Iniziativa della Confcommercio di Roma:
In sintesi: un organismo italiano ha deciso di chiamare Molestie free la certificazione per le aziende italiane che adottano linee guida contro i comportamenti scorretti sul luogo di lavoro.
Che logica c’è dietro la scelta di usare un nome ibrido itanglese, soluzione poco professionale che rischia di ridicolizzare un tema invece molto serio?
Dall’inglese all’itanglese
Secondo me è andata così: gli autori hanno preso ispirazione da qualche iniziativa inglese o americana (ad es. harassment-free workplace o harassment-free environment) ma hanno pensato che la parola harassment* fosse troppo difficile (quante r e quante s?) e allora l’hanno sostituita con molestie, però hanno tenuto free che almeno quello lo capiscono tutti!
O forse non proprio tutti, a giudicare da questo titolo:
Non capisco cosa c’entri l’hashtag #MeToo, nato negli Stati Uniti per denunciare molestie e violenze, con un’iniziativa che invece certifica che non si corre questo rischio.
[Aggiornamento] Confcommercio Roma ha confermato la mia ipotesi sulla scelta del nome ibrido: dettagli nei commenti.
free x non è x–free
Se il nome ibrido Molestie free appare su adesivi applicati alle vetrine dei negozi, è possibile che la parola free venga erroneamente associata al concetto di gratuito (cfr. Free Wi-Fi). Può succedere se non si hanno conoscenze dell’inglese sufficientemente approfondite da sapere che con questo significato free è un aggettivo che deve sempre precedere il sostantivo.
Il significato “libero da, senza” viene comunicato da –free che però non è un aggettivo ma un elemento formativo con funzione suffissale. Viene posto dopo il sostantivo, al quale andrebbe legato con un trattino. Esempi: gluten-free, smoke-free, tax-free, duty-free (ma a conferma della scarsa dimestichezza con le due diverse forme, in Italia si notano anche molti cartelli errati *WiFi free).
In conclusione, sarebbe stato preferibile se la Confcommercio avesse evitato l’anglicismo superfluo free e per la propria iniziativa avesse scelto un nome più ortodosso, come No alle molestie oppure Stop alle molestie.
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Vedi anche: Inglese farlocco: free vax per un esempio di free usato impropriamente in un contesto italiano.
* L’ortografia della parola inglese harassment, dal verbo harass (vessare, molestare, assillare), è ostica anche per i madrelingua: si trovano innumerevoli occorrenze della forma errata *harrasment. Inoltre, coesistono due diverse pronunce: con l’accento sulla prima sillaba /ˈharəsm(ə)nt/ oppure con l’accento sulla seconda /həˈrasm(ə)nt/.
Enrico:
Dal punto di vista dei simboli, poi, non capisco che ci azzecchi la banda rossa orizzontale.
L’immagine sullo sfondo rappresenta una donna che si sente molestata, quindi immagino che la banda rossa voglia rappresentare, in un certo senso, la negazione/divieto di quanto riportato.
In questo senso, ci sarebbe dovuta essere una banda obliqua, come nei segnali di divieto riconoscibili da tutti.
Enrico:
Oltre ad evitare l’itanglese farlocco io avrei sinceramente dato una connotazione positiva all’iniziativa.
Invece che un bollino rosso con una donna che si difende avrei visto meglio, ad esempio, un gruppo di dipendenti di ambo i sessi fraternamente abbracciati e circondati da un colore tranquillizzante come il verde.
Mi rendo conto che forse sarebbe meno evidente ma sarebbe bello far passare un messaggio positivo.
Martina:
Negli ultimi anni i grafici e i pubblicitari italiani si sono profusi in tutta una serie di orrori linguistici di cui è difficile capirne la motivazione. Come sottolinei tu, un’ignoranza di base dell’uso dell’inglese potrebbe essere una ragione (ne ho testimonianza diretta dato che ho insegnato Business English ad aziende per qualche anno e ho riscontrato di prima mano le lacune e ingenuità dei miei studenti “professionisti” che ignoravano i più comuni falsi amici e le strutture più utilizzate). Tuttavia una tendenza generalizzata dell’italiano medio a considerare “cool” termini inglesi a caso non è da sottovalutare.
Licia
@Enrico 1, concordo: per questo tipo di comunicazioni è preferibile ricorrere a simboli e convenzioni che fanno già parte delle conoscenze enciclopediche di tutti.
@Enrico2 in questo tipo di contesto l’immagine di contatto fisico tra persone credo andrebbe evitata perché potenzialmente molto ambigua: in un luogo di lavoro non ci si aspetta che i colleghi si abbraccino.
@Martina, proprio così: è diffusissima l’idea che l’inglese migliori tutto, sempre e comunque. Chi ne abusa però non si rende conto che in questo modo esibisce la propria ignoranza: l’abuso d itanglese è quasi sempre inversamente proporzionale alla conoscenza dell’inglese.
Intanto ho chiesto a Confcommercio Roma di motivare la scelta del nome ibrido e la risposta conferma la mia ipotesi:
Non ho trovato riferimenti a specifici progetti internazionali simili a questo però in inglese mi aspetterei un nome del tipo aggettivo+sostantivo e non solo aggettivo, quindi harassment-free workplace o environment o per un luogo fisico specifico harassment-free area o zone o simili.
John Dunn:
Il problema per i madrelingua è che coesistano due parole abbastanza simili: harass(ment) con una ‘r’ ed embarrass(ment) con due ‘r’. La differenza è etimologica e non ha nessuna rilevanza per la lingua odierna.
Flavia:
“Molestie-free” – secondo me – non è da intendere come un generico appello al liberar(si) dalle molestie sul luogo di lavoro, ma proprio come una sorta di certificazione che ‘quel’ luogo di lavoro è ‘privo di’, ‘senza’ molestie: (negozio) Senza-Molestie.
E, per favore, basta con la solita immagine stereotipata della donna che copre il suo viso allungando la mano in segno di difesa.
Anna:
Ciao Licia,
supporto la tua tesi. Il rosso non ci azzecca nulla ma ricordo che ultimamente i media hanno promosso una campagna anti-violenza sulle donne che aveva eletto a simbolo delle scarpe rosse (le donne erano invitate a farsi fotografare con un paio di scarpe rosse in mano). Sono sicura che sai di cosa sto parlando, ritieni possa esserci attinenza fra le due cose?