Nei media italiani le notizie non firmate spesso hanno come fonte un’agenzia di stampa. Di chi è la responsabilità di eventuali errori? Chi deve verificare i contenuti? Ho visto opinioni diverse in Quando a sbagliare sono le agenzie e in alcune discussioni sui social, ad esempio qui e qui.
La mia impressione è che raramente vengano fatti controlli sui testi delle agenzie, altrimenti non capiterebbe di vedere le stesse traduzioni strampalate in media diversi. Esempio recente, apparso su varie testate, di un tweet di Donald Trump sulle manifestazioni di protesta in Iran in seguito all’abbattimento di un aereo di linea:
(da un tweet di @latraduzionedim )
Davvero Donald Trump ha esortato il regime iraniano a consentire ai giornalisti di navigare gratis su Internet? No, è una traduzione errata, eppure nelle redazioni che hanno riciclato il testo nessuno si è accorto che era un dettaglio implausibile.
Riferimento originale:
Trump avverte il regime iraniano che è sotto sorveglianza (the USA is watching) e lo esorta a ripristinare l’accesso a Internet (turn your internet back on), impedito come misura di repressione, e a consentire libertà di movimento ai giornalisti (let reporters roam free). La richiesta non ha nulla a che vedere con l’uso di reti di operatori di telefonia mobile diversi dal proprio quando si è all’estero (roaming)!
Roam in inglese: parola e termine
Chi ha tradotto probabilmente ha conoscenze dell’inglese limitate. Saprebbe altrimenti che il verbo roam è una parola del lessico comune, in uso dal XIV secolo, che significa andare in giro, vagare senza una meta predefinita, ma anche spostarsi senza costrizioni in un’area molto ampia, anche in senso figurato. Una collocazione tipica è roam freely, in particolare in associazione a mind o imagination.
L’accezione tecnica, un termine del lessico specialistico della telefonia mobile, è invece una risemantizzazione recente che ci è familiare perché è stata adottata anche in italiano nella forma sostantivata roaming.
Le vignette giocano con la polisemia di roaming, difficilmente riproducibile in traduzione, e consentono di osservare un tratto comune a molti anglicismi entrati in italiano da ambiti tecnici.
Roaming in italiano, un anglicismo tipico
In italiano di solito adottiamo solamente la nuova accezione di termini inglesi che hanno origine da risemantizzazioni di parole comuni, come roaming. È un uso ristretto e più specifico che rende il prestito monosemico e riduce le ambiguità ma gli fa perdere trasparenza: il significato primario della parola, eventuali usi figurati che ne sono derivati o altri rimandi non sono riconoscibili da chi ha una conoscenza inadeguata della lingua di origine.
Succede così che un traduttore improvvisato ignori le altre accezioni del verbo roam e possa produrre frasi improbabili come lasciate che i giornalisti navighino gratis.
Non è un caso isolato: nella categoria media ho raccolto parecchi esempi di errori di traduzione riconducibili ad agenzie di stampa e poi propagati senza alcuna correzione da testate varie. Di chi è la responsabilità? Chi deve verificare i contenuti? Me lo chiedo da tempo!
John Dunn:
Un errore, si, ma a mio parere perdonabile per due motivi. 1. Nella prima metà della frase Trump parla dell’internet ed è ragionevole pensare che nella seconda metà si tratti dello stesso tema. 2. ‘Roam free’ mi sembra un’espressione atipica per il Trumpese, e chi ha studiato per gli ultimi tre anni questa lingua un po’ particolare può facilmente essere fuorviato dal comparso inaspettato di questa collocazione.
Licia:
@John sarebbe stato interessante vedere la traduzione della stessa frase in un contesto diverso! Sicuramente possiamo considerare l’interpretazione errata un esempio di priming: l’esposizione a uno stimolo (in questo caso Internet) influenza la comprensione di uno stimolo target (roam) che appare subito dopo e appare in qualche modo correlato. E questo può portare spesso a fraintendimenti o effetti umoristici imprevisti: un esempio in Di delitti e di pene (e di priming).
La scarsa conoscenza dell’inglese dell’autore dell’articolo non consente di escludere l’interpretazione errata perché quasi sicuramente chi ha tradotto ignora che roam free è una collocazione familiare agli anglofoni: è la più frequente del tipo roam+aggettivo, e forse questo spiega anche perché Trump l’ha usata, nonostante appaia insolita per il suo idioletto.
Esempi dal corpus di libri di Google Ngram Viewer:
Non mi stupirei se fosse una scelta voluta: negli Stati Uniti roam free si usa molto anche in riferimento alle mandrie e, conoscendo l’antipatia di Trump per i media e i giornalisti, forse l’associazione implicita agli animali non è casuale!
Da notare anche che ha usato reporter, parola per lui abbastanza insolita: si scaglia sempre contro i giornalisti ma nei suoi tweet ha usato reporter(s) solo 11 volte nel 2019 e 10 nel 2018, mentre sono innumerevoli le occorrenze di media (corrupt media, fake news media, LameStream media ecc.).
Un’ultima considerazione: Trump si rivolge principalmente ai suoi elettori. Quanti di loro conoscono il significato tecnico di roaming? A noi europei è molto familiare ma dubito che faccia parte della loro quotidianità. E anche in italiano è un termine sempre meno presente nel lessico comune perché dal 2017 chi si sposta all’interno dell’UE non se ne deve più preoccupare, come accennato in Plug and Play, chi se lo ricorda?
John Dunn:
@Licia: Grazie della tua risposta. In questo contesto ‘media’ non serve, perché è troppo astratto: qui Trump ha in mente non il sistema, ma proprio le persone. Ma è notevole che usa reporters, anziché journalists, la parola generalmente più usata nell’inglese odierno. Forse per Trump i reporters sono quelli che vanno sul posto trovare le notizie, mentre i journalists restano nelle loro redazioni dove scrivono articoli contra Trump. Ma è anche vero che ‘reporter’ è una parola più corte e più facile da scrivere.
Conosco personalmente qualcuno chi ha votato Trump e chi conosce di sicuro il significato tecnico di roaming. Ma forse questo è un caso più unico che raro.