Lockdown è un anglicismo entrato prepotentemente nelle cronache di queste settimane di emergenza per il nuovo coronavirus. Dobbiamo considerarlo ormai insostituibile, semplicemente utile oppure superfluo?
Lockdown in inglese
Lockdown è una parola di origine americana e nel lessico non specialistico ha due significati:
1 l’isolamento dei detenuti nella propria cella come misura temporanea di sicurezza (per alcuni aspetti paragonabile al cosiddetto carcere duro); è l’accezione originale che deriva dal verbo americano lock somebody down, confinare [un detenuto] in cella, da non confondersi con lock somebody up (o away), rinchiudere in prigione;
2 misure di emergenza in una situazione di pericolo in cui per questioni di sicurezza viene impedito temporaneamente di entrare o uscire da un’area o un edificio a cui è stato limitato l’accesso. La parola è da anni ricorrente nelle cronache delle sparatorie di massa negli Stati Uniti, dove ogni scuola ed edificio pubblico ha un lockdown protocol o lockdown procedures da seguire in caso di active shooter situation.
Nel gennaio 2020 l’Organizzazione Mondiale della Sanità e i media hanno iniziato a descrivere come lockdown anche le misure draconiane messe in atto in Cina a Wuhan per contenere la diffusione della COVID-19 (e ora applicate anche in Europa), estendendo così l’uso dell’accezione 2.
Lockdown nei media italiani
L’anglicismo lockdown è ricorrente nei media italiani per descrivere i provvedimenti di emergenza ora in atto nel paese, anche se finora non è usato nelle comunicazioni del governo che invece privilegia misure di contenimento.
È comprensibile che lockdown sia diventato uno dei neologismi preferiti dai media italiani, ben oltre la solita anglofilia e l’illusione che l’inglese sia una lingua più precisa: è una parola breve, dissimile da altri anglicismi e quindi subito riconoscibile, con un valore monosemico che ci consente di identificare in modo univoco un concetto di "blocco" per noi del tutto nuovo. È però una parola poco trasparente perché, anche se formata dalla combinazione di due parole del lessico inglese di base, lock e down, il senso 2 non è intuibile senza spiegazioni.
Se si osservano i commenti su Twitter, il social dove di più si discute di attualità, si nota anche che lockdown è ricorrente nei tweet sulle misure adottate dal governo di esperti veri o improvvisati, assieme a molti altri anglicismi, ma mi pare praticamente assente dalle conversazioni di vita reale.
Anche al di fuori di Twitter, fateci caso: quanti dei vostri familiari e amici in telefonate o nelle chat di WhatsApp descrivono il proprio quotidiano usando la parola lockdown?
Lockdown mi sembra quindi molto simile a tutti gli altri anglicismi che sono entrati nel nostro lessico “passivo” (ci abituiamo a sentirli e vederli, e li riconosciamo facilmente) ma non di quello “attivo” che usiamo effettivamente nelle conversazioni di tutti i giorni: due esempi tipici sono living e pet.
Disponiamo inoltre già di un termine alternativo a lockdown che, seppure da un punto di vista e con caratteristiche distintive diverse, descrive in modo più preciso le misure di contenimento per contrastare l’epidemia.
Distanziamento sociale
Il concetto di distanziamento sociale identifica l’insieme di misure (azioni di contenimento) per rallentare o fermare la diffusione di una malattia contagiosa, tra cui:
· isolamento domiciliare
· quarantena dei soggetti esposti
· chiusura delle scuole
· limitazione degli assembramenti
· restrizioni sugli spostamenti
· chiusura di servizi e attività produttive e commerciali non indispensabili che non possono ricorrere al cosiddetto lavoro agile.
Distanziamento sociale è un termine efficace perché identifica in modo preciso un concetto specifico e ben definito, è trasparente e si può apprendere facilmente. Quando è premesso da misure di diventa però molto lungo e questo lo rende poco adatto ai titoli sintetici dei media. Dubito anche che possa entrare nell’uso comune perché appare piuttosto formale, astratto e/o settoriale.
È un concetto diverso da distanza interpersonale, il termine usato dal Ministero della Salute per indicare la distanza “di sicurezza” minima da tenere tra le persone per evitare il contagio che, in base alle indicazioni, è almeno un metro (e che i media hanno chiamato anche “regola droplet”).
Quarantena
La quarantena è una delle diverse misure di distanziamento sociale, nello specifico “un periodo di isolamento e di osservazione di durata variabile che viene richiesta per persone che potrebbero portare con sé germi responsabili di malattie infettive” – Glossario del nuovo Coronavirus (ISS).
