In che lingua è il nome di questi biscotti e come si legge? 🤔
ThéFroll è un esempio di inglese farlocco o comunque un nome ibrido rivolto a consumatori italiani, all’apparenza internazionale e comprensibile senza spiegazioni ma che non ha senso né in inglese né in altre lingue.
Froll non è una parola inglese, anche se potrebbe sembrarlo (esistono troll, droll, frill…). L’accento su thé esclude l’articolo determinativo inglese e fa pensare invece alla parola francese per il tè – che però non è tra gli ingredienti.
Forse il nome cerca di suggerire che questi biscotti vanno bene per il tè, anche se non viene evocato da nessun dettaglio sulla confezione? Ho pensato anche a un prodotto tipico britannico ma il collegamento sarebbe davvero contorto.
Rich tea biscuit
In inglese c’è un tipo di biscotti che si chiama Rich tea e ha la peculiarità di essere considerato quello più adatto a essere inzuppato nel tè. Gli ingredienti principali sono farina, latte, zucchero, burro o altri grassi (ma non uova) e l’aggettivo rich del nome in questo caso è in riferimento allo zucchero, che un tempo era un ingrediente lussuoso.
Immagine e dettagli da Rich Tea: the most dunkable biscuit.
Frollini vs shortbread
I biscotti ThéFroll sono descritti come frollini preparati con farina, uova, un contenuto ridotto di grassi e dolcificati con zucchero di canna e miele. Non mi pare siano quindi equiparabili agli shortbread britannici, come da indicazione dei dizionari bilingui alla voce frollino.
Gli shortbread infatti hanno solo tre ingredienti – zucchero, farina e molto burro – e non contengono uova, al contrario della maggior parte dei frollini italiani e della pastafrolla da cui prendono il nome.
Una caratteristica degli shortbread è che si sbriciolano facilmente. L’aggettivo short riferito ai dolci indica infatti un’alta quantità di grasso in rapporto alla farina e quindi friabilità dell’impasto. Una parola correlata è il sostantivo shortening, qualsiasi grasso usato in pasticceria per rendere friabile (“frolla”) la pasta.
Vedi anche: Thé best (un altro nome ibrido)
A proposito di torte e biscotti, in italiano e in inglese:
🍪 Biscotti: digestive ma non digestivi
🍪 “Biscotto” in inglese – significati metaforici
🍪 Cookie – se sono informatici non sono biscotti!
🍪 Questioni di pane e di torte (Wallace & Gromit)
🍪 Affinità con i piccoli utenti – da cookie a cacca!
🍪 Frida Kahlo e gli inesistenti biscotti “al bourbon”
🍪 Storie di biscotti (e di denti) – i cantuccini in America
Paoblog:
Quanto ci vuole perchè pubblicitari ed aziende capiscano di aver toccato il fondo?
Asandus:
La Galbusera non è mai stata famosa per dare nomi azzeccati ai suoi biscotti; per sua fortuna sono buoni da mangiare, e quindi la gente se ne strabatte del nome.
Mauro:
@Paoblog
Un pubblicitario è sempre armato di vanga per quando tocca il fondo.
granmadue:
A me non sembra un nome particolarmente brutto o inadatto.
In appena otto lettere, attraverso un gioco di parole, ci viene comunicato che si tratta di un frollino e che se ne consiglia l’abbinamento con il tè. Non male come risultato, mi pare. Un gioco di parole parzialmente simile è stato utilizzato per pubblicizzare il prodotto Estathé, attraverso il claim “Thé Best” (ma probabilmente la primogenitura ce l’ha proprio il biscotto Galbusera, visto che a quanto pare esiste, con quel nome, da mezzo secolo).
Circa l’opinione che i pubblicitari non sappiano fare il loro mestiere, nutro dei dubbi. Come ho detto altre volte (e mi scuso se sono noioso), già il fatto che – come stiamo facendo qui – si parli del nome del prodotto (e quindi del prodotto, e quindi della marca), ancorché in maniera critica, è tutta acqua al mulino (bianco, o di qualsiasi altro colore) del loro committente.
