Prima del 14 agosto 2018, il giorno del crollo del Ponte Morandi a Genova, probabilmente non tutti conoscevano il termine tecnico strallo. Ora invece non abbiamo alcuna difficoltà a individuare i quattro stralli in questa foto:
Anche senza immagini sapremmo descriverli perché sono strutture diventate inconfondibili: ormai fanno parte delle nostre conoscenze e rappresentano un concetto riconoscibile.
Domanda: vale lo stesso anche per altri termini ricorrenti nelle notizie sul Ponte Morandi, come ad es. impalcato, antenna, pila vs pilone di sostegno, trefolo? Forse no, invece sono convinta che ricorderemo a lungo strallo e che sia una delle parole più rappresentative del 2018.
È innanzitutto il simbolo di un evento tragico che non potremo mai dimenticare ma rivela anche alcuni aspetti lessicali che rendono alcune parole più memorabili di altre.
Origine di strallo
Abbiamo imparato che nell’ingegneria civile lo strallo è un particolare tipo di tirante di acciaio – in questo caso in calcestruzzo armato precompresso – usato per fissare lateralmente una struttura in modo da evitare cedimenti o flessioni laterali.
Il termine arriva dal lessico marinaresco attraverso un processo di risemantizzazione: nelle navi lo strallo è il cavo d’acciaio che sostiene l’albero verso prua ed è fissato alla coperta. L’etimo però è incerto.
Perché strallo è una parola memorabile
Strallo è una parola breve, formata solo da due sillabe e perfettamente conforme alle regole fono-morfologiche dell’italiano: è facile da pronunciare e da ricordare.
Nessun elemento lessicale è un’entità isolata: ciascuna parola è sempre usata in relazione ad altri concetti ed evoca rimandi e associazioni ad altre parole che possono aiutarci a ricordare più facilmente un vocabolo o un termine che non conoscevamo.
In italiano ci sono molte parole la cui sequenza iniziale è stra come in strallo: penso a strada, strage, strappo, allo strazio di una tragedia che ha stravolto una città, a quel camion fermo a pochi centimetri dallo strapiombo. E poi le polemiche, gli strali su chi ha straparlato, gli strascichi inevitabili.
Anche la parte finale della parola, allo, ne richiama altre, ad es. strallo d’acciaio può far pensare a metallo, ma anche alla situazione politica di stallo che si era creata nelle decisioni relative al ponte e negli innumerevoli dibattiti in cui non mancava mai qualche rimpallo di responsabilità.
Gli “agganci” ad altre parole facilitano la memorizzazione, un aspetto che invece spesso è inesistente per i forestierismi. Esempio: quanti ricordano cos’è il parbuckling, un tecnicismo che qualche anno fa aveva riempito le cronache italiane?
Nella parola strallo si possono inoltre rilevare aspetti fonosimbolici: le vocali a e o tendono a comunicare grandezza, importanza e pesantezza: provate a pensare a uno strallo e confrontare poi la parola con un’altra che si distingue solo per una vocale, strillo.
Sono tutti elementi che, in misura diversa, possono avere contribuito a rendere strallo una parola più memorabile di altre, facendola diventare un simbolo “lessicale” di quanto è successo a Genova. È anche per questo che per me strallo è una parola dell’anno. .
Altre parole del 2018
Mi ricollego all’hashtag #2018in3parole per aggiungere altre tre parole significative dal punto di vista del blog.
La parola del blog del 2018 è sicuramente gig economy, che ha generato più di 80000 visualizzazioni per il post Cos’è la gig economy. Il picco delle ricerche è avvenuto lo scorso giugno, in concomitanza con il Decreto Dignità voluto dal ministro del lavoro Luigi Di Maio – cfr. anche Rider? Meglio in italiano! sul neologismo ciclofattorino. Altre parole associabili alle attività del ministro e del governo che hanno ricevuto attenzione nel 2018: prenditore, navigator, flat tax, pentaleghista vs legastellato, gialloverde.
Il neologismo italiano del 2018 che mi ha colpita di più è usato solo sui social ed è la risemantizzazione della parola onomatopeica clic, descritta in Tweet aggressivi? CLIC!
Il neologismo inglese del 2018 che ho trovato più ingegnoso è voldemorting. Descrive i giochi di parole, nomi distorti, metafore o locuzioni varie, spesso creativi e divertenti, usati per alludere a personaggi famigerati senza chiamarli per nome e in modo che il riferimento sia palese per chi legge ma non venga riconosciuto dai sistemi di ricerca e dagli algoritmi che determinano a cosa dare rilevanza sui social. Dettagli in Capitan Trippa e Tontinelli: è “voldemorting”?
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Vedi anche:
• Techlash e altre parole “tossiche” del 2018
• 2018, anno di plogging, floss, gaslighting…
Federico:
Quando ho letto questa frase “Vale lo stesso anche per altri termini ricorrenti nelle notizie sul Ponte Morandi, come ad es. impalcato, antenna, pila vs pilone di sostegno, trefolo?”, ho capito perché gli spagnoli mettono il punto interrogativo (rovesciato) anche all’inizio! 😂
Licia:
@Federico, non ci avevo pensato, hai ragione! Ho aggiunto un esplicito Domanda: così si capisce subito dove voglio andare a parare. 😉
Flavia:
Cara Licia, condivido in pieno la tua analisi sulla parola ‘strallo’ e i motivi che la rendono memorabile; penso anch’io che
“Nessun elemento lessicale è un’entità isolata: ciascuna parola è sempre usata in relazione ad altri concetti ed evoca rimandi e associazioni ad altre parole […]” e vado oltre: le parole ‘esistono’, in attesa di persone che le mettano in relazione fra di loro e con le persone.
Come si potrebbe definire questo ramo della linguistica? 😉
Auguri di un buon anno, pieno di ‘parole’.
lonti:
Sarà la deformazione professionale, ma la definizione di “strallo” mi pare poco corretta: di solito gli elementi che servono ad impedire spostamenti laterali sono i controventi. Lo strallo nei ponti serve a sostenere l’impalcato.
Licia:
@lonti, grazie per la precisazione. Ho usato una definizione di strallo che sintetizza quelle che si trovano nei dizionari e che non includono il riferimento a impalcato perché non tutti sanno che è l’insieme delle strutture di sostegno orizzontale del piano stradale di un ponte.
@Flavia, grazie per gli auguri!
Sulle analisi delle parole (associazioni, connotazioni, aspetti fonosimbolici), non so se ci sia una branca specifica della linguistica ma sono tipiche di chi si occupa di naming, possono essere richieste anche dal lavoro terminologico e nella localizzazione vengono fatte nelle cosiddette valutazioni di globalizzazione.