Ho notato però che nelle conversazioni informali molti usano quarantena per descrivere l’insieme di misure rivolte a tutti i cittadini, quindi non solo la situazione particolare di chi è venuto a contatto con persone positive ma genericamente lo stare a casa, valido per chiunque.
Esempi: “non vedo l’ora che finisca la quarantena”, “in questo periodo di quarantena capisco quanto sia importante per me la mia ragazza”, “se fosse vero che la quarantena dovrà prolungarsi oltre il 3 aprile…”, “non vi disperate se prendete qualche chilo in questa quarantena”.
È un uso improprio nell’accezione medica (termine di lessico specialistico) ma ormai così diffuso nel linguaggio informale (parola del lessico comune) che non può essere ignorato. La risemantizzazione è comprensibile se si pensa ai numerosi usi figurati preesistenti che esprimono una condizione di isolamento o una situazione di sospensione e blocco, come mettere o tenere in quarantena qualcosa o qualcuno (ad es. un candidato, una nomina, una promozione, una riforma, una notizia…). La coesistenza delle due accezioni crea però confusione.
Aggiornamento: nei commenti qui sotto altri dettagli su quarantena vs isolamento, su confinamento, sulla confusione che viene fatta in inglese tra social distancing e social distance, sulle ordinanze Shelter-in-Place, Stay-at-Home e PAUSE emesse negli Stati Uniti, e sulla differenza tra shutdown e lockdown (ora usato anche nelle comunicazioni istituzionali).
Nuovo post: Distanza: sociale, fisica, interpersonale
In tema emergenza coronavirus, vedi anche:
► Coronavirus: è infodemìa
► COVID-19 non è il virus ma la malattia!
► Coronavirus: conteggi errati di “ricoverati”
► La “regola droplet”, invenzione dei media
► Lavorare da casa non è smart working!
► Da epidemia a pandemia: aspetti terminologici
► Covid hospital, anglicismo inquietante
► Risemantizzazioni: tamponare, on the road
► Respiratori e ventilatori: attenzione alla traduzione!
► Contact tracing vs tracciamento dei contatti
Vignetta di NEMØ via @cartoonmovement
Licia:
Sull’origine e l’evoluzione della parola quarantena, una bella consulenza di Lorenzo Tomasin per l’Accademia della Crusca uscita oggi: Una quarantena può durare anche “solo” quattordici giorni.
granmadue:
L’uso di “quarantena” per indicare l’insieme delle misure non è, purtroppo, un’esclusiva delle conversazioni informali.
Un esempio:
https://www.giornaledibrescia.it/rubriche/cucina/gusto-e-dintorni/con-la-quarantena-tutti-in-cucina-boom-di-acquisti-di-farina-1.3467523
Francesco:
Confermo che anche a Propaganda Live la parola “quarantena” è usata con il secondo significato che hai descritto.
Licia:
@granmadue, @Francesco grazie per gli esempi. Non mi sorprende che l’uso figurato di quarantena sia passato a identificare anche una situazione reale, creando però potenziale confusione.
Va comunque osservato che nelle comunicazioni del Ministero della Salute ai cittadini non si parla di quarantena ma indifferentemente di isolamento fiduciario (o isolamento domiciliare) sia per chi è asintomatico che per chi invece è malato. I media invece usano moltissimo sia quarantena che auto-quarantena, direi calco dell’inglese self-quarantine.
In Svizzera l’Ufficio federale della sanità pubblica distingue invece tra auto-quarantena, se si è stati a stretto contatto una persona che ha contratto l’infezione da coronavirus, e auto-isolamento, se si è malati.
Tornando al lessico comune, anche in inglese c’è confusione su alcune parole chiave delle azioni individuali per il controllo dell’epidemia. Questa tabella di @MonaChalabi illustra la differenza tra social distancing, self-quarantine e isolation.
Aggiungo che in inglese c’è anche chi ha espresso perplessità sull’espressione social distancing, termine ritenuto troppo astratto e poco trasparente, per quanto ampiamente usato nelle comunicazioni dell’OMS (ma con definizioni diverse a seconda del documento, per cui risulta un concetto poco preciso). Media e istituzioni hanno cominciato a usare l’alternativa physical distancing e sui social sta circolando questa immagine, via Reddit:
Nell’inglese americano si notano anche molte occorrenze di social distancing spesso usato impropriamente come sinonimo di social distance, che nell’accezione più recente identifica la distanza interpersonale, quantificata in 6 feet (poco meno di 2 metri). Nei media italiani ho visto la traduzione letterale distanza sociale che però va considerata un falso amico perché è un termine specialistico usato in sociologia e in prossemica con altri significati.
