Quantifauxcation è una parola inglese che ho scoperto recentemente e che mi piace molto perché denomina un concetto utile ed è creativa, trasparente e facile da ricordare.
È stata coniata da Philip B. Stark, docente di statistica alla University of California a Berkeley. È formata sostituendo la terza sillaba di quantification, “quantificazione”, con la parola faux /fəʊ/, “falso, artificiale, ad imitazione”.
Si ha quantifauxcation quando vengono presentati studi o altre informazioni con statistiche o numeri inventati, assegnati a caso o non facilmente verificabili, ma che conferiscono credibilità per il fatto stesso di esprimere una quantità. Più è complicato e macchinoso il metodo per ottenere i numeri, più appaiono convincenti.
Quantifauxcation in pratica
Alcune tra le caratteristiche del processo di quantifauxcation individuate da Berkeley:
1 operare in un ambito che non implica grandezze “fisiche” misurabili, oppure in una disciplina con fenomeni particolarmente complessi, per cui ci si può inventare qualsiasi tipo di modello;
2 formulare ipotesi che non possono essere facilmente messe in dubbio;
3 fare un annuncio ad effetto, che faccia notizia;
4 fare affermazioni che la gente vuole sentirsi dire;
5 usare modelli e metodi complessi, e/o che richiedono grande potenza di calcolo: meno trasparenti sono, meno verranno messi in dubbio (c’è chi confonde complessità e precisione!)
In una presentazione di Stark si possono vedere alcuni modelli “scientifici”, noti anche al grande pubblico, che in realtà sono esempi di quantifauxcation, tra cui la correlazione tra minore assunzione di sale (cloruro di sodio) e riduzione della mortalità per malattie cardiovascolari.
Quantifauxcation linguistica
Anche in ambito linguistico ci sono esempi di quantifauxcation, in particolare notizie o “studi” ad alto impatto mediatico a cui sono associati dati numerici che conferiscono una patina di scientificità e per questo non vengono messi in dubbio.
Un esempio, per quanto elementare, è la bufala dell’italiano quarta lingua più studiata al mondo, un dato improbabile che però continua a essere citato anche se è stato smentito da varie fonti, tra cui Pagella Politica.
Un altro esempio ricorrente è quello degli anglicismi che in italiano sarebbero aumentati addirittura del 773% in pochi anni, un dato usato anche in proposte di legge, e altre statistiche e numeri catastrofistici sul futuro della nostra lingua a cui ho accennato in Davvero fra 80 anni non si parlerà più italiano?
Altri esempi di quantifauxcation linguistica:
► Dubbi su “Itanglese +440%” (aumento degli anglicismi)
► Solo 800 parole? (sul vocabolario degli adolescenti)
► “Se lo dice il dizionario…” (conteggi di lemmi a supporto di “allarmi linguistici”)
Andrea:
Carina come parola, blog sempre interessante come al solito.
Qualche perplessità sugli esempi fatti da Stark, mi sembra che sia lui a forzare i numeri e quindi a ‘quantifauxcare’, ma ho dato solo una letta veloce.
Anche per gli esempi che fai in ambito linguistico non mi pare che rientrino nella categoria, non ci sono complessi calcoli non verificabili, semplicemente non esistono le fonti accreditate, per me sono semplici bufale.
Licia:
@Andrea questi sono gli ambiti di ricerca di Stark: his research centers on inference problems and uncertainty quantification, with applications including astrophysics, causal inference, climate modeling, cosmology, earthquake forecasts and seismic hazard, elections, endangered species, food webs, the geomagnetic field, geriatric hearing loss, information retrieval, Internet content filters, legislation and litigation, risk assessment, seismic structure of Sun and Earth, spectrum estimation, and urban foraging as a source of nutrition in “food deserts.” Altri dettagli nel suo profilo.
Sulle caratteristiche che identificano la quantifauxcation, per quello che ho visto non mi pare necessario che siano presenti tutte contemporaneamente. Credo quindi che si possano includere anche gli esempi linguistici come quelli che ho fatto, per quanto molto elementari, perché per dimostrare una tesi usano numeri ricavati in modo non scientifico.