C’è una notevole differenza tra il nome italiano Puffo e quello originale francese Schtroumpf, ideato nel 1958 dal fumettista belga Peyo.
Questa carta mostra che solo poche altre lingue in Europa si scostano così tanto dal nome originale:
Fonte: u/Udzu
Nella carta:
in blu il nome originale francese Schtroumpf e nomi derivati;
in azzurro il nome neerlandese Smurf e derivati;
in lilla altri nomi con iniziale S, come il tedesco Schlumpf;
in rosso i nomi che iniziano con un’altra consonante, come l’italiano Puffo, lo spagnolo Pitufo e il catalano Barrufet.
Da Schtroumpfs a Puffi passando per Strunfi
Il nome originale francese Schtroumpf aveva avuto origine da un’interazione tra Peyo e il collega fumettista Franquin. Peyo gli aveva chiesto di passargli qualcosa ma gli era mancata la parola e aveva detto “Passe-moi… le schtroumpf!” Ne era nata una gag tra i due che per divertimento continuavano a sostituire i nomi delle cose con schtroumpf.
In francese Schtroumpf ha un effetto comico perché è una parola difficile da dire, ha una pronuncia quasi uguale alla parola tedesca Strumpf, calzino, ed è una sequenza di fonemi che presenta anche aspetti onomatopeici e può evocare uno starnuto.
Sono caratteristiche che in buona parte si ritrovavano nel primo nome italiano Strunfi, apparso nel 1963 nella prima storia pubblicata dalla rivista Tipitì. Con il passaggio del fumetto al Corriere dei piccoli gli ometti blu erano diventati Puffi, nome carino e buffo che evita la cacofonia e la potenziale associazione volgare di Strunfi ma che perde le connotazioni dell’originale.
Aspetti fonosimbolici
C’è anche un possibile aspetto fonosimbolico che viene a mancare nel nome italiano. La consonante iniziale di Schtroumpf /ʃtʁumf/ è una fricativa, quindi un suono che può essere prolungato.
I suoni che comunicano esitazione e ci escono di bocca per abbozzare una parola quando non ci viene in mente quella giusta sono continui, ad es. sequenze di /ʃ/, oppure la nasale bilabiale /m/ o il suono vocalico neutro e indistinto /ə/.
L’iniziale /p/ di Puffo invece è una consonante occlusiva, un suono momentaneo che non si presta a rappresentare incertezza.
Umberto Eco e la traduzione dei Puffi
Anche Umberto Eco si era dedicato ai Puffi, manifestando perplessità sul loro nome e sulla traduzione italiana in un articolo del 1979, Schtroumpf und Drang.
Per Eco le storie dei puffi hanno un grande rilievo semiotico e consentono una meditazione pratica sul funzionamento contestuale del linguaggio. Eco confronta vari aspetti del “puffese” italiano all’originale francese con riflessioni su lessico e sottolessico, su linguistica del testo e pragmatica del discorso, sulla cooperazione interpretativa richiesta al lettore, e molto altro.
È una lettura piacevolissima con considerazioni molto utili soprattutto per chi traduce, però interessante anche per chiunque sia incuriosito dai meccanismi linguistici e di comunicazione.
Immagini dei Puffi da social media
.mau.:
In effetti “scpuffo” sarebbe stato meglio 🙂
alessandra pazzagli:
Molto interessante
Licia:
@.mau., concordo, però c’è il problema di scrittura: per le regole dell’ortografia italiana le prime due lettere di scpuffo si leggono /sk/ e non /ʃ/.
@Alessandra, grazie 🙂
.mau.:
prova a pronunciare /skp/ e poi ne parliamo 🙂 (in altri termini, la combinazione “scp” in italiano non è ammessa…)