Negli Stati Uniti diversi stati hanno preso misure di contenimento simili a quelle italiane ma in nessun caso nelle comunicazioni istituzionali è stato usato il termine lockdown perché, come visto nel post, in America ha altri significati: comunica un divieto assoluto di spostarsi da un’area specifica.
In California inizialmente era stata emessa un’ordinanza di tipo Shelter-in-Place, che però aveva creato confusione perché solitamente indica un situazione di emergenza che richiede di rifugiarsi in un luogo designato all’interno di un edificio in seguito a contaminazioni chimiche, radioattive o ambientali di altro genere, quindi potenzialmente al di fuori del proprio appartamento. In seguito in altri stati si è optato per ordinanze denominate Stay-at-Home.
23 marzo – Aggiungo Word of the week: Shelter, un’analisi lessicale e diacronica della locuzione Shelter-in-place e del suo uso. C’è anche un riferimento all’ordinanza dello stato di New York che è stata denominata PAUSE, un acronimo inverso che sta per Policies Assure Uniform Safety for Everyone, più o meno “misure [che] assicurano sicurezza (incolumità) uniforme per tutti”.
Altri dettagli nel nuovo post Distanza: sociale, fisica, interpersonale.
Licia:
Ho notato che alcuni media hanno descritto il decreto-legge approvato dal governo il 24 marzo 2020 come Decreto Lockdown Italia, anche se in nessuna comunicazione istituzionale è mai stato usato questo nome.
granmadue:
Mi sembra interessante segnalare che anche scienziati e addetti ai lavori, talvolta, utilizzano quarantena per indicare l’insieme delle misure per tutti i cittadini. Ha detto oggi in tv Ranieri Guerra, Vicedirettore generale iniziative strategiche dell’OMS: «(…) avrei quarantenato la popolazione».
Licia:
Aggiungo qualche altro dettaglio. Il Portale linguistico del Canada ha pubblicato Glossary on the COVID-19 pandemic, un glossario bilingue in inglese e francese rivolto a comunicatori e traduttori con lo scopo di garantire una comunicazione corretta, efficiente e comprensibile sulla pandemia da COVID-19. Contiene decine di termini da vari ambiti tra cui medicina, sociologia e politica.
Qui il confronto tra lockdown, isolation e quarantine in inglese e confinement, isolement e quarantaine in francese:
Sul modello francese, ho visto che c’è chi propone di usare confinamento per lockdown anche in italiano. Nell’italiano contemporaneo al momento confinamento è usato quasi esclusivamente come termine della fisica, calco dell’inglese confinement. In italiano confinamento è anche una variante meno comune di confino, parola molto connotata perché durante il fascismo era una pena restrittiva della libertà personale consistente nell’obbligo per il condannato di dimorare in un luogo appartato e lontano da quello abituale, e in senso figurato significa “isolamento penalizzante”. Nell’accezione transitiva anche il verbo confinare e l’aggettivo e il sostantivo confinato portano con sé la connotazione negativa di pena e punizione che in inglese è assente da lockdown, parola che non viene associata a provvedimenti repressivi: chi si trova “in lockdown” sa che è una condizione temporanea volta a salvaguardare la propria incolumità. Proprio per questo ritengo che le connotazioni negative di confinamento non ne facciano un’alternativa soddisfacente a lockdown. La locuzione usata dal governo italiano, misure di contenimento, ha invece il vantaggio di essere un termine non connotato.
Ho notato che in una notizia del Ministero dell’Interno viene chiamato lock down (sic) lo “stop temporaneo alle attività produttive non ritenute indispensabili”. È un’interpretazione incongruente con l’accezione inglese che ribadisce la scarsa trasparenza dell’anglicismo e anche scarsa conoscenza dell’inglese: la chiusura di servizi e attività produttive e commerciali si chiama shutdown (negli Stati Uniti shutdown indica anche una situazione politica particolare in cui vengono sospese le attività di ministeri e agenzie federali).
Licia:
Un altro esempio istituzionale di confusione tra shutdown e lockdown: il presidente della Regione Veneto Luca Zaia il 17 aprile ha dichiarato, riferendosi alle attività economiche, che grazie al trend positivo ci si può preparare alla ripartenza e che “il lockdown, cioè la chiusura totale, non esiste più” .
