Vignetta: Ed Stein Ink (rappresentazione tipica americana del plutocrate con baffi bianchi, cappello a tuba e pantaloni gessati)
[Giugno 2018] Si discute già da tempo della cosiddetta flat tax – in questi giorni fanno notizia alcune dichiarazioni di Matteo Salvini – eppure ci sono ancora molte incertezze sulla pronuncia di un anglicismo ormai ricorrente. Ieri, ad esempio, a un giornale radio ho sentito introdurre un servizio sulla “flattàcs” durante il quale si è discusso di “flettècs”, altrove invece ho sentito dire “flettàcs”.
Come si dovrebbe pronunciare? Il significato è davvero noto a tutti? È giustificato l’uso di un anglicismo o esistono alternative italiane preferibili?
Pronuncia inglese e italiana
In inglese le due parole flat /flæt/ e tax /tæks/ hanno la stessa vocale /æ/ che non ha un corrispondente nel nostro sistema fonetico. Quando gli anglicismi vengono adottati in italiano, avviene un’approssimazione dei suoni inesistenti a quelli più vicini del nostro sistema:
Non c’è alcuna regola per l’adattamento e può succedere che la vocale inglese /æ/ diventi /a/, come in standard, oppure /ɛ/, come in standby. Non sorprende quindi che al momento coesistano le pronunce “flattàcs” e “flettècs”, probabilmente dovute a diverse interpretazioni personali.
Nel caso di flat tax mi pare comunque preferibile l’approccio “si legge come si scrive”, anche per la somiglianza tra tax e tassa.
Tax vs tassa
C’è chi spiega cos’è una flat tax associandole la traduzione letterale tassa piatta, una soluzione che non mi convince. Va notato innanzitutto che in inglese si usa la stessa parola tax per due concetti diversi:
- tassa ➝ compenso pagato dal privato a un ente pubblico come corrispettivo di uno specifico servizio o prestazione, ad es. tasse scolastiche;
- imposta ➝ contributo obbligatorio a cui non corrisponde una specifica prestazione e che può essere dovuto in relazione al reddito (imposta diretta) o ai consumi (imposta indiretta), ad es. l’IVA.
Anche nel lessico comune italiano usiamo indifferentemente tasse ma nelle comunicazioni istituzionali andrebbe mantenuta la distinzione: la cosiddetta flat tax non è una tassa ma un’imposta.
Flat vs piatto
Un’altra ambiguità riguarda gli aggettivi flat in inglese e piatto in italiano, un esempio di anisomorfismo: non c’è corrispondenza di tutti i loro significati.
Vignetta: Steve Greenberg
Alcuni esempi: flat vuol dire sgassato o svaporato se riferito a bevande, sgonfio se a pneumatici, noioso o monotono se a voci o discorsi, schiacciato se a naso ecc. Fall flat significa non avere successo, non essere capito, e il verbo flatten non è solo appiattire ma anche schiacciare, sia letteralmente che metaforicamente, e quindi anche annientare.
Nel caso specifico di tasse, tassi, tariffe, prezzi e compensi, l’aggettivo flat vuol dire uniforme, invariabile, fisso.
Il significato è evidente anche nella definizione di flat [tax] rate, l’aliquota di un sistema fiscale non progressivo:
Si ritrovano queste caratteristiche anche nella classificazione delle imposte in base al criterio della variazione delle aliquote, dalla voce gettito del Dizionario di Economia e Finanza Treccani:
«in base alla variazione delle aliquote si parla di imposte proporzionali, progressive e regressive. Nel primo caso l’aliquota media è fissa rispetto alla base imponibile. All’aumentare della base imponibile si hanno invece imposte progressive se l’aliquota media sale e regressive se, al contrario, si riduce.»
Le definizioni descrivono i concetti e consentono di confrontarli evitando di farsi condizionare troppo dai nomi che li rappresentano. A questo punto credo sia chiaro che flat tax è un anglicismo superfluo: identifica infatti un concetto noto da tempo e che in italiano ha già un nome: imposta ad aliquota fissa (o in alternativa ad aliquota unica).
