Apprezzo molto gli eventi a tema organizzati dal Comune di Milano: durano qualche giorno e prevedono appuntamenti gratuiti di vario genere, di solito aperti a tutti i cittadini, come in questi giorni la seconda edizione di Milano Digital Week.
Dal comunicato stampa (grassetti miei):
Cinque giorni a porte aperte, dedicati alla produzione e diffusione di conoscenza e innovazione attraverso il digitale con un approccio inclusivo, trasversale e partecipativo. Professionisti, addetti ai lavori, cittadini, curiosi e appassionati di tutte le età avranno la possibilità di scoprire i tanti volti della Milano digitale […] |
L’intento è ottimo e il programma è ricco di proposte interessanti. Ho però parecchie perplessità sulla comunicazione che sul sito e sui social privilegia nomi e descrizioni in inglese anche se gli eventi sono rivolti a un pubblico italiano.
Interfaccia itanglese
Le opzioni del sito, monolingue, sono quasi tutte in inglese:
Gli eventi sono suddivisi in otto diversi format (!). A parte webinar e workshop, stabilmente nell’uso da anni, e ovviamente conferenza, sono tutti anglicismi superflui.
Sarei curiosa di chiedere a chi li ha scelti che differenza ritiene ci sia tra una lecture e una lezione (ed eventualmente una conferenza), tra un’exhibition e una mostra, un multimedia event e un evento multimediale, una round table e una tavola rotonda, ma anche che tipo di esperienza sia il generico experience e se con open house si intenda un evento “porte aperte”.
Dubito che riceverei una risposta soddisfacente: la preferenza per gli anglicismi – il famigerato itanglese – nasce spesso dalla convinzione che le parole inglesi siano più precise ed evocative di quelle italiane, ma è una percezione soggettiva che spesso tradisce conoscenze linguistiche inadeguate.
Nomi degli eventi in inglese
Parecchi eventi di Milano Digital Week hanno il nome in parte o completamente in inglese, anche se sono italiani i relatori e si presume anche i contenuti. Alcuni esempi:
Digital Leonardo • The digital flowers: Omaggio agli studi sul "fiore della vita" di Leonardo • Voice everywhere: il futuro è nei comandi vocali? • YOU & AI: l’Artificial Intelligence nei processi aziendali • Ticket to the future • From Heritage to Future • Digital transformation: istruzioni per l’uso • Inside the story inside the place. Come realizzare un reportage in video 360 • Informatica live experience • The district (R)evolutiON la città del futuro raccontata in comics • Come l’Artificial Intelligence sta cambiando il mondo del Travel? • Bocconi for Digital Transformation: Knowledge That Matters • Everyone can create • Digital Dinner • Legal tips per digital marketers.
In tutti questi esempi sono state usate parole del lessico comune inglese e due termini tecnici, artificial intelligente e digital transformation, che però hanno un equivalente italiano in intelligenza artificiale e trasformazione digitale. Anche in questo caso si tratta quindi di anglicismi superflui.
Descrizioni senza spiegazioni
Anche nelle descrizioni degli eventi abbondano gli anglicismi, giustificabili solo se sono internazionalismi o termini adottati come prestiti, ad es. blockchain, big data e design thinking che non hanno vere alternative italiane.
Spesso mancano spiegazioni che chiariscano il significato di anglicismi e termini specialistici noti agli addetti ai lavori ma potenzialmente incomprensibili per chi non ha già familiarità con gli argomenti. Esempio:
Dare per scontati riferimenti e informazioni che sono abituali solo per chi scrive ma non per i lettori meno esperti è un esempio di maledizione della conoscenza. Purtroppo in questo modo viene meno l’intento di rendere l’evento “inclusivo, trasversale e partecipativo” e di raggiungere anche “cittadini, curiosi e appassionati di tutte le età”.
Scelte linguistiche più accorte
Concludo con alcuni suggerimenti per evitare la maledizione della conoscenza e rendere le informazioni più fruibili a tutti i cittadini:
➜ seguire i criteri di condotta sull’uso degli anglicismi di Francesco Sabatini:
➜ stilare delle linee guida per chi contribuisce alla manifestazione, ad es. indicazioni sulla scelta dei titoli degli eventi, sulla struttura delle descrizioni, su come identificare i termini che richiedono spiegazioni;
➜ creare un glossario con tutti i termini rilevanti e renderlo facilmente accessibile, ad es. prevedere che le singole voci siano consultabili direttamente dalle pagine del sito dove appaiono;
➜ prima di pubblicare il programma, sottoporre i testi a lettori reali e rappresentativi del pubblico di riferimento per verificare se ci sono problemi di comprensione.
Mi auguro di riuscire a fare leggere queste osservazioni agli organizzatori del Comune: è un contributo come cittadina che apprezza le iniziative ma si aspetterebbe più cura per gli aspetti linguistici.
.
In tema: Elenco di anglicismi istituzionali
I nomi delle manifestazioni organizzate dal Comune di Milano sono quasi sempre in inglese, a parte il nome della città. Prevalgono due modelli:
1 Milano <x> Week (x è Green, Movie, Heart, Arch…)
2 <x> City Milano (x è Piano, Book, Music, Food…)
Esempio:
Vedi anche: Da NoLo all’East Side: è Milano!
Paoblog:
Oltre che più cura per gli aspetti linguistici, come cittadino mi aspetterei anche una risposta dal Comune o chi per esso. Speranza vana, lo so.
alessandro:
È uno dei casi in cui l’itanglese è usato come componente imprescindibile del marketinghese, di cui il testo intitolato “Big data e social influencing” è un tipico esempio: valga per tutti l’odiosa accezione in cui il marketinghese usa abitualmente la parola “valore”: un’accezione che non figura tra quelle illustrate in
http://www.treccani.it/vocabolario/valore
ma che deriva forse da una forzata distorsione del significato 4a.