Non è Recovery Fund ma fondo per la ripresa

Registro anche qui un commento fatto su Twitter dopo avere visto le dichiarazioni di vari politici italiani sulla decisione del 23 aprile 2020 del Consiglio europeo di lavorare alla creazione di un fondo per la ripresa come risposta alle conseguenze economiche della pandemia da COVID-19.

tweet del 23 aprile 2020: Perché @GiuseppeConteIT @paologentiloni @gualtierieurope e i media usano l'anglicismo #RecoveryFund anziché il termine italiano più comprensibile #FondoPerLaRipresa usato nelle comunicazioni dell'UE?

Trovo piuttosto ridicolo che istituzioni, politici e media italiani preferiscano l’anglicismo Recovery Fund al termine italiano fondo per la ripresa usato invece nei testi delle istituzioni europee, come ad es. i comunicati stampa del Consiglio europeo.

Per chi non ha familiarità con l’inglese e non conosce la parola recovery può essere difficile capire che in ambito economico è la ripresa. Come se non bastasse, la pronuncia di recovery fund viene spesso sbagliata in “reccòveri faund”, confondendo la parola fund, “fondo”, con found, il participio passato del verbo find, “trovare” (ma c’è anche il verbo found, “fondare, istituire”, oppure “fondere”). In inglese recovery found si dice /rɪˈkʌvərɪ fʌnd/, quindi l’adattamento italiano che più si avvicina alla pronuncia inglese dovrebbe essere “ricàveri fànd”.

Ho notato anche la preferenza per le iniziali maiuscole, come se si trattasse di un nome proprio e non di quello che per ora è uno strumento generico che deve essere ancora definito. Ma forse l’anglicismo serve proprio a dare fumo negli occhi, un esempio di inglesorum!

Dal profilo Instagram di Giuseppe Conte, 23 aprile: La Commissione lavorerà in questi giorni per presentare già il prossimo 6 maggio un “Recovery Fund” che dovrà essere di ampiezza adeguata e dovrà consentire soprattutto ai Paesi più colpiti di proteggere il proprio tessuto socio-economico.

Per me è in ogni caso l’ennesima dimostrazione che tra i comunicatori pubblici non c’è alcuna consapevolezza dell’importanza di scelte terminologiche trasparenti e coerenti per poter raggiungere un pubblico più ampio possibile.

Manca del tutto una cultura terminologica, un tema su cui torno spesso e che ho sintetizzato in Terminologia e comunicazione.

Terminologia delle istituzioni europee

Nel caso specifico della terminologia delle istituzioni europee credo che recovery fund metta anche in evidenza una dose di ignoranza e soprattutto di pigrizia: faccio fatica a credere che un giornalista non sappia che tutte le principali comunicazioni dell’UE sono disponibili anche in italiano.

Esiste inoltre il database terminologico IATE e bastano pochi minuti per verificare la terminologia ufficiale nelle lingue dell’Unione europea e accedere alle schede terminologiche con definizioni e riferimenti. Esempio:

Recovery Fund in IATE

Riuscirò a trovare qualche politico o giornalista in grado di darmi una giustificazione credibile per la scelta di usare l’anglicismo superfluo recovery fund al posto del termine italiano fondo per la ripresa? Ho molti dubbi!

Intanto ho inserito recovery fund nell’Elenco di anglicismi istituzionali.


Sulla scarsa trasparenza del verbo inglese recover e quindi anche del sostantivo recovery: Coronavirus: conteggi errati di “ricoverati”


Aggiornamenti

Non viene sbagliata solo la pronuncia di fund ma viene anche fatta confusione di parole: sui media si trovano varie occorrenze di recovery *found. Esempio da uno dei principali quotidiani italiani:

 Centrodestra verso la spaccatura in Ue sul Recovery Found. Fdi annuncia l’astensione, Lega orientata al no, Forza italia al sì

Recovery Plan

Istituzioni, politici e media italiani preferiscono inoltre l’anglicismo Recovery Plan al termine italiano piano per la ripresa usato invece nelle comunicazioni delle istituzioni europee, ad es. Commissione europea e Consiglio europeo.

