cashback si usi in due sensi diversi:
1. (l’esistenza del quale ho scoperto solo oggi!): un tipo di sconto per chi paga online con certe carte di credito/debito;
2 (a mio parere il più conosciuto): una transazione al supermercato, quando chi paga con la carta paga una somma più alta di quella delle spese e ottiene la differenza in forma di contante.
Giuseppe Conte presumibilmente aveva in mente il primo senso; io invece pensavo al secondo. Ma anche adesso non capisco se questo sarà un rimborso o uno sconto.
Flavia:
@John Dunn: che il Presidente Conte avesse in mente il primo o il secondo significato poco importa, noi il rimborso lo vogliamo ‘cash’ – sull’unghia 😀 Comunque sia: si dovrebbe aumentare la cifra del pagamento con carta contactless, se lo scopo è anche quello di evitare il contatto con il denaro contante.
Andrea:
Segnalo però che ‘cashback’ come “rimborso in percentuale sulla spesa” è già utilizzato ampiamente nelle carte fedeltà di molti supermercati e benzinai. Normalmente il rimborso avviene in premi o buoni spesa. Quindi anche se incongruente come segnalato qui, l’uso è già abbastanza diffuso.
@Flavia: Mi pare che, almeno tra le proposte, ci fosse anche l’intenzione di aumentare la cifra del pagamento contactless, non sono sicuro se poi l’abbiano effettivamente fatto ma mi pare che l’abbiano aumentata a 50€. Aumentarla troppo però diventa una questione di sicurezza. Personalmente, e ormai uso quasi esclusivamente la carta, preferisco inserire il PIN.
Licia:
@John la seconda accezione credo sia sconosciuta in Italia, non so neanche se si possa fare questo tipo di operazione (l’avevo comunque descritta nell’altro post, Manovra 2020, tra cashless e cashback). Per il momento non mi pare ci siano dettagli sufficienti per sapere come si concretizzerà il cashback governativo (se “punti” spendibili, buono sconto o un vero e proprio rimborso direttamente sul conto della carta di credito).
Intanto su Twitter ho visto questo intervento di Conte che usa superbonus al posto di supercashback, quindi un’incongruenza denominativa che aumenta la confusione!
@Andrea ne avevo accennato nell’altro post, Manovra 2020, tra cashless e cashback: il meccanismo di cashback è noto, però spesso con altri nomi (ad es. non so quanti clienti del supermercato Esselunga sappiano che il programma Carta Fìdaty è un tipo di cashback).
Sul pagamento contactless, anche in risposta a @Flavia, nel 2014 ne avevo scritto in Contactless, ottimisticamente convinta che il significato risultasse trasparente anche per chi non sa l’inglese (pensavo ad anglicismi di uso già comune come cordless, wireless, ticketless, topless…), ma mi sono dovuta ricredere. Ho notato infatti che quando si paga con queste carte, spesso chi è alla cassa chiede “è contact?” oppure ti dice “appoggi qui” o peggio ancora cerchi di prenderti la carta di mano per appoggiarla sul lettore, per cui per evitarlo ho preso l’abitudine di specificare “uso il contactless” e aspetto che mi venga avvicinato il lettore. Mi è anche capitato che mi venisse detto “non funziona sopra i 25 €”, anche se il sistema di lettura della carta rimane contactless indipendentemente dalla cifra (l’unica differenza è che sopra i 25 € è richiesta anche la firma – il PIN finora non mi è mai capitato di doverlo usare).
Temo quindi che il concetto di contactless sia meno trasparente di quanto avessi prospettato qualche anno fa e per chi non sa l’inglese forse andrebbe considerata una possibile ulteriore confusione tra contactless e cashless.