Nel Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (DPCM) del 10 aprile 2020 che ha istituito un comitato di “esperti in materia economica e sociale” per gestire le nuove fasi dell’emergenza, appare questo capoverso:
CONSIDERATO che le principali misure di contenimento dell’emergenza epidemiologica COVID-19, previsti dai citati decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, hanno imposto la sospensione delle attività economiche e produttive del Paese, la chiusura degli esercizi commerciali, la sospensione delle attività didattiche, culturali e sportive, nonché la limitazione della libertà di circolazione dei cittadini e, più in generale, una situazione di lockdown del Paese;
Non è affatto chiaro cosa si intenda con lockdown e in cosa si differenzi dalle misure di contenimento appena descritte.
Antonello:
Penso che dei termini in inglese, che hanno sempre cento significati, a noi italiani non aiutano. Che la comunicazione deve essere semplice e scolastica, accessibile e comprensibile per tutti. Ogni legge e decreto più che essere interpretato deve essere tradotto in modo elementare, sicuramente troveremo dei commenti come ” abbiamo capito c’era bisogno di questa spiegazione? “, ma, meglio non trovare commenti come ” ..e cosa sarebbe? che significa?” si avranno sicuramente più lettori che, man mano potranno essere dirottati verso una corretta lettura dei decreti anche scritti in maniera più complessa ma non con questi errori evidenti. Quanto al presidente Zaia, complimenti ai suoi dirigenti a digiuno di inglese, avrebbe potuto dire, è finita la situazione di pericolo e di emergenza. Tutto più semplice. Invece quanto al presidente Conte, ringraziando sempre i suoi dirigenti, poveri di linguaggio, avrebbe potuto scrivere semplicemente “fermo di tutte le attività e circolazione di persone”. Sarebbe mancato qualcosa? Perchè utilizzare questi termini in inglese, possiamo anche creare degli acronimi se proprio non vogliamo rincorrere all’aiuto di Licia.
Licia:
Questo esempio di Matteo Cassol visto su Twitter illustra perfettamente perché nelle comunicazioni istituzionali serve molta cautela nell’uso degli anglicismi, in particolare di quelli che non si padroneggiano anche se molto diffusi. A quanto pare alcuni esponenti della giunta provinciale della provincia di Trento, tra cui il presidente Fugazzi, sono (o comunque erano) convinti che lockdown significhi allentamento della misure di contenimento.
Di scuro chi si è occupato di questo annuncio non conosce i criteri di condotta sull’uso degli anglicismi di Francesco Sabatini, in particolare il punto 1:
Giuseppina:
Male, malissimo!!!!
LOCKDOWN: confinamento, chiusura, blocco, isolamento, contenimento = ma MAI lockdown.
Chi ha scritto quest’articolo? Lockdown e’ una parola di origine americana? Vien da ridere…..
Giuseppina:
Lockdown = confinamento, chiusura, blocco, isolamento, contenimento = ma MAI lockdown.
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Elio:
Giuseppina, forse prima di parlare (beh…. scrivere) sarebbe molto meglio imparare ad esprimersi senza l’uso smodato di simbolini ed emoji.
Altrimenti si rischia di fare la stessa (se non peggiore) figura di coloro che tanto sono vituperati!
Licia:
@Elio anche su Twitter la signora ha voluto ribadire di non avere apprezzato il mio post e mi ha rivolto esortazioni come queste: sono le persone come te che imbastardiscono la lingua italiana. “Occupati di anglicismi” imparando la lingua inglese e praticandola correttamente, come dovresti fare con l’italiano e poi Il problema e’ proprio questo, persone come te che sostengono di “occuparsi di” e portano la nostra lingua allo sfacelo. Non hai altro di cui occuparti? Maglia, salto in lungo, osservazione treni di passaggio?
Alex:
salve,
stasera ho trovato serendipicamente un post di una linguista tedesca che vive in Inghilterra, che spiega qualcosa in più sull’etimo e il senso attuale del termine ‘lockdown’:
https://blogs.nottingham.ac.uk/makingsciencepublic/2020/08/07/the-meaning-of-lockdown/
Spero ti sia utile, buon proseguimento!
Rocco Di Rella:
Mi sembra di aver capito che la traduzione letterale di lockdown sia “chiudere in basso”, ossia l’equivalente del nostro “chiudere in gattabuia”. Quindi, l’origine di lockdown è la reclusione isolata di un detenuto in una cella sotterranea (la gattabuia per l’appunto).
