vignetta: Bryant Arnold
Ho già descritto Cyber Monday, il lunedì che segue il Black Friday e che è dedicato agli acquisti online grazie ad offerte speciali e sconti che valgono solo in questa giornata.
Ne prendo spunto per segnalare Ciber-, non cyber-, per comporre parole nuove, il comunicato di novembre 2018 del Gruppo Incipit, gli esperti dell’Accademia della Crusca che si occupano di forestierismi incipienti per proporre sostituenti italiani.
C’è un’affermazione che non mi convince:
Il gruppo Incipit ritiene che in italiano la parola «cibernetica», da cui si può far derivare il prefisso «ciber-» (che va pronunciato com’è scritto), indichi la strada preferibile per la formazione di neologismi: non vi è motivo di costruire ibridi linguistici con il prefisso «cyber».
Sono perplessa perché l’elemento formativo cyber- ci arriva direttamente dall’inglese ma mi pare che nell’analisi del Gruppo Incipit sia stata ignorata la risemantizzazione che lo caratterizza.
In inglese cyber- non è “cibernetico”
In ambiti non specialistici, da tempo cyber- in inglese non è più ricollegabile alla cibernetica, la disciplina che studia le analogie tra i sistemi di regolazione e comunicazione delle macchine e degli organismi viventi.
Il prefisso cyber- nasce come retroformazione da cybernetics attraverso la parola cyberspace, coniata dall’autore di fantascienza William Gibson nel 1982 per descrivere uno spazio virtuale di interconnessione tra persone e computer. Gibson aveva optato per cyberspace perché era una parola particolare che suonava bene e che poteva significare tutto e niente; anche grazie a questa indeterminatezza in seguito cyber- ha acquisito il significato di “relativo alla realtà virtuale, ai computer o a Internet”. Non è quindi direttamente riconducibile né al concetto né all’etimologia di cybernetics, dal greco κυβερνητική kybernētikḗ (sottinteso téchnē), “arte di pilotare”.
L’elemento cyber- era stato molto produttivo negli anni ‘90 del secolo scorso (cyberspace, cybersex, cyberculture, cyberpunk…) ma aveva poi perso rilevanza all’inizio del millennio, a parte qualche eccezione come Cyber Monday.
Era però rimasto in uso in ambiti militari e di sicurezza nazionale, da cui è poi riapparso nel lessico comune all’incirca nel 2013 con parole come cyberattack, cyberthreat, cybercrime, cyberterrorism, cyberprotection, cybersecurity, cyberoperations. Si può notare che il campo semantico prevalente per le “cyberparole” più recenti è proprio la sicurezza finalizzata alla protezione da tentativi di violazione o attacchi di tipo informatico: dettagli in Cyber, nuovo sostantivo americano.
In italiano, cyber- o ciber-?
Le parole inglesi che ho usato come esempi sono state adottate anche in italiano. In alcuni casi sono entrate come prestiti non adattati (ad es. cybersex, cybersecurity, cyberpunk) ma in generale prevalgono i calchi “ibridi” formati dall’elemento inglese cyber-, di solito pronunciato “saiber”, e dalla parola italiana corrispondente: cyberbullismo, cyberattacco, cyberminaccia, cyberprotezione…
Il Gruppo Incipit però rifiuta questa soluzione. Nulla da eccepire sul piano formale ma credo andrebbero considerati anche altri aspetti rilevanti per chi opera in ambito terminologico.
Frequenza d’uso e aspetti diacronici
Per frequenza d’uso, da decenni in italiano cyber- è la forma nettamente prevalente. Esempio: una ricerca per cyberbullismo, parola che restituisce milioni di risultati, conferma che anche in contesti istituzionali è privilegiata la forma ibrida (cfr. garanteprivacy.it e miur.gov.it).
Gli esempi usati nel comunicato del Gruppo Incipit non sono neologismi incipienti ma parole attestate nell’uso da tempo. Introdurre una grafia alternativa per le loro future occorrenze creerebbe inutili incongruenze con i riferimenti già esistenti.
