Un tweet e un articolo che non sono passati inosservati:
Inevitabile che personal viagger, uno pseudoanglicismo che non ha alcun significato in inglese, scatenasse molte ironie (Noio volevàn savoir… Buy the bigliett… Minchias un personal viagger per andare ovunquer che figater…)
Inglese farlocco…
Personal viagger è anche un esempio tipico del fenomeno che chiamo inglese farlocco: slogan pubblicitari o nomi di prodotti o servizi ideati da italiani per un pubblico italiano e formati assemblando parole inglesi poco idiomatiche o addirittura errate o inesistenti, però facilmente comprensibili da chi ha solo conoscenze scolastiche della lingua.
Il nome viagger, che identifica non solo una figura professionale ma anche un marchio, è ottenuto ricorrendo a un espediente tipico dell’inglese farlocco: una parola italiana “anglicizzata” con l’aggiunta di un suffisso inglese, qui viaggio con –er. Se il contesto non è ambiguo, il nome viagger non richiede spiegazioni: anche chi non sa l’inglese capisce che –er indica qualcuno (o qualcosa) che compie un’azione che riguarda i viaggi.
L’aggettivo personal è del tutto trasparente, inoltre richiama anglicismi noti come personal trainer, personal banker e personal shopper e fa intuire che anche il personal viagger è un consulente personale.
…e itanglese
Dopo le critiche su Twitter, l’articolo è stato modificato. L’espressione personal viagger è stata eliminata dal titolo (rimane però nell’URL) e sono state aggiunte virgolette, ma è stata mantenuta questa spiegazione:
In questo testo si nota un aspetto tipico dell’itanglese (l’uso smodato di parole inglesi in italiano): la convinzione, del tutto soggettiva, che le parole inglesi – o pseudo tali! – siano più evocative, più precise, più accattivanti e più moderne e quindi vadano preferite a qualsiasi alternativa italiana.
Ecco così che l’agente di viaggio tradizionale consiglia, prenota e consegna i biglietti mentre il viagger offre un servizio human to human di booking e delivery e si propone come travel consultant. Inoltre, nelle intenzioni di uno degli ideatori del progetto, Viagger è un “category disruptor” e vuole rappresentare quello che il SUV ha rappresentato nel settore dell’automotive.
Effetti dell’inglese farlocco
La comparsa dei viagger porterà davvero un cambiamento radicale al settore dei viaggi? Difficile dirlo, però intanto viene qualche dubbio sulla scelta del nome: se il servizio è rivolto anche a chi conosce sufficientemente bene l’inglese, andrebbe considerato che un nome in inglese farlocco può avere connotazioni indesiderate.
Un nome che risulta poco credibile può comunicare improvvisazione e scarsa professionalità e quindi interferire con la percezione della qualità di quanto viene proposto.
Altri esempi delle potenziali conseguenze negative dell’inglese farlocco:
➝ Prenoting: inglese farlocco (rappresentativo!)
➝ Per le scarpe, una traduzione fatta con i piedi
➝ L’inglese farlocco di Nexi: every day, every pay
Vedi anche:
Operazione CLEAN TRIP? Inglese farlocco! (come si dice viaggio in inglese: la differenza tra travel, journey, trip e voyage)
Andrea P:
“Un nome che risulta poco credibile può comunicare improvvisazione e scarsa professionalità e quindi interferire con la percezione della qualità di quanto viene proposto”
Pura verità. A me questa trovata comunica pressapochismo, ignoranza e inaffidabilità; se aggiungiamo il linguaggio da markettaro scadente non sono per nulla invogliato ad accedere al sito né tantomeno al servizio.
A proposito, non so chi l’abbia inventato (temo non sia ancora riconosciuto dai vocabolari, ma in ambienti lavorativi da ufficio è molto utilizzato), ma il nome “markettaro” per definire quei sedicenti esperti di marketing che sfruttano itanglese e termini inglesi mischiati a vanvera per stordirti di chiacchiere, mi sembra appropriato e, per una volta, un esempio riuscito di adattamento (è un adattamento, giusto?) del termine inglese.
Irina:
Mi fa pensare allo sketch “professore di inglese” di Aldo Giovanni e Giacomo in cui “sui marciapiedi” viene tradotto “on the marciapaisis”.