Un suggerimento di lettura: L’Europa e la pandemia: parole di presidenti a confronto, un’interessantissima analisi della linguista Daniela Pietrini sui discorsi alla nazione per l’emergenza COVID-19 fatti da Giuseppe Conte, Emmanuel Macron e Angela Merkel a metà marzo 2020.
Sono descritte la costruzione del testo e le scelte lessicali e stilistiche in italiano, francese e tedesco, con un’attenzione particolare agli espedienti retorici usati.
Tra gli aspetti in evidenza del discorso di Conte c’è “l’insistenza sulla prima persona plurale tanto nella flessione verbale quanto nell’uso dei possessivi”: dobbiamo, siamo, stiamo, abbiamo, partiamo, possiamo, starnutiamo… il nostro DNA, il nostro Paese, il nostro obiettivo, il nostro sforzo, il nostro valore. Petrini osserva che questa scelta comunica empatia e consente a Conte di collocarsi sullo stesso piano dei concittadini a cui si rivolge.
We…
Subito dopo aver letto l’articolo mi è capitato di vedere il tweet di una ricercatrice di sociolinguistica computazionale che ha confrontato due corpora di tweet in inglese dell’ultima settimana di marzo del 2019 e del 2020, selezionati casualmente, e ha osservato che la differenza principale consisteva nell’aumento dell’uso della prima persona plurale inclusiva (“insieme ce la faremo”):
Nei prossimi mesi mi aspetto studi dettagliati sull’effetto della pandemia sulla lingua e sarà interessante vedere se sarà confermata la tendenza a usare un linguaggio più inclusivo, anche ricorrendo maggiormente alla prima persona plurale.
Pronomi inclusivi ed esclusivi
Intanto ho riletto il discorso alla nazione del primo ministro britannico Boris Johnson del 23 marzo e il primo pronome personale usato è proprio we. Ma ci si rende subito conto che è un we “esclusivo”: Johnson lo usa per contrastare il governo che prende provvedimenti, we, e i cittadini a cui si rivolge che devono seguire le indicazioni, you. Esempio: the latest steps we are taking to fight the disease and what you can do to help.
Da un punto di vista grammaticale, Conte e Johnson hanno fatto una scelta equivalente ma su chi ascolta l’effetto è diverso. Lo comunicano le scelte lessicali e stilistiche, il contesto e vari aspetti pragmatici e paralinguistici.
Sono dettagli che evidenziano una caratteristica comune alle principali lingue europee: nessuna grammatica prevede due diverse prime persone plurali, una che include l’interlocutore o gli interlocutori, e l’altra invece che li esclude.
Altre lingue invece hanno invece questa distinzione, come si può vedere in The World Atlas of Language Structure Online (WALS), un database che cataloga proprietà strutturali di centinaia di lingue e consente di rappresentarne visivamente i tratti distintivi in mappe.
Le diverse opzioni di inclusività ed esclusività sono descritte in Inclusive/Exclusive Distinction in Independent Pronouns e visualizzate su una carta dove si nota che nelle lingue Europee non c’è alcuna distinzione (pallini blu):
A proposito di pronomi:
► Italiano, a soggetto nullo
► Cos’è il singular they e come si usa
Includo un’osservazione da Twitter su una possibilità di distinguere tra noi inclusivo ed esclusivo in italiano:
Aggiungo noi due per segnalare che “noi” include solo chi parla e un singolo interlocutore, oppure anche chi parla e un altro in opposizione all’interlocutore (e altri numeri a seconda della situazione: noi tre, noi quattro ecc.).