Parole correlate
In una lingua nessuna parola è un’entità a sé stante ma esiste in relazione ad altre parole che ne condizionano l’uso. Non trovo alcuna utilità nel richiedere la grafia ciber- per le nuove parole se in quelle già esistenti si usa cyber– ma penso invece a potenziali conseguenze negative nella gestione delle informazioni (ad esempio, in un indice alfabetico le parole che iniziano per ciber- non sarebbero contigue a quelle che iniziano per cyber-).
Vanno inoltre considerate eventuali parole correlate, come ad esempio cyborg – da cyb(ernetic) org(anism) – che nella fantascienza è l’essere umano a cui sono stati innestati organi meccanici o elettronici. Se si privilegia ciber-, andrebbe modificato in ciborg anche cyborg, anglicismo in uso dagli anni ‘70? Il Gruppo Incipit non lo specifica.
Connotazioni e associazioni
Prendo ancora spunto dal lavoro terminologico per un’altra considerazione: andrebbero sempre valutate anche le connotazioni, le associazioni ed eventuali aspetti culturali che ciascuna parola porta con sé.
L’elemento cyber- è formato da una sequenza di lettere che non appartiene all’ortografia italiana ma è comunque facilmente riconoscibile. Ci risulta familiare grazie all’informatica, alla fantascienza e ad altri elementi della cultura popolare che contribuiscono a rafforzare il significato di “virtuale, legato ai computer” di cyber-.
In particolare, la lettera y conferisce un carattere distintivo. Non richiama solo la lingua inglese ma anche la scienza e la tecnologia, ad es. è ricorrente nelle formule matematiche, nei nomi di medicinali e di prodotti avanzati, nella terminologia informatica.
Provate ora a confrontare queste due scritte concentrandovi solo sulla prima parte di ciascuna:
Quale delle due ha il maggiore impatto visivo? E quale risulta più distintiva e facilmente riconducibile al mondo digitale? Sono ulteriori aspetti che ci fanno preferire cyber- a ciber-.
Soluzioni “terminologiche” agli anglicismi
In conclusione, è del tutto comprensibile che il Gruppo Incipit voglia privilegiare parole conformi all’ortografia italiana, senza lettere “straniere”, però non sempre le soluzioni formalmente corrette sono anche quelle più efficaci.
Quando si considerano alternative agli anglicismi può essere utile prendere spunto dal lavoro terminologico: si privilegia un approccio onomasiologico che ha come punto di partenza l’analisi del concetto nella lingua di partenza.
In questo modo si evita di fare prevalere etimologia, traduzioni letterali ed equivalenze “da vocabolario” della lingua di arrivo che potrebbero non tenere conto delle evoluzioni del concetto e di aspetti discriminanti tra cui distribuzione, visibilità, riconoscibilità, entrata in uso, ambiti d’uso ed eventuali aspetti sociolinguistici.
Ne ho discusso con vari esempi in Brainstorming e formazione dei termini in L2 e in Anglicismi, che passione!? (e relativi commenti).
In tema con l’evoluzione dell’elemento cyber in inglese e in italiano:
♦ È davvero un mondo cyber?
♦ Cyber, nuovo sostantivo americano
♦ Anglicismi governativi: cyber security
♦ Neologismi semantici: il cyber- di cyberspionaggio
Etimologia e definizioni dai vocabolari Zingarelli e Oxford Dictionaries
Flavia:
Giustamente come osservato a proposito della lettera Y, le parole hanno anche un impatto visivo; preferisco allora le formazioni ibride, sicuramente migliori di una resa in italiano come ‘ciberrischio’, per la quale – e solo in questo caso – si fa una eccezione inserendo il trattino fra ciber e rischio.
Cyber-lunedì, la mia proposta (non esageriamo con le ipsilon). 😀
Licia:
@Flavia però Cyber-lunedì non è più coerente con Black Friday … 😕
Giordano:
Una soluzione potrebbe essere invertire la posizione dell’aggettivo nel venerdì, che diventerebbe Venerdì Black, opposto in chiasmo al Cyber Lunedì 😉
Emy:
La tua analisi mi vede, come sempre, completamente d’accordo. 🙂
Daniela:
Vista la parola su un volantino di una nota catena di supermercati per pubblicizzare offerte di prodotti non in vendita on-line ma almeno valide solo lunedì scorso 26 novembre.
Fabrizio:
Scrivi in modo chiaro e con motivazioni convincenti. Brava.