Questo titolo di SkyTG24 ha suscitato molte ironie:
Contesto: le divergenze tra Lega e M5S su nuovi possibili provvedimenti contro gli stupratori.
Lo stile stringato del titolo, senza articoli, rende ambigua la parola polisemica pene. Non è però l’unico meccanismo che consente l’effetto umoristico: interviene anche un fenomeno noto come lexical priming* che qui riguarda l’ordine in cui appaiono i sostantivi.
Prime
Nel lessico comune inglese il verbo prime ha vari significati che hanno alla base il concetto di preparare qualcosa o qualcuno ad entrare in azione, ad es. innescare armi da fuoco o esplosivi.
La parola ha poi subito processi di terminologizzazione e in alcuni ambiti specialistici ha acquisito ulteriori significati. Nella psicologia, ad esempio, priming descrive il fenomeno per cui l’esposizione a un particolare stimolo influenza la reazione agli stimoli successivi.
Lexical priming
Nell’apprendimento della nostra lingua non acquisiamo le parole come entità singole e isolate ma le impariamo in relazione ai co-testi e ai contesti in cui appaiono. A livello di subconscio, ci aspettiamo che ciascuna parola riappaia poi in strutture grammaticali, circostanze e contesti simili a quella in cui l’abbiamo già incontrata: questo processo è il lexical priming.
Una conseguenza è che l’esposizione a uno stimolo che possiamo chiamare prime facilita e influenza la comprensione di uno stimolo target che appare subito dopo e gli è in qualche modo correlato.
Il priming riguarda diversi aspetti delle interazioni tra elementi lessicali:
1 collocazioni ➝ le altre parole con cui un elemento lessicale tende a presentarsi assieme (co-occorrenze);
2 associazioni semantiche ➝ le altre parole di un set semantico (cfr. anche sistema concettuale);
3 colligazioni➝ le strutture sintattiche in cui una parola appare più frequentemente (riguarda anche le posizioni di una parola all’interno di un testo, ad es. se tende ad apparire all’inizio o alla fine);
4 associazioni pragmatiche ➝ le funzioni ricoperte dall’elemento lessicale (gli scopi per cui viene usato).
Da castrazione a pene
Nel titolo di esempio, il priming riguarda un’associazione semantica: la parola castrazione fa parte di un set semantico a cui appartiene anche la parola pene. A sua volta il sostantivo maschile pene appare spesso in collocazione con aumentare (ad es. in traduzioni letterali dei famigerati messaggi enlarge your penis). L’interpretazione del titolo viene così condizionata da questi stimoli, con inevitabile effetto umoristico.
La reazione non sarebbe la stessa se le informazioni fossero state date nell’ordine inverso: pene è una parola polisemica che appartiene a più set semantici, più ampi di quello invece ristretto di castrazione. Se la parola pene fosse stata immediatamente preceduta dal nome del ministro, ci sarebbe stato uno stimolo diverso che avrebbe fatto prevalere subito l’accezione “giuridica” di pene, facendo passare inosservata o comunque non così eclatante l’ambiguità (a meno che non si abbia l’abitudine di riferirsi al ministro con epiteti anatomici…).
Rimane solo un dubbio: quella del titolista sarà stata una scelta consapevole o invece del tutto fortuita, come succede per l’ambiguità sintattica dei cosiddetti crash blossom nei media di lingua inglese?
* La teoria del lexical priming è stata sviluppata dal linguista britannico Michael Hoey. Descrive concetti molto utili per chi si occupa di traduzione letteraria perché fanno riflettere sulle parole e le loro interazioni da punti di vista non tradizionali.
Suggerimento di lettura: Lexical priming, un articolo introduttivo breve ma molto efficace di Hoey, rivolto in particolare a chi parla inglese come seconda lingua.
Gianmaria:
Grazie Licia per il supporto teorico!!!!
Daniela:
Grazie delle informazioni che ci dai, sempre estremamente utili. Ho letto l’articolo di Hoey, anche questo molto interessante: la “frequentazione” di una lingua, in tutte le sue forme, è fondamentale, come non concordare? Quando ho bisogno di capire le espressioni più attuali della lingua parlata (mi riferisco soprattutto all’inglese), basta che chieda ai miei figli: la loro “esposizione” giornaliera alle serie tv che vedono in versione originale li pone decisamente qualche gradino più in su rispetto a me, da questo punto di vista.
Flavia:
Secondo me è una scelta fortuita – quella del titolista – dovuta alla necessità di concentrare il pensiero di Di Maio in due sintagmi; piuttosto m’interrogherei sulla capacità di anticipazione dei lettori: è ovvio che la “castrazione non serve” per “aumentare pene”. Tutte quelle attività di elicitazione che gli facciamo fare a scuola…:-D
Alberto:
Sul piano diacronico e su quello lessicografico la relazione tra pene 1 e pene 2 è senz’altro di omonimia. L’omonimia è peraltro contemplata anche dalla teoria di Hoey: in Hoey (2005: 80),infatti, se ne fa un cenno cursorio che presuppone che sia distinta dalla polisemia (seppure da trattare allo stesso modo). Resta il lessico mentale, e si potrebbe trovare un modello di rappresentazione di reti polisemiche che colleghi le due entrate pene 1 e pene 2. Tuttavia mi sembra più cauto parlare di omonimia in questo caso.
Indomita Utopia:
@Licia—Pene, anche secondo a Di Maio non va pene (ops bene)! Aggiungerei l’articolo (le pene) o meglio renderei singolare (la pena), così da incanalare la parola verso il suo significato giuridico. Sarà a causa del priming che ormai vedo solo l’accezione anatomica?
Piero Furiesi:
Aggiungerei che molti hanno perso la differenziazione della pronuncia di “e” aperta e chiusa, per cui “péne” e “pène” sembrano loro omofoni: basta un dialogo tra un milanese e un fiorentino per cadere facilmente nel comico…
Licia:
@Daniela ai miei tempi al primo anno di università, quando non si aveva accesso a così tanto materiale in lingua originale come ora, ci avevano consigliato di leggerci romanzetti rosa tipo gli Harmony italiani perché contenevano tutte le strutture della lingua di ogni giorno: ai tuoi figli va molto molto meglio!!
@Alberto mi pare però che omonimia e polisemia mettano in evidenza aspetti diversi della parola e non si escludono a vicenda: identità fonica e grafica per l’omonimia, segno linguistico con più significati per la polisemia.
@Piero Furesi, per me, settentrionale, sono entrambe péne, però in questo caso direi che il problema non si pone perché nel parlato si usano articoli e altri modificatori e parti del discorso che indicano il numero e il genere e quindi non consentono la stessa ambiguità di questo titolo.
granmadue:
Non è esilarante come quello di SkyTg24, ma forse non meno ambiguo il titolo che compare in questo momento su repubblica.it: “Salone Libro: spostato lo stand dell’editore vicino a CasaPound”.