In questo periodo in giro si vedono due pubblicità che mi piacciono perché fanno risaltare alcuni meccanismi lessicali e ortografici.
IKEA, tutto ha posto
Una collocazione è una combinazione o co-occorrenza di due o più parole che tendono a presentarsi insieme più spesso di quanto si potrebbe prevedere, e al cui interno i sinonimi non possono essere sostituiti liberamente. Ad esempio, diciamo lavarsi i denti ma non *spazzolarsi i denti come in inglese o *pulirsi i denti come in tedesco. Le collocazioni subiscono inoltre restrizioni di carattere sintattico e grammaticale.
Doppio senso
La pubblicità di IKEA ci spiazza perché richiama la collocazione tutto a posto e invece troviamo tutto ha posto. In un primo momento ci sembra un errore di ortografia ma dopo un attimo di esitazione reinterpretiamo come una sequenza grammaticalmente corretta, seppure insolita, che sostituisce locuzioni più familiari come tutto trova posto o tutto ha un posto o anche c’è posto per tutto.
Mi sembra un ottimo stratagemma per trattenere più a lungo l’attenzione dei potenziali clienti. Tra questi ci sarà inoltre chi prova un piacere ludico nel riconoscere la forma corretta sotto quella apparentemente erronea (per approfondire: il libro Parole in gioco di Stefano Bartezzaghi).
Stessa pronuncia, diversa grafia
La preposizione a e il verbo ha sono due dei pochi esempi di omofoni non omografi della lingua italiana. Si tratta quasi esclusivamente di parole monosillabiche che ho già descritto in Stravizi e stravizzi.
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Estathé Verde Bio, thé best
Anche questa pubblicità richiama una collocazione:
Il gioco di parole il piacere è tutto mio che diventa bio ricorre a un meccanismo che ho già descritto in Coppia minima per sorridere in absentia: la somiglianza di due parole che si differenziano per un solo fonema.
Classificherei invece la tagline Thé best come gioco di parole ibrido che per funzionare va visto in forma scritta. Le due parole vengono visualizzate anche nelle pubblicità televisive mentre una voce ironica dice “tè best” seguito da una risatina. È una soluzione efficace perché equivale a fare l’occhiolino a chi conosce l’inglese: “lo sappiamo che è inglese farlocco!” 😉
Come si scrive: tè, thè o thé?
Curiosa invece l’incongruenza ortografica: accento acuto per Thé best e per il marchio registrato Estathé sulle confezioni, accento grave per Estathè nelle descrizioni delle pubblicità e nel sito Ferrero.
In italiano il nome della bevanda si pronuncia /tɛ/ e scrive tè. Le grafie alternative the e thè sono ritenute meno corrette e comunque non andrebbero confuse con la parola francese thé che non è omofona: si pronuncia infatti /te/.
Altri esempi di pubblicità italiane che sfruttano meccanismi simili a quelli appena descritti:
♦ Snowhere
♦ Winter is (s)now
♦ Italian Survival Eat!
♦ Il mattino ha loro in bocca
A proposito di pubblicità IKEA:
♦ Gattini pucciosi, alieni e cataloghi IKEA!
Daniela:
Quella risatina è irritante da sentire, per quanto mi riguarda, ma, come dicevi, ha un senso. Per coincidenza, pensavo proprio ieri alla pubblicità “stampata” del prodotto, trovo l’accoppiamento, anche grafico, delle due frasi che finiscono con “bio” un po’ pesante. Se le pronuncio di seguito, avverto una sorta di “affaticamento”. Insomma, in entrambi i casi il mio orecchio ne è disturbato (sensazione personalissima).
Flavia:
Delle due, preferisco “tutto ha posto”:una sola operazione di reinterpretazione; l’altra me ne fa fare due-tre se non quattro
con l’Arcimboldo, troppo faticoso per un semplice tè. Poi, davvero, il “bio” – vero o falso che sia – ormai ha stufato.
Mauro:
“Tutto ha posto” la trovo geniale.
“Thé best” comprensibile ma anonima.