Bilancio dell’UE per il periodo 2021-2027 e piano per la ripresa

Si notano anche varie occorrenze di Recovery, un’abbreviazione impropria dell’anglicismo recovery plan che lo trasforma in pseudoanglicismo. Esempio:

Conte spinge sul Recovery: ‘Solo riforme strutturali’

È un fenomeno ricorrente che denota scarsa familiarità con i meccanismi di formazione delle parole in inglese: viene privilegiato il determinante (recovery) anziché il determinato (plan). Altri esempi di questo tipo sono spending per spending review e voluntary per voluntary disclosure.

La passione di media e politici per gli anglicismi stranamente però non riguarda lo strumento principale per attuare il piano europeo per la ripresa, Next Generation EU, che ha un unico nome inglese in tutte le lingue ma è raramente citato in contesti italiani.

Gennaio 2021 – Il piano per l’Italia è stato definito e approvato dal Consiglio dei Ministri e nella bozza finale non si chiama Recovery Plan ma Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Ancora una volta gli anglicismi vengono usati solo nella comunicazione pubblica ma non in quella istituzionale e si creano così incongruenze che penalizzano l’accesso alle informazioni: dettagli in Da Recovery a PNRR a #NextGenerationItalia.

7 commenti su “Non è Recovery Fund ma fondo per la ripresa”

  1. Oscar Collini:

    A me recovery, richiamando ricovero, fa pensare a un fondo che viene accantonato, non a soldi che vengono spesi per la ripresa.

  2. Alberto:

    anche “coronavirus” mi pare un anglicismo. non dovremmo dire “virus corona”? grazie

  3. Licia:

    @Alberto, Coronavirus è il nome proprio di una famiglia di virus respiratori tra cui alcuni virus che causano il raffreddore, il virus che causa la SARS e il famigerato SARS-CoV-2 responsabile dell’epidemia di COVID-19, che è quindi un Coronavirus.

    Il nome Coronavirus può essere descritto come un composto neoclassico, un tipo di formazione comune nella terminologia scientifica che ricorre a elementi formativi del greco e del latino. Nel composto Coronavirus, corona va considerata una parola latina, non italiana, o comunque un latinismo diffuso nel lessico scientifico inglese e di altre lingue. Come accennato qui, il nome era stato coniato nel 1968 da un team di virologi che ne aveva scritto nella rivista scientifica britannica Nature ed era stato scelto perché la forma del virus ricordava la corona solare. La formazione del nome è coerente con altri nomi di altri tipi di virus, come ad es. Retrovirus, Adenovirus, Parvovirus.
    I nomi scientifici, come i nomi propri, rimangono invariati o subiscono minimi adattamenti ortografici nelle diverse lingue, quindi sarebbe un’anomalia voler adattare il nome scientifico Coronavirus in “virus (a) corona”.
    Un altro esempio di microorganismo molto noto forse può risulta più immediato: in riferimento all’ulcera nessuno usa “batterio elicoidale del piloro” per Helicobacter pylori, nonostante il nome ne descriva la forma.

  4. Angelo Ravaglia:

    giusto, un altro stupido anglicismo di cui non si sentiva bisogno. fondi di recupero o, meglio, di ripresa avrebbe anche un effetto automaticamente positivo, ottimistico!
    Ma, ahimè, prevale anche questa volta l’italenglish!
    Mi sembra che tra i giornalisti, solo Augias su Repubblica, abbia detto qualcosa.
    La Crusca brilla per la sua assenza: l’italiano perde ( per sempre) una parola al giorno!
    Pura sottomissione culturale, a differenza della Francia e della Spagna.

  5. Martino:

    Per me non farebbe differenza però capisco che per i più anziani o chi non conosce l’inglese sia un problema, però se di colpo si cominciasse a chiamarlo fondo per la ripresa magari chi aveva capito il significato ma non sapeva cosa significasse a livello grammaticale potrebbe confondersi comunque la mia è solo un ipotesi.

  6. Rita Coltellese:

    Pur avendo studiato l’inglese trovo inaccettabile l’uso politico di termini inglesi quando la nostra lingua ha una ricchezza di vocaboli comprensibili a tutti. L’uso giornalistico è comunque grave, ma l’uso politico lo trovo gravissimo. Giusto chiamare questo uso “inglesorum”, come per secoli la Chiesa Cattolica ha usato il “latinorum” per tenere il volgo ignorante nella incomprensione dei fatti e delle cose. Ecco, questi attuali politici italiani, lungi dal voler comunicare alla più ampia platea possibile di cittadini, sperano che usando l’inglese la gente capisca meno possibile.

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