Flat tax, un esempio di “inglesorum”
Si trovano numerose occorrenze di imposta ad aliquota fissa anche nei siti e nei documenti dell’Agenzia delle entrate e del Ministero delle Finanze e nei molti testi pubblicati da media e siti specializzati in questi mesi per spiegare cosa comporterebbe la riforma fiscale voluta dal nuovo governo.
Mi pare quindi poco opportuno introdurre in eventuali prossime leggi un nuovo nome, oltretutto in inglese. Inevitabile pensare all’inglesorum e al tentativo di mascherare con un nome più allettante un concetto altrimenti non appetibile per tutti.
(un’unica aliquota, nessuna detrazione)
Un concetto, troppi nomi
Eviterei inoltre di usare il calco tassa piatta perché, come abbiamo visto, è poco preciso (e per chi non sa l’inglese non è ovvio che è una traduzione letterale di flat tax).
Non mi convince neppure tassa forfettaria, l’alternativa proposta dal Gruppo Incipit, perché per i cittadini meno istruiti risulterebbe poco trasparente e aggiungerebbe un nome finora raramente usato che creerebbe ulteriore confusione.
Per evitare ambiguità e identificare in modo univoco un concetto specifico, differenziandolo dai concetti correlati, è infatti preferibile usare sempre un unico termine: dettagli in Variazione e ripetizione (con partita Iva e tweet).
Aggiornamento settembre 2018 – Il governo starebbe studiando una flat tax “flessibile” a tre aliquote. Sarebbe la conferma di uso improprio della locuzione flat tax perché le viene conferita un’accezione inammissibile in inglese: flat implica infatti che l’aliquota sia unica e invariabile.
Aggiornamento aprile 2019 – Nell’uso di politici e media è sempre più frequente la traduzione letterale ma imprecisa tassa piatta, tanto che per descrivere i sostenitori del nuovo modello di tassazione è sempre più diffuso il neologismo ironico tassapiattista (modellato su terrapiattista, chi crede che la Terra sia piatta).
Vedi anche: il concetto di trickle down economics (misure a vantaggio dei ceti economici più elevati – come un’imposta ad aliquota fissa – per stimolare l’economia e, in teoria, generare vantaggi indiretti anche per i più poveri).
Ho aggiunto flat tax all’Elenco di anglicismi istituzionali
Asandus:
“Gabella” per i poveri e “regalo” per i ricchi, usando un termine o l’altro a seconda del contesto. Ecco come usare un termine unico.
Giuseppe Amadio:
Sempre molto chiara, documentata, convincente. Grazie!
Mauro:
Intanto direi che in italiano già la parola “tassa” in questo caso è fuorviante, visto che fissa sarebbe l'”aliquota” più che la “tassa”.
Io tradurrei con “aliquota fissa” o “aliquota unica”.
Andrea:
Ma il nome corretto in italiano non è già “imposta proporzionale” come evidenziato nella citazione del Dizionario di Economia e Finanza Treccani ? Ammetto che non è trasparente, ma perché inventarsi un termine nuovo ?
Domenico:
Licia e Mauro: Accetterei “aliquota fissa” o “aliquota unica”. “Tassa piatta” stona anche se la preferirei a “flat tax”.
mario:
Tax corrisponde sia al concetto di tassa che di imposta in italiano, in questo caso è una imposta sul reddito come giustamente si dice nell’articolo, non una tassa.
Non è il caso della riforma italiana di cui si parla in questi giorni, in quanto le aliquote sono due, 15% e 20%. Quindi “imposta sul reddito a due aliquote”, ma è preferibile secondo me tassazione piatta, perché dà il senso dell’avvicinamento tra la massima e la minima.
Mau70:
“Piatta”, “Fissa “ o “Unica”, si tratterebbe pur sempre di imposta incostituzionale!