Tra le parole che stiamo imparando durante l’epidemia da COVID-19 c’è l’anglicismo contact tracing, usato per identificare un sistema per monitorare i contagi che è ritenuto essenziale per poter allentare le misure di contenimento ed entrare nella cosiddetta fase 2.
Esempio da una notizia del Ministero della Salute del 17 aprile:
Le parole evidenziate mostrano che l’autore di questo testo, come chiunque si occupi di contact tracing, ne discute ricorrendo alle parole italiane contatto, tracciamento e tracciare o tenere traccia. Perché allora esperti, media e istituzioni preferiscono identificare il concetto con un anglicismo, oltretutto in una situazione di emergenza in cui la comunicazione deve essere il più trasparente possibile per riuscire a raggiungere il maggior numero di cittadini?
Origine di contact tracing
L’idea che mi sono fatta è che molti ritengano contact tracing un termine tecnico che identifica un concetto dell’informatica, ambito dove notoriamente prevalgono gli anglicismi. Se è così, si sbagliano.
L’ordinanza sull’app Immuni dà indirettamente alcune indicazioni sul contesto di origine di contact tracing, evidenziate in giallo:
Contact tracing è un concetto nato decenni fa nell’ambito specialistico della sanità pubblica (la tutela della salute individuale o di una collettività esercitata dallo Stato o da altri organismi pubblici) ed è usato in relazione a malattie altamente infettive come tubercolosi, morbillo, Ebola e infezione da HIV.
Indica l’insieme delle azioni eseguite per identificare, rintracciare e contattare sistematicamente tutti i soggetti (contatti) che potrebbero essere venuti a contatto con una persona infetta (persona indice), allo scopo di isolare i nuovi casi e interrompere o ridimensionare la catena di contagio.
Immagine del processo di contact tracing: OMS
È la procedura che era stata seguita lo scorso febbraio per rintracciare tutte le persone con cui aveva avuto a che fare il primo paziente italiano “ufficiale” di COVID-19, un 38enne di Codogno. Non implica il ricorso a particolari strumenti informatici, come le app di cui si discute molto ultimamente, ma può essere eseguita con metodi molto tradizionali (ad es. chiedendo direttamente al paziente chi ha incontrato), e quindi non è un concetto riconducibile in alcun modo alla sorveglianza digitale.
Immagine: Public Health England
E in italiano? Se si fa una ricerca nel sito del Ministero della Salute si scopre che in questo ambito non viene usata terminologia italiana ma è stato privilegiato l’anglicismo contact tracing. Esempio di definizione da un glossario del 2017:
Altri esempi in Malattia da virus Ebola e Raccomandazioni per le attività di controllo della tubercolosi.
Comunicazione istituzionale
L’anglicismo contact tracing nelle comunicazioni istituzionali riflette l’uso specialistico del termine nella sanità pubblica. Se usato al di fuori di questo contesto diventa però un esempio di maledizione della conoscenza perché non ci si può aspettare che tutti i cittadini ne conoscano il significato.
Mi domando quindi se in questa emergenza pubblica sia opportuno mantenere la coerenza terminologica o se invece sia il caso di sacrificarla a favore di un’alternativa più trasparente e maggiormente riconoscibile anche da chi non sa l’inglese (chi sente dire còntatt-trèsin alla TV, cosa capisce e come cerca eventuali informazioni?).
Nello specifico, per incoraggiare l’adozione dell’app è fondamentale che tutti capiscano a cosa serve, a partire dal nome. A chi si occupa di comunicazione pubblica e/o di divulgazione suggerirei quindi di rinunciare all’anglicismo e di optare invece per tracciamento dei contatti.
Per riferirsi al software si potrebbe inoltre usare app tracciacontatti, un nome che ha il vantaggio di essere più breve di app di contact tracing e di essere più intuitivo perché usa un formato familiare che rispetta l’ordine verbo+oggetto dell’italiano.
In conclusione: contact tracing non è un anglicismo insostituibile!
Altri anglicismi legati all’emergenza coronavirus: lockdown, droplet, tamponi drive-thru, Covid hospital; altri esempi nell’Elenco di anglicismi istituzionali.
Vedi anche: Meteo: allertamenti, allerte e criticità (altre considerazioni sulla comunicazione delle emergenze)
No trax
Aggiungo che su Twitter sta circolando lo pseudoanglicismo no trax, modellato su no vax, che viene usato per etichettare sia chi si oppone a priori all’uso di app per il tracciamento dei contatti che chi invece esprime dubbi su aspetti tecnici o relativi al trattamento dei dati personali (cfr. esempi con hashtag #notrax). L’espressione è formata con il verbo inglese track /træk/, qui confuso con il verbo trace /treɪs/ di contact tracing.
In inglese i due verbi hanno significati simili ma in senso figurato possono esprimere “orientamenti” diversi:
→ track comunica l’idea di seguire delle tracce o una pista ben definita fino alla fine, quindi anche monitorare un andamento;
← trace comunica l’idea di seguire delle tracce per risalire a un’origine o a una causa.
Nuovo post: Track e trace: alcune differenze
Ho aggiunto no trax a Inglese farlocco: free vax, dove ho descritto anche gli pseudoanglicismi nazivax e fantavax.