Stez:
Non sono d’accordo che l’aggettivo ‘rich’ si riferisca allo zucchero come ingrediente lussuoso di una volta. Rich’ si dice di cibi che contengono alti livelli di grassi, spezie o zucchero. Tra i sinonimi di ‘rich’ troverai ‘buttery’, ‘creamy’, ‘heavy’, ‘fatty’ e ‘full-flavoured’.
Martina:
Concordo con granmadue. Quello che si intuisce è che sia un frollino da inzuppare nel tè. Da amante del tè ciò che ho pensato vedendo la foto della confezione qua nel post è stato: mmm interessanti, dovrò provarli!
Flavia:
Concordo anch’io con granmadue e Martina. Il biscotto fa parte dei ‘Classici’ della Galbusera: http://www.galbusera.it/prodotti?goto=i-classici e porta quel nome da sempre. Mi sembra anche sia l’unico, di tutte le linee, a presentare un nome ‘straniero’ assieme con il Zalet – che però dovrebbe essere il dialettale ‘zaléto’.
Mau70:
Ho letto di peggio. E’ solo una questione di gusto.
Licia:
Grazie per i commenti, che mostrano come lo stesso nome possa fare un effetto completamente diverso, anche in base alla familiarità con il prodotto. Per quel che mi riguarda, i nomi in pseudoinglese per me sono un deterrente: mi danno l’idea che il prodotto sia di scarsa qualità (stesso effetto per i medicinali con nomi descrittivi, come ho già raccontato in X e Z nei nomi dei medicinali: Contramal, Viamal, Valontan, per gli uomini Sustanon…)
@granmadue Thé best però è palesemente ironico. 😉
@Stez, grazie, ho aggiunto in questo caso per chiarire che è un riferimento specifico per questi biscotti e che si tratta proprio dello zucchero (dettaglio dalla fonte che ho citato, Rich Tea: the most dunkable biscuit, ma che si trova anche altrove). I Rich tea risalgono al XVII secolo, sono un’evoluzione dei cracker e non hanno un alto contenuto di grassi, quindi per i parametri moderni non sono affatto rich. Un’altra caratteristica dei Rich tea è che si spezzano ma non si sbriciolano, a differenza di altri biscotti, e quando vengono inzuppati rimangono integri più a lungo (dunkability!).
Per chi è interessato all’argomento, ne approfitto per aggiungere la Biscuits Word List compilata da Collins Dictionary per l’inglese britannico (in America biscuit ha tutt’altro significato, è più simile a uno scone).
@Flavia il nome Zalet è una scelta che trovo peculiare perché anche a me fa pensare subito ai biscotti veneti con farina di mais (noti a seconda del posto come zaeti, zaleti, zaletti, zalletti, o italianizzati in gialletti), e invece questi non la contengono affatto! E poi, come si legge il nome? In Italia settentrionale credo venga spontaneo con l’accento sulla seconda sillaba, ma altrove? La Galbusera avrebbe potuto mettere l’accento grafico, come ha fatto con ThéFroll!
Aldopaolo Palareti:
Sicura che il nome non sia italiano? Come puoi vedere in http://teethe.blogspot.com/2013/04/the-o-te.html (che riporta anche alcune interessanti notizie sulla diffusione della parola nell’italiano), thè, con o senza accento, è una dicitura ammessa nelle etichette del tè, anche se non è diffusa la versione con l’accento acuto, che lì viene semmai ritenuta di origine francese.
A me sembra che non si fosse all’epoca voluto far riferimento alla parola inglese, ma piuttosto accennare a un frollino adatto al tè, soprattutto considerando che si tratta di un prodotto non recentissimo, di un periodo in cui forse la mania di usare parole inglesi a tutti i costi non era così diffusa.
Licia:
@Aldopaolo, mi pare però che ThéFroll non abbia per nulla l’aspetto di un nome italiano, indipendentemente da quando è stato inventato: termina con due consonanti, è scritto in “CamelCase” e usa una costruzione determinante+determinato tipica dell’inglese ma non dell’italiano (cfr. tea biscuit e biscotti da tè).
Avevo considerato le grafie alternative della parola tè in Come si scrive: tè, thè o thé?, alla fine del post su Thé best: la forma con l’accento acuto si trova anche in altri prodotti ma andrebbe evitata perché ha un’altra pronuncia. Sull’origine della parola: Atlante delle strutture linguistiche (…e del tè!).