Io credo che ci siano molti termini in italiano per descrivere ciò che vorrebbe esprimere il poco significante termine lockdown attualmente usato. Ci si vuole riferire sia ad una chiusura generalizzata di attività, sia all’obbligo (o alla raccomandazione) di restare in casa. Gli equivalenti italiani potrebbero essere: chiusura totale, quarantena generalizzata, confinamento domestico, serrata obbligatoria (proposto dalla Crusca), ecc. Quello che più mi piace è CLAUSURA SANITARIA. E’ un’espressione che racchiude perfettamente i due significati che vorremmo dare all’improprio anglicismo “lockdown”. In CLAUSURA SANITARIA infatti sono mirabilmente racchiusi i due concetti di chiusura delle attività e di isolamento/confinamento domestico delle persone. E’ un’espressione che trovo semplicemente perfetta, oltre che elegante e molto efficace.
Licia:
@Rocco, no, lockdown NON vuol dire “chiudere in basso” e tantomeno chiudere in gattabuia: si tratta di una serie di misure che NON sono in alcun modo punitive ma preventive / protettive. Riporto la definizione del vocabolario Devoto-Oli per il significato più recente in inglese che ora è usato anche in italiano: “Protocollo di emergenza che consiste nell’isolamento totale di una determinata area, con il divieto di accesso, di uscita e talvolta anche di circolazione interna, applicato per prevenire la diffusione di un contagio o in altre situazioni di grave pericolo”. Aggiungo che inglese la chiusura generalizzata di attività non si chiama lockdown ma shutdown.
Ho in programma un nuovo post sulle due principali alternative proposte in questi mesi, confinamento (ad es. Claudio Marazzini) e clausura (ad es. Corrado Augias), che ritengo poco efficaci.
Rocco Di Rella:
Licia, ti ringrazio per la risposta tempestiva, ma io intendevo riferirmi al significato originario di lockdown, che è quello che anche tu hai colto nella tua nota iniziale (confinare un detenuto in cella).
“Confinare un detenuto in cella (o in basso)” e “chiudere un detenuto in gattabuia” credo che abbiano lo stesso significato.
Rocco Di Rella:
Lock someone down = Chiudere qualcuno giù, chiudere qualcuno di sotto, chiudere qualcuno in basso, chiudere qualcuno in gattabuia
Licia:
@Rocco, l’etimologia e il significato originario del sostantivo lockdown in questo caso non sono rilevanti perché NON riguardano più l’accezione più recente recepita anche in italiano. Per lo stesso motivo per interpretare correttamente il sostantivo lockdown non c’entra neppure il verbo con accezione carceraria lock down, che NON vuol dire “chiudere giù” bensì confinare un detenuto [che è già in prigione] in cella, e si usa anche se la cella è al piano più alto della prigione!
Questo commento mi fa pensare a scarsa familiarità con i cosiddetti phrasal verb inglesi: per chi non lo sa, le preposizioni e gli avverbi che seguono il verbo NON vanno interpretati letteralmente, come mostra l’esempio di lock up nel post e verbi come turn down (rifiutare, scartare), water down (annacquare), settle down (mettere la testa a posto, sistemarsi).
Rocco Di Rella:
Siamo totalmente d’accordo sul fatto che il significato originario abbia un’importanza relativa, ma, seppur relativa, ce l’ha.
Il detenuto lo possono mettere anche all’ultimo piano dell’Empire State Building, ma la parola “down” (= giù, in basso, di sotto, ecc.), non ce l’ho messa io dopo la parola “lock”, ma ce la mettono loro (in questo caso, nemmeno gli inglesi, ma gli americani).
L’uso dei cosiddetti phrasal verbs conferma che l’inglese, soprattutto quello usato dagli americani, fa spesso a cazzotti con la logica e la linearità espressiva dei concetti. Questo litigio con la logica è quasi assente in altre lingue (per es. il tedesco). – Ciao RDR
Flavia:
@Rocco Di Rella: abbiamo molti verbi sintagmatici in italiano (regionale settentrionale) e nessuno è privo di logica, così come gli equivalenti verbi inglesi e tedeschi: https://www.treccani.it/enciclopedia/verbi-sintagmatici_(Enciclopedia-dell'Italiano)/#:~:text=Simone%20(1997)%20presenta%20una%20lista,dizionari%20italiani%20oltre%20220%20verbi.
Licia:
@Flavia, grazie: ottimo riferimento.
Scodrensis:
Le regioni italiane non hanno governatori, ma presidenti.
https://accademiadellacrusca.it/it/consulenza/le-regioni-italiane-non-hanno-emgovernatoriem-ma